I Mondiali di Ciclismo stanno entrando nel vivo: proviamo a imparare qualcosa (questo, ad esempio) e godiamoci lo spettacolo. Intanto, se siete curiosi, vi portiamo dietro le quinte…

Cycling: Road World Championships 2014 / TTT Men Elite

Il tedesco Martin è l’avversario da battere

Raggiungiamo come al solito al telefono il nostro amico e collaboratore Max Testa, responsabile medico del team BMC, per avere notizie fresche da chi la gara la sta vivendo in diretta. Sono le 9 di mercoledì mattina, tra qualche ora parte la crono del mondiale e Max ha appena finito di controllare con i corridori che tutto sia a posto. Ci dice che è piovuto tutta la notte e che il tempo potrebbe ancora offrire degli scrosci in grado di influenzare la corsa.

Domanda scontata, chi è il favorito?

Tony Martin su tutti, seguito da Wiggins. Poi i nostri BMC: Teejay Van Garderen e Rohan Dennis potrebbero andare sul podio.

Già domenica avete dimostrato di essere in gran forma, con la vittoria della crono a squadre per team.

Si, abbiamo fatto una grande gara. Avevamo alla fine pochi corridori per fare la squadra per le assenze di Phinnej, Evans e Gilbert e allora abbiamo costruito un gruppo molto affiatato facendo due sessioni di allenamento specifiche (di quattro giorni)  nell’ultimo mese. Abbiamo guardato molto l’SRM.

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La Bmc ha vinto la gara di domenica

Cioè?

Il concetto è che ogni volta che sei in testa devi tirare 600 watt per 15”. In gara invece si deve stare a 52-53 km/h in pianura. Ognuno deve spingere allo stesso modo per rendere costante la velocità, i più forti danno piuttosto il loro contributo tirando qualche secondo più degli altri in modo da non creare strappi alla velocità e permettendo a chi è è più debole di mantenere il ritmo. Il nostro allenatore Marco Pinotti ci ha aiutato molto nel creare la squadra con l’occhio esperto dell’ingegnere e dell’ex cronoman. Infine abbiamo una bicicletta superiore in aerodinamica e guidabilità e quindi …dovevamo vincere.

E domenica?

Domenica percorso con due salite: una corta e ripida di 800 m al 10-12% e l’altra più graduale di 3,5 km. Come tutti i mondiali saranno le squadre a fare la corsa dura. Molti corridori pensano che i velocisti non arriveranno perché si farà selezione prima. Certo che noi puntiamo su Tejay, Gilbert e Van Avermat.

Tu su chi scommetteresti?

Mah, i soliti: Valverde, Rodriguez, Nibali e Visconti.

Alimentazione e abbigliamento: ci sono novità?

Tutto invariato. Al mondiale non si sperimenta nulla. Poi ci sarà la variabile del tempo ad aggiungere incertezza.

[button color=”red” size=”medium” link=”http://www.vitalia-informa.it/rulli-si-grazie/”]Max Testa da ottobre fornirà la sua collaborazione a Vitalia per l’elaborazione di programmi di allenamento personalizzati sui rulli. Stay tuned![/button]

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Ospitiamo con piacere una riflessione sui Mondiali di Calcio dell’amico e collega Alberto Andorlini. Responsabile della rieducazione funzionale del Palermo Calcio, Andorlini ha lavorato per Siena e Chelsea, ha allenato Batistuta a Dubai e collabora con Technogym per il progetto di ricerca e formazione sull’Ability Training cui partecipiamo anche noi (qui puoi leggere il nostro speciale sulle Paralimpiadi: la migliore spiegazione del concetto di abilità). E’ un creativo del movimento e dell’allenamento.

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Pochi sanno che i mondiali di calcio non si giocheranno in Brasile. I Mondiali quelli veri intendo.

Il Campionato del mondo del Brasile esiste. Questo sì. E il Brasile rappresenterà un palcoscenico mediatico assolutamente verosimile. Ideato, costruito, e assemblato, sulle impalcature virtuali di eventi paralleli, il Campionato Brasiliano si farà.

L’erba, sintetizzata e selezionata da menti altrettanto sintetiche, resisterà all’onda impazzita di jingles e mascottes. La pubblicità si impossesserà di ogni respiro. Il Pubblico si impossesserà della Pubblicità. L’Anonimo Privato si impossesserà del pubblico. E lui solo, l’anonimo privato, si ciberà delle onde azionarie irradiate dal Paese delle Meraviglie. Ogni esecrabile sospetto, ogni inudibile credo, ogni invisibile pensiero, ogni insondabile emozione, tutto, tutto, sarà vivisezionato, parcellizzato, frammentato, masticato, e digerito. E finalmente espulso, per le contorte vie dell’evidenza giornalistica.

