Arriva luglio e arriva il Tour. Come sempre lo seguiremo in palestra (così mentre siete sulla cyclette potete prendere ispirazione) e con il cuore, facendo il tifo per gli amici medici, fisioterapisti e giornalisti che sono al lavoro con i campioni. Uno lo “sentiremo” particolarmente vicino: Max Lelli sarà ancora una volta la voce della Rai. Ex pro con 14 partecipazioni al Tour, è ancora completamente immerso nel ciclismo come produttore di bici. Ma non solo: per trasmettere la sua esperienza e la sua passione ha aperto una Bike School nel suo agriturismo in Maremma, il Bed & Bike  “Il Raduno”

Alla vigilia della prima tappa, gli abbiamo chiesto che cosa si aspetta dalle prossime settimane di gara. 

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Max al Giro con il suo pilota Vittorio Agrati

Com’è il Tour quest’anno?
Duro. Come al solito. Stress. Lunghezza, temperatura, cadute. E’ sempre una gara affascinante e spietata: un grandissimo spettacolo.

Perché si cade così tanto di solito?
La posta in gioco è alta, tutti vogliono stare davanti, le velocità sono stratosferiche. E poi… troppi giovani rampanti. Rispetto ai nostri tempi dove si rispettavano le gerarchie, ora si corre tutti contro tutti. Ma non tutti sanno andare bene, anzi benissimo, in bici. Infine i materiali: sebbene più performanti, sono più pericolosi. I cerchi in carbonio tirano dei brutti scherzi quando si arriva a sessanta all’ora in una strettoia. Forse nelle coperture – senza far nomi di aziende – ci sono differenze tra una marca e l’altra…

Cos’è cambiato nel ciclismo dai tuoi tempi?
L’impostazione dell’atleta: Froome va forte ma non è elegante. E poi spesso si sbaglia sui fondamentali: penso alla crono di Barolo – che scene! -, dove molti hanno tirato dei dritti sulle curve bagnate perché avevano scelto una bici da velocità invece di una geometria più tranquilla. Dispiace dirlo ma i giovani sembrano più attenti alle pr che ai telai, passano più tempo su Twitter e Facebook che vicino ai meccanici.

Tour de France 2013 stage-15

Froome è il campione in carica

E la tecnologia?
Oggi le bici pesano pochissimo ma vengono zavorrate per rientrare nei fatidici 6,8 kg imposti dall’UCI. Mi chiedo, perché rischiare a 100 kmh con telai così leggeri? C’è poi il discorso dei freni a disco che vanno benissimo, sembrano molto promettenti e tra poco arriveranno anche tra i pro. Io li sto provando e mi trovo davvero bene.

Che cosa devono imparare gli amatori guardando i campioni in TV?
Il modo di andare in salita con una cadenza di pedalata che è cresciuta moltissimo. Il 28 è lo standard e in alcune tappe si vedono i 32. Ormai nessuno – neanche gli atleti muscolari – pedala di forza. Da Lance Armstrong in poi il ciclismo si è trasformato: una volta se chiedevi al meccanico di montarti il 23 ti dava del bischero e ti ricordava che eri un pro!

Insomma il nuovo ciclismo è cadenza e agilità.
Certo, e c’è anche da dire che l’uso del cambio è molto più intensivo. Questo perché con 11 rapporti si è ridotta la differenza tra una marcia e l’altra ed è aumentata la precisione. Si tende a cambiare ad ogni minima variazione di pendenza: in questo modo si rende lo sforzo molto più costante e si risparmiano energie preziose.

Che cosa non bisogna guardare?
Le posizioni in discesa. Fanno venire i brividi e spesso l’aerodinamica non ci guadagna neanche. Vedere un corridore “appallottolato” tra manubrio e sella non ispira…

E le traiettorie?
Quelle sì. Allargare verso la mezzeria ad inizio curva è fondamentale per non rischiare di finire in mezzo alla strada. Saper guidare è un grande fattore di sicurezza.

