La partenza per le vacanze è un momento abbastanza stressante e allora quest’anno ho deciso di affrontarla a modo mio.
La meta è tradizionale: Sardegna, meno di due ore di macchina fino a Genova e poi traghetto. Però…
Però si può renderla più avventurosa. Per esempio partendo da casa