E noi vibreremo, come mansueti ghirigori di fumo, attratti da dimenticate pulsioni maniacali e assuefatti al rullare ritmico di consonanze primordiali. Ci accasceremo disfatti nella catarsi della sconfitta, o salteremo, energici ed energetici come non mai, nell’esplosione di una vittoria insperata e dispettosa. Il dramma psicocinetico dell’epopea calcistica si consumerà lento, sulle braci di un’ara sacrificale, lunga 30 giorni e tangibile, come 50 pollici di altissima definizione.

Loro, i conturbanti eroi dell’era Twitter, indosseranno morbide scarpe infrangibili e calceranno l’eleganza dei gesti oltre i confini euclidei dei 90 minuti.

Tutto questo accadrà. E lascerà ricordi palpabili come la parabola eterna della vergine-palla il volo senza peso e senza sesso dell’angelo calciatore.

Detto questo. Concesso questo. Sopportato o supportato tutto questo, eccoci al dunque. Pochi sanno che i veri Mondiali non si giocheranno in Brasile. Questo lo sussurro all’orecchio di chi è attento ai segnali del Momento. Alle scie celesti dell’eterno e vero Movimento.

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veri Mondiali si stanno giocando da quattro anni, ai quattro canti del Mondo.

E i giocatori siamo noi.

La cosa buffa è che nessuno ci ha avvertito. E non c’è nessuno che ci abbia spiegato le regole.

Giochiamo tutti i giorni. Noi tutti, tutti noi: abbandonati e stanchi, irascibili e incompresi, deboli e incapaci. Tutti noi, poco artisti e poco atleti, molto poco allenati a trattenere un solo, unico, disperato pensiero.

Io sono stato eliminato qualche mese fa – peccato! – quando, una sera, mi sono attardato al computer, dimenticandomi di respirare il tramonto che mi stava aggredendo.

Pago ancora. Per quello che è stato.
Un errore senza prezzo.

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[message type=”info”] Speciale Silver Skiff-  Due atleti Vitalia si sono distinti nella “Silver Skiff” di domenica scorsa: la campionessa Cristina Rasario, già plurimedagliata ai “World Master Games”, che ha vinto ancora una volta, e il nazionale Giorgio Tuccinardi. Li abbiamo incontrati e li festeggiamo con questo speciale. Di seguito l’intervista a Giorgio, che alleniamo da quattro anni, e qui la chiacchierata con Cristina di qualche mese fa. Siamo fieri di voi! [/message]

“Giorno dopo giorno mi accorgevo di stare meglio. Quando credi in quello che fai vieni fuori alla grande da tutte le situazioni”. Polonia, Campionati del Mondo 2009: Giorgio si blocca in allenamento. Resiste grazie alle iniezioni di antidolorifico; concluse le gare il referto dei medici è chiaro: protusione e lesione del disco. Stop alle gare. Via con il recupero.

Giorgio, come si infortuna un canottiere?

Ogni settimana ci alleniamo con i pesi tre o quattro volte e corriamo 40 o 50 km, oltre al lavoro in barca. Siamo inevitabilmente soggetti a traumi alla schiena anche gravi (tipo ernie) e strappi. Bisogna essere seguiti molto bene dal punto di vista fisioterapico, avere un buon massaggiatore e fare il giusto lavoro a terra per prevenire i dolori.

Che cosa ti è successo nel 2009?

Non sono uno portato all’allungamento e allora lo curavo pochissimo. Seguivo dei programmi che lo prevedevano appena. Dopo il problema in Polonia sono andato dal dott. Massarini e insieme abbiamo cercato una soluzione: gli ho spiegato come funziona il canottaggio e lui mi ha insegnato la ginnastica posturale.

E i tuoi pregiudizi sullo stretching?

Sono guarito e sono diventato più veloce in barca: ho dovuto abbandonarli! All’inizio è stata dura, perché non è facile avere fiducia in qualcuno che ti fa fare qualcosa che non ti piace e che non è frequente nel tuo sport. Da Vitalia hanno avuto pazienza, il clima intimo mi ha aiutato e mi sono lasciato andare. Poi ho capito e anche dopo la terapia ho continuato con gli esercizi: non ho mai più avuto disturbi, solo un lieve fastidio nelle scorse settimane, infatti sto intensificando di nuovo l’allungamento.

Perché è importante l’elasticità nel canottaggio?

Perché riduce il rischio di infortuni. Nel nostro sport è fondamentale sapersi mantenere nel tempo: le carriere in barca sono lunghe!

Tu a che punto sei?