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A Parigi si arriverà il 27 luglio

Chi vince? Il tuo pronostico.
Froome non era brillante al Delfinato: è vero che è caduto ma non mi ha entusiasmato. Contador sta andando forte, molto forte ma da molto tempo… sin dall’inizio di stagione. Durerà fino alla fine?
Voglio pensare positivo di Nibali, l’ho visto bene al campionato italiano: incrociamo le dita. L’importante sarà rimanere in piedi i primi giorni, e consideriamo che c’è anche una tappa sul pavé. I francesi daranno battaglia in salita con Thibaut Pinot, Romain Bardet e Pierre Rolland. Ma attenti anche a Andrew Talansky fresco vincitore del delfinato e a Tejay van Garderen, che il nostro amico medico della BMC, Max Testa, dà in grande forma. Sarà combattuto fino alla fine. Chi terrà nell’ultima settimana porterà a Parigi la maglia.

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Puntuale come il solstizio d’estate, giovedì 3 luglio ritorna la Valentino.

È una gara fantastica, dura e divertente allo stesso tempo. Percorso nervoso, brevi rettilinei, curve, salite e discese.

Sembra che tutti partecipino per il gusto di stare insieme ed invece allo sparo si parte a tutta alla ricerca del tempo, per battere l’amico, per arrivare meglio dell’anno scorso.

Il problema è che è caldo, di solito, ed è anche umido e sono anche le otto di sera e si hanno alle spalle otto o nove ore di lavoro.

Allora qualche consiglio per non finire sui gomiti.

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Il pranzo non va saltato: una bella insalatina con bresaola o tonno, un panino, una macedonia e mezzo litro di acqua minerale.

Alle 17 spuntino: un Enervit pre-gara o una fetta piccola di crostata.

Alle 19,3arriviamo in zona gara, portandoci una borraccia con Enervitene in 500 cc di acqua molto fresca.

La berremo facendo riscaldamento. E già perché il riscaldamento è importante anche con il caldo. 10’ a ritmo blando e poi tre progressioni da un minuto. Un po’ di stretching e via in griglia.

Buona corsa a tutti!

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3, 2, 1… pronti per il nuovo progetto di Vitalia e RunningCharlotte? Se vi è piaciuto il primo, di questo vi innamorerete. Lascia o raddoppia? Abbiamo moltiplicato per quattro: l’entusiasmo, la distanza, le runners e (un po’ meno) il tempo.  Abbiamo 5 mesi per preparare quattro amiche ai 42,5 km di Firenze (la gara è il 30 novembre, sono aperte le iscrizioni, se vi va). Fate il tifo per noi?

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Eccoci in pista per un’altra avventura. RunningCharlotte stavolta si è fatta in 4 per la maratona: ha arruolato altre tre donne per creare un team rosa lanciato verso Firenze. E noi di Vitalia ovviamente siamo al loro fianco.

Abbiamo iniziato facendo il punto della situazione con una bella batteria di test: misurazione della soglia anaerobica con il test del lattato, misurazione della massa grassa e massa muscolare con impedenziometria, misurazione dell’equilibrio del sistema neurovegetativo con l’analisi dell’heart rate variability, e infine valutazione del passo.

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Proviamo a spiegare: il primo test ormai non ha più segreti, mentre per il secondo ci siamo avvalsi di una bilancia impedenziometrica che analizzando l’impedenza offerta dal corpo umano al passaggio di una corrente a bassissima tensione riesce a calcolare la quantità di grasso corporeo e la sua distribuzione tra braccia, tronco e gambe. L’ultimo test, quello dello dell’heart rate variability, consiste nel rilevare l’elettrocardiogramma per 2 minuti e analizzare le micro variazioni di frequenza cardiaca a riposo. In situazioni ottimali l’attività del sistema vagale e del sistema simpatico dovrebbero essere in equilibrio, mentre nelle condizioni di scarso o eccessivo allenamento l’uno tende a prevalere sull’altro. In più, durante il test sul tapis roulant, abbiamo registrato ad ogni velocità la frequenza e la lunghezza della falcata (così). Un dato in più su cui fare delle comparazioni al prossimo test, che ci è utile per capire la tipologia di corsa delle ragazze.

Ma dopo tutti questi discorsi, come vanno ‘ste ragazze?