Ho ventisette anni, ho iniziato a remare quando la mia famiglia si è trasferita a Torino. Sono cresciuto nella “Canottieri Armida” di cui sono socio onorario dal 2006. E’ la mia casa: lì c’è il mio allenatore principale. Ci torno appena posso: faccio parte del Gruppo Sportivo Forestale e dal 2003 della Nazionale Italiana. Mi alleno nei centri federali di Piediluco (con gli azzurri) e Sabaudia (con la Forestale).

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Com’è la tua giornata tipo?

Mi alleno due volte: due ore alle nove del mattino, poi di nuovo dalle cinque alle otto di sera.

Sei uno studente?

Sì! Anche se non è stato facile coordinare le due attività mi sto per laureare in Scienze della Comunicazione a Torino. Con un po’ di ritardo…

Quali sono stati i tuoi migliori risultati?

Ho partecipato a tredici Campionati del Mondo, con alti e bassi. Il primo ad Amsterdam è stato una sorpresa: ho vinto il mondiale con il due senza con un ragazzo dell’ “Armida”. L’anno dopo a Eton ho vinto l’oro sull’otto. A Monaco nel 2007 ho vinto il bronzo, sempre con l’otto. Nel 2012 sono arrivato secondo alle Universiadi. Quest’estate di nuovo secondo agli Europei. E poi sono molto soddisfatto dei Mondiali in Corea: noi azzurri abbiamo sfiorato la finale e vinto e la finalina.

Sei già stato alle Olimpiadi?

Non ancora. Le ho sfiorate per due volte. Mi sto allenando per Rio!

Com’è andata la “Silver Skiff”?

Oltre le aspettative! La stagione è appea ripresa ma i nuovi programmi massacranti (sono cambiati il Presidente e i tecnici della Federazione) stanno dando i loro frutti. Ho migliorato il mio personale perchè la fatica di quest’estate sta pagando.

Com’è il canottaggio in Italia?

Viviamo nella povertà totale. I premi per chi vince i Mondiali possono arrivare al massimo a qualche migliaio di euro. Senza contare che per investire su allenamento e innovazione non ci sono risorse.

Anche la Idem si lamentava…

La Federazione non voleva più darle fiducia e allora lei se n’è andata. L’ha allenata suo marito e ha fatto grandi cose fino a Londra.

Qual era la sua forza?

Lei faceva uno sport molto simile al nostro. In questi anni ho passato alcuni periodi di allenamento a Ravenna con Marcello Emiliani, un amico comune, socio del suo stesso circolo: ci si incontrava spesso. Mi ha sempre impressionato la sua capacità di gestione: portare avanti una famiglia e la canoa a quell’età, a quel livello, significa avere una marcia in più. Bisogna conoscere alla perfezione il proprio corpo e poi sapersi regolare sul quadriennio olimpico: serve un grande coach.

Chi si allena troppo scoppia?

Sempre. Nel nostro sport inizi a vincere quando impari ad allenarti.

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Quali sono i tuoi riferimenti sportivi?

Ebbesen, un atleta danese di 43 anni. Ha partecipato a cinque olimpiadi vincendo sempre una medaglia: tre ori e due argenti. Non muore mai. E poi Castello Amarante, medagliato ad Atene 2004. Quella con lui è stata la mia barca più importante. Mi ha dato qualcosa in più per affrontare le gare: aveva sempre la certezza di fare il risultato, quando doveva farlo.

Qual è la cosa più bella del canottaggio?

La vegetazione, lo stare all’aria aperta: aprire la testa alla natura e pensare alla propria vita. Vedere sempre posti diversi: penso alla Nuova Zelanda, un paesaggio lunare, lo porto nel cuore. Chiuso in casa potrei appassire…

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Oggi comincia il Pre-Event del Mondiale di Marsiglia in programma dal 21 al 29 settembre. Jacopo, 22 anni, porterà in barca anche Vitalia.

Anno di nascita 1991. Dopo quanto la prima regata?

A 9 anni ho cominciato con gli optimist, intorno ai 13 è diventato un impegno agonistico e sono passato ai 420. Recentemente il grande salto: 49ers, classe olimpica.

Sei nato in barca.

Quasi. Fino alle medie ho provato di tutto per gioco, poi è scoppiato l’amore. In realtà sono sempre stato innamorato: sono cresciuto nei racconti di mio padre e di mio zio, entrambi professionisti.

Il tuo obiettivo a Marsiglia?

Puntiamo almeno ad un piazzamento nei primi 20. Siamo giovani, nel nostro sport la maturità è intorno ai 26 anni. A me e Umberto (Umberto Molineris, classe 1990, compagno di Jacopo – ndr) manca l’esperienza delle “coppie” più anziane.

La vela non è solo una questione di fisico.