Bene, innanzi tutto, il loro peso, il loro livello di stress e la loro velocità di soglia hanno fornito dati molto buoni. Poi il gruppo è davvero omogeneo: pochi secondi di differenza nella velocità critica.
Leggermente diversa è la condizione generale, dove qualcuna dovrà fare un po’ più di lavoro di fondo. Comunque niente di preoccupante, abbiamo tempo. In sintesi ecco i dati:

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Siamo partiti bene. Insomma è un bel team che può allenarsi insieme traendo reciproco beneficio.

E adesso si corre.

Qui il racconto di Charlotte.

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La salute di ognuno di noi dipende in larga parte dal nostro stile di vita, ci piaccia o no, questa è la realtà delle cose. Errate abitudini alimentari, sedentarietà, stress, fumo, posture scorrette hanno un profondo impatto sul benessere e sulle probabilità di contrarre malattie cardiovascolari, metaboliche (diabete), ortopediche (lombalgia, cervicalgie, osteartrosi) e alcuni tipi di tumore.

E ci sono effetti collaterali anche in ufficio: un basso livello di forma fisica riduce la capacità lavorativa e fa aumentare il numero di ore di assenza per malattia. Per questo, sin dagli anni ’80, si è iniziato a parlare di prevenzione“corporate Wellness” e si sono avviate iniziative finalizzate a procurare il benessere dei lavoratori e a contribuire al successo dell’azienda che li implementa. Sono infatti numerosi gli studi che analizzano il ritorno dell’investimento in progetti Wellness e che ne dimostrano la grande redditività.

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Anche nei paesi come l’Italia, infatti, dove gran parte dei lavoratori sono assistiti dal sistema sanitario nazionale, il costo della malattia per l’azienda è ingente. Soprattutto il trascurare fattori di rischio conduce ad un’aumentata incidenza di patologie e alla perdita di giornate di lavoro.

Si calcola che un programma di corporate Wellness comporti un aumento di produttività giornaliera di circa 15 min./giorno e una riduzione di 21 ore annue dell’assenteismo da infortuni e malattie, per un risparmio totale di 1500 euro per ogni dipendente che costi 35.000 euro/anno.

Come immediata conseguenza si riduce il turn over del personale, con un risparmio – per riduzioni del 2% – di 160 euro. Inevitabile che migliori il clima aziendale e che aumentino le possibilità di attrarre i migliori talenti sul mercato.

Sulla base di queste evidenze Vitalia ha strutturato un apposito check-up per testare lo stato di salute delle aziende. L’obiettivo è la prevenzione delle patologie cardiovascolari, metaboliche ed ortopediche. I dipendenti vengono sottoposti ad una visita e un colloquio di 30-40 min. in cui vengono misurati i parametri clinici utili a definire il profilo di rischio. Ognuno riceve consigli personalizzati su come migliorare le abitudini quotidiane.

Stare bene è un’assunzione di responsabilità verso se stessi. 

[message type=”info”]Contattaci per rimettere in forma la tua azienda [/message]

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Ospitiamo con piacere una riflessione sui Mondiali di Calcio dell’amico e collega Alberto Andorlini. Responsabile della rieducazione funzionale del Palermo Calcio, Andorlini ha lavorato per Siena e Chelsea, ha allenato Batistuta a Dubai e collabora con Technogym per il progetto di ricerca e formazione sull’Ability Training cui partecipiamo anche noi (qui puoi leggere il nostro speciale sulle Paralimpiadi: la migliore spiegazione del concetto di abilità). E’ un creativo del movimento e dell’allenamento.

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Pochi sanno che i mondiali di calcio non si giocheranno in Brasile. I Mondiali quelli veri intendo.

Il Campionato del mondo del Brasile esiste. Questo sì. E il Brasile rappresenterà un palcoscenico mediatico assolutamente verosimile. Ideato, costruito, e assemblato, sulle impalcature virtuali di eventi paralleli, il Campionato Brasiliano si farà.

L’erba, sintetizzata e selezionata da menti altrettanto sintetiche, resisterà all’onda impazzita di jingles e mascottes. La pubblicità si impossesserà di ogni respiro. Il Pubblico si impossesserà della Pubblicità. L’Anonimo Privato si impossesserà del pubblico. E lui solo, l’anonimo privato, si ciberà delle onde azionarie irradiate dal Paese delle Meraviglie. Ogni esecrabile sospetto, ogni inudibile credo, ogni invisibile pensiero, ogni insondabile emozione, tutto, tutto, sarà vivisezionato, parcellizzato, frammentato, masticato, e digerito. E finalmente espulso, per le contorte vie dell’evidenza giornalistica.

E noi vibreremo, come mansueti ghirigori di fumo, attratti da dimenticate pulsioni maniacali e assuefatti al rullare ritmico di consonanze primordiali. Ci accasceremo disfatti nella catarsi della sconfitta, o salteremo, energici ed energetici come non mai, nell’esplosione di una vittoria insperata e dispettosa. Il dramma psicocinetico dell’epopea calcistica si consumerà lento, sulle braci di un’ara sacrificale, lunga 30 giorni e tangibile, come 50 pollici di altissima definizione.

Loro, i conturbanti eroi dell’era Twitter, indosseranno morbide scarpe infrangibili e calceranno l’eleganza dei gesti oltre i confini euclidei dei 90 minuti.

Tutto questo accadrà. E lascerà ricordi palpabili come la parabola eterna della vergine-palla il volo senza peso e senza sesso dell’angelo calciatore.

Detto questo. Concesso questo. Sopportato o supportato tutto questo, eccoci al dunque. Pochi sanno che i veri Mondiali non si giocheranno in Brasile. Questo lo sussurro all’orecchio di chi è attento ai segnali del Momento. Alle scie celesti dell’eterno e vero Movimento.

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veri Mondiali si stanno giocando da quattro anni, ai quattro canti del Mondo.

E i giocatori siamo noi.

La cosa buffa è che nessuno ci ha avvertito. E non c’è nessuno che ci abbia spiegato le regole.

Giochiamo tutti i giorni. Noi tutti, tutti noi: abbandonati e stanchi, irascibili e incompresi, deboli e incapaci. Tutti noi, poco artisti e poco atleti, molto poco allenati a trattenere un solo, unico, disperato pensiero.

Io sono stato eliminato qualche mese fa – peccato! – quando, una sera, mi sono attardato al computer, dimenticandomi di respirare il tramonto che mi stava aggredendo.

Pago ancora. Per quello che è stato.
Un errore senza prezzo.

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Le mani afferrano il manubrio, i piedi sono saldamente agganciati ai pedali, le gambe spingono con forza, le braccia tirano. Quanta forza viene trasferita alla bici! Forse è il caso di rilassarsi un po’ (qui trovate i consigli della nostra psicologa: la presa sul manubrio dipende dalla testa!): non saranno le braccia a portarci in vetta.

Ma in mezzo, tra le spalle ed il bacino, c’è una zona che se ben allenata potrebbe fare la differenza. E’ la zona addomino-lombare, altrimenti chiamata core, dove alloggia il centro di gravità del corpo umano. E’ la zona dove originano i movimenti, quella che più di ogni altra si occupa di stabilizzare il tronco e di far sì che la forza esercitata dagli arti venga trasmessa senza perdite di potenza.

Che cosa significa?

GIRO D'ITALIA - STAGE TWENTY

Kiryienka si arrampica sul Colle delle Finestre

Osserviamo la pedalata di un professionista: si vedrà molto bene come spalle e bacino, cingolo scapolo-omerale e cingolo pelvico, siano perfettamente immobili e allineati. Se invece prendiamo le immagini di un ciclista in crisi o allo stremo delle forze, noteremo come il bacino oscilli sul sellino e come le spalle si muovano ad ogni pedalata. Questo è il segno inequivocabile di un affaticamento muscolare che altera l’azione rendendola ancora più dispendiosa.

Ecco quindi che, come nella corsa, l’allenamento di quel “corsetto” anatomico che costituisce il giro vita e che è composto da ben 26 muscoli riveste una grande importanza per un preciso trasferimento di forza al telaio ed ai pedali.