No, anzi, qualcuno non ci considera nemmeno atleti. In realtà è necessario distinguere: la nostra classe richiede una certa prestanza. Siamo in due a fare tutto: o ci muoviamo per manovrare oppure siamo appesi al trapezio. Oppure siamo in acqua e dobbiamo rialzarci…

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Nelle barche più grandi il ritmo è diverso.

Gli equipaggi comprendono tante persone, e solo chi gestisce le vele fa un vero sforzo, anche se ormai persino la Coppa America sta diventando più fisica (e per questo si sta aprendo ai giovani). Ma l’idea che lo sport non sia faticoso rimane: le barche grandi sono le più famose, le uniche su cui investono gli armatori. La Coppa America è la nostra Serie A.

Quanto vi allenate?

Abbiamo circa 180 giorni di vela all’anno (compresi allenamenti e regate) e la nostra base è il lago di Garda; quando arriva il freddo ci spostiamo in posti più caldi.

Non ti manca il mare quando sei lassù?

No, non ne ho bisogno. La mia simbiosi è con l’aria. Questo sì: dovunque vada studio il vento…

365 meno 180, rimangono 180 giorni.

Tutto tempo che spendiamo per la preparazione a terra. La stagione va da primavera a settembre: in questi mesi cerchiamo di mantenere il fondo che facciamo in autunno e inverno.

Quanto conta per voi la preparazione atletica?

È fondamentale. Per questo dobbiamo proprio ringraziare il dott. Massarini e lo staff di Vitalia. Con loro il miglioramento è stato sensibile e continuo e finalmente abbiamo capito l’importanza di uno stile di vita sano e attivo. E poi siamo più consapevoli del nostro corpo, perché Massimo ci spiega ogni aspetto del programma. Ci ha aperto un mondo (che in Italia dovrebbe essere considerato di più).

Che mondo?

La nostra idea di ginnastica si limitava alla corsa e a qualche peso. Adesso alterniamo al potenziamento l’allenamento funzionale. Ci concentriamo sulla schiena (moltissimo sulla core stability!) che è la parte più sollecitata in barca, insieme alle caviglie e alle ginocchia. A casa, a Ravenna, abbiamo una palestra, ma ci siamo attrezzati con Kettle Bell, palloni, tavolette ecc. in modo che ovunque andiamo possiamo fare un buon lavoro.

Venite spesso a Torino?

Veniamo per i test periodici. Per il resto ci sentiamo sempre al telefono e utilizziamo un software, Restwise, che permette a Massimo di analizzare i dettagli di ogni nostra seduta. Il supporto della tecnologia per noi è indispensabile.

Torniamo al Lago. La vostra giornata tipo.

Sveglia presto, usciamo in acqua verso le otto e mezza. Rientriamo dopo due ore, mangiamo, ci riposiamo e ripartiamo per altre due ore. Poi sistemiamo le barche.

Quanto dedicate alla cura del mezzo?

Tantissimo: deve andare più forte possibile! Nella vela le componenti sono due: l’atleta che conduce (cioè svolge la parte decisionale in base alla tattica e alle condizioni atmosferiche), il mezzo che naviga. Entrambi devono essere performanti.

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C’è qualcuno che vi aiuta?

Il nostro allenatore, Luca Bursich, e quello della Squadra azzurra, Luca De Pedrini (Jacopo e Umberto sono in Nazionale – ndr). Poi, in generale, la federazione.

In che acque naviga la FIV?

Nuove. È appena cambiato il Direttore Sportivo e la situazione è un po’ complessa. I fondi sono pochi e non bastano per copiare (come si vorrebbe) i progetti delle federazioni più ricche. E poi il tentativo italiano arriva troppo tardi.

Come va il settore giovanile?

Bene! C’è un continuo ricambio di ragazzi bravi. Manca però qualcosa a livello strutturale che trasformi un talento in un campione. E poi mancano mamme coraggiose: fidatevi! La vela a livello agonistico è uno sport fantastico, che aiuta i vostri figli a crescere e a diventare indipendenti in fretta.

Sogni la Coppa America o il giro del mondo in solitaria?

Per la prima non c’è fretta, si va avanti oltre i 40 anni, chissà. Chi gira il mondo da solo ha tutta la mia stima: spesso sono “eroi” giovanissimi, che suppliscono all’inesperienza con tanto studio e ancora più coraggio (ma non dimentichiamoci che hanno qualcuno più “motivato” di loro alle spalle). Non azzarderei mai un’impresa del genere: non ne sarei in grado e non mi piace l’idea un viaggio così da solo. Le esperienze straordinarie vanno condivise! Insomma, punto alla Volvo Ocean Race, la regata-giro del mondo su barche grandi. Ma prima bisogna vincere una medaglia olimpica: il focus è su Rio.

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