[button color=”red” size=”small”]Poco importa avere muscoli delle gambe fortissimi se poi una parte di questa forza viene dissipata da un bacino che rolla vistosamente ad ogni pedalata.[/button]

Quali sono gli esercizi per il ciclista per l’allenamento del core? Per capire quali sono gli esercizi, bisogna prima spiegare come sono organizzati i muscoli del core. Possiamo dividerli in due gruppi: muscoli profondi e muscoli superficiali. I muscoli profondi controllano la respirazione, contengono i visceri e stabilizzano i segmenti. I muscoli superficiali sono responsabili della stabilità posturale, della resistenza a carichi esterni e dell’attivazione dei movimenti con trasferimento di energia.

Per il loro allenamento dovremo rispettare una sequenza che rispecchi le loro funzioni. La sfida è sollecitare i muscoli profondi, quelli che spesso si trascurano. Con questi esercizi il risultato è garantito.

Schiena a terra, braccia distese sopra il capo, effettuiamo una serie di respirazioni, ad ogni espirazione immaginiamo di retrarre l’ombelico schiacciando le vertebre lombari a terra. Alterniamo il movimento delle braccia e delle gambe come nella foto.

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Adesso giriamoci pancia a terra e, poggiando la punta dei piedi e gli avambracci, solleviamo la pancia da terra mentre espiriamo.

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L’ideale sarebbe svolgerli almeno 3 volte/settimana arrivando ad eseguire 3 serie da 12 ripetizioni per ogni esercizio. Quando si è presa confidenza, si può passare ad esercizi più complicati, sostituendo la superficie rigida del pavimento a quella instabile di uno strumento come la Fitness Ball. Nei prossimi articoli vi daremo qualche suggerimento!

Buon allenamento e vedrete come vi sentirete più stabili in sella!

Problemi con gli esercizi? Contattaci!

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E’ in edicola il nuovo Outdoor Running (qui puoi vedere il video di presentazione), numero speciale della rivista Ski-Alper dedicato al trail. Come sempre trovate la rubrica firmata Vitalia, questa volta dedicata alle tendiniti del podista: vogliamo ora approfondirla e cercare di spiegarvi alcuni esercizi (tranquilli: c’è la video dimostrazione!). L’argomento è delicato e ne avevamo già parlato qui, suggerendovi alcune terapie. Non dimenticate che il consiglio migliore è quello personalizzato e quindi rivolgetevi ad uno specialista!

Che cosa fare nella riabilitazione delle tendiniti dell’Achille?

Certo va capita la gravità della tendinopatia, ma in molti casi vale la regola: l’esercizio è il miglior farmaco. Ci si può insomma curare con il rinforzo muscolare e il principale esercizio è rappresentato dal sollevamento sull’avampiede: si comincia in appoggio su entrambi i piedi, ci si solleva e si ritorna alla posizione di partenza con un solo piede. Questo permette di sollecitare il muscolo, e quindi il tendine, con una contrazione eccentrica (abbassamento) in cui il carico è maggiore rispetto a quello esercitato nella fase di contrazione concentrica (sollevamento). L’ampiezza del movimento sarà dettata dal dolore in quanto ci si dovrà fermare nella discesa pochi gradi dopo la sua insorgenza. La velocità di esecuzione deve essere sempre lenta e controllata, evitando i rimbalzi.

Sarà opportuno svolgere l’esercizio sia a ginocchia distese che a ginocchia semiflesse. In tal modo si solleciteranno le fibre del gastrocnemio (ginocchia estese) e del soleo (ginocchia semiflesse).

Gli esercizi illustrati fanno parte del protocollo riabilitativo di Alfredson che è al momento quello con maggiori evidenze mediche.

Al variare del dolore (diminuzione o scomparsa) si assoceranno lavori di propriocettività e reattività muscolare del piede con andature in rullata (tallone-punta) ed esercizi in spinta sull’avampiede.

Buon allenamento! E non dimenticatevi i fondamentali: mettete sempre il ghiaccio e verificate di aver scelto le scarpe giuste!


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IMG_7522Al via la terza 5.30 torinese. Lo scorso anno fu un successo [FOTO BROOKS]

Sembrava una follia. Organizzare una gara alle 5.30 della mattina nel centro della città. Chi vuoi che venga?

E poi bisogna andare a lavorare tutto il giorno, perché la 5.30 alle 5.30 si fa in un giorno feriale. E difatti, alla terza edizione, a un mese dal via non c’erano più pettorali. Mah, strano popolo quello dei podisti!

Insomma ci ritroveremo in tanti venerdì mattina, nell’alba di piazza Castello, ad aspettare il via. Poi ci si infila nelle strade del centro storico, evitando i marciapiedi, tagliando le curve, scartando le panchine ed i lampioni.

Una corsa secca, 5,2 km da bere come il primo caffè, da metterci la faccia dentro come nell’acqua del lavandino appena alzati. Per svegliarsi.

Si segue la fiumana di gente, si salutano gli amici, si cerca di tenere il passo. Si evitano le macchine agli incroci chiedendo scusa a chi è in fila per andare a lavorare. E già perché noi che corriamo siamo più fortunati di è già in giro per andare a sgobbare.

Poi si ripiomba in piazza Castello, si taglia il traguardo e ci si avventa sui rifornimenti: tè e ciliegie a volontà. Quattro chiacchiere e via verso casa nella luce del primo mattino. Una doccia e una giornata di lavoro ci aspettano.

Good morning runners!

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  1. Il primo, ovvio, andate a letto presto.
  2. Il secondo, una cena leggera, con un piatto di carboidrati di misura media, serve a creare le scorte giuste per la mattina dopo.
  3. Il terzo, bevete almeno un succo di frutta prima di uscire, non andate proprio vuoti.
  4. Quarto, se non abitate fuori dalla tangenziale, arrivate a piedi. Serve a scaldarsi ed a fare un po’ di defaticamento alla fine.
  5. Quinto, la mattina fa freschino, una felpa non guasta.

 

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Alla 5.30 ci sarà anche la nostra RunningCharlotte (ve la presentiamo qui). Fresca fresca dopo l’ottima prova della DeeJayTen.

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[message type=”info”]Da alcuni mesi Vitalia collabora con Anna Sole Marta, psicologa dello sport (ve la presentiamo qui). L’esercizio fa bene all’individuo tutto, non può diventare un problema per la testa. Per questo bisogna saperlo dosare e, soprattutto nel caso di uno sport duro come il ciclismo, interpretare. Eccovi qualche consiglio della dott.ssa. [/message]

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La gioia di Fabio Aru al traguardo

Proprio in uno sport come il ciclismo in cui il doping sembra farla da padrone, si rischia di perdere di vista l’obiettivo principale di un’attività fisica impegnativa e gratificante come questa, in cui il benessere fisico deve andare di pari passo con il benessere mentale e l’entusiasmo. Per raggiungere e mantenere un traguardo così ambizioso non si può trascurare la straordinaria efficacia di un mental training strutturato sulla base delle caratteristiche individuali, della storia sportiva e della personalità di ciascuno.

Questo genere di coaching è ampiamente sfruttato dagli atleti professionisti (qui vi raccontiamo il caso Cadel Evans) per cui un calo di motivazione, di concentrazione (lo sapevi che il caffè può aiutarti a non distrarti in bici?) o uno stato mentale negativo hanno conseguenze immediate ed evidenti sulla prestazione: la sua applicabilità è altrettanto efficace, se non di più, per tutti quegli atleti che desiderano innalzare il loro livello prestativo, che considerano subottimale. Senza pretese di essere qui esaustiva su un argomento che richiede per sua stessa natura di essere calato nelle singole storie sportive e soprattutto di beneficiare dello scambio e del feedback di un osservatore esterno, vorrei darvi qualche spunto di riflessione e pratica che potete mettere in atto già in modo autonomo.

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Evans stremato sotto la neve, al Giro 2013

Valutate com’è la vostra percezione del dolore: siete atleti ed avete la possibilità di scegliere come interpretarlo. Provate a capire come le emozioni associate allo sforzo vadano ad influenzare direttamente il livello di fatica. Se il dolore è percepito come un nemico nel ciclista scatta una serie di pensieri autosvalutanti e depotenzianti: “Chi me lo fa fare?”, “Non sono allenato!”. Si innesca un circolo vizioso di emozioni negative che limitano il desiderio di combattere e rendono meno efficace e più difficoltoso l’allenamento. Se il dolore è considerato come una normale e importante parte del training, invece, impara a gestirlo e gli associa emozioni positive. “E’ segno che mi sto allenando”, “Sono sempre più resistente”: sono letture dell’evento che influenzano e modificano positivamente sensazioni che rappresentavano un limite. Sono pensieri che non solo riducono la nocicezione ma vanno ad incentivare la resistenza allo sforzo, la motivazione e la fiducia nelle proprie capacità.

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Canola vince in volata

Il ciclismo è uno sport veloce e di contatto e qui entra in gioco la paura. Innanzitutto individuate che cosa vi spaventa: essere parte della massa di ciclisti in partenza? Il dissesto dell’asfalto in discesa? La paura è un sentimento umano che è normale provare. E’ necessario imparare a gestirla, ad esempio confrontandosi con altri oppure spostando il focus della propria attenzione su elementi esterni: dando un preciso ritmo numerico alla pedalata oppure adottande opportune tecniche di rilassamento (siete consapevoli di quanto stringete il manubrio della bici? E’ un gesto che non solo vi irrigidisce, ma vi fa sprecare inutilmente energie).

Il ciclista deve essere attentissimo a curare la fase del riposo: è un aspetto fondamentale del training, per quanto normalmente i ciclisti considerino le interruzioni delle uscite in bici una perdita di allenamento. Questo rischia di essere un atteggiamento che limita la prestazione: il fisico ha necessità di riposo, che deve essere programmato ed effettuato in modo preciso. I benefici si presentano a livello fisico e a livello psicologico: è un break dalle richieste fisiche ed emozionali che il training fisico richiede, oltre a interrompere l’eventuale sorgere di noia per la monotonia e la routine ravvicinata degli allenamenti senza adeguati periodi di riposo. Sarà anche l’aspetto motivazionale a trarne grandi vantaggi permettendo nelle successive uscite in bici di raggiungere quel livello di impegno prefissato senza necessità di sforzi psicologici sproporzionati che sono uno dei principali ostacoli alla continuità ed efficacia dell’allenamento.

Insomma… “meglio un buon riposo che un cattivo allenamento”!

Buon lavoro!

Contattaci per un appuntamento con Anna Sole Marta.

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Questa è la marea viola della DeejayTen di Firenze. 12 mila iscritti. A tagliare il traguardo, per la sola categoria femminile, sono più di 1900.

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Domenica Charlotte ha terminato la sua “10 km” in 39′01”5° tra le donne. Potremmo dire di aver, non centrato, ma addirittura stracciato l’obiettivo. In realtà non è così. Ci piace essere precisi, perché nella corsa bisogna esserlo…

Il percorso era mal misurato e la reale distanza è risultata di 9 km e 300 m. Questo riporta il risultato ad un più realistico 4’15”-4’20”/km. Più realistico, ma comunque brillante se pensiamo che 2 mesi fa Charlotte correva i 10 km a 4’45”/km.

Proviamo allora a fare alcune considerazioni. Essere partiti da un test con misurazione del lattato ci ha dato le informazioni giuste per poter costruire un programma personalizzato e crearci un obiettivo sfidante ma raggiungibile. La nostra atleta ha rispettato alla lettera la pianificazione settimanale, in una parola, è una tosta. Non ha mollato e ha preso tutto sul serio, l’associazione di esercizi specifici per la muscolatura al programma di corsa ha amplificato i miglioramenti.

Ora non resta che ritentare una 10 che sia una 10. Charlotte sarà a Milano a fine maggio per portare a casa un risultato su una distanza ufficiale.  Partenza ore 21,30 per una gara rosa e in notturna: migliaia di donne si sfidano nella “We own the night” organizzata da Nike (ci sono ancora posti nel team di Running Charlotte, contattatela!)

Oggi riposo, ma da domani si ricomincia…

Stay tuned!

Qui il resoconto della gara di Charlotte.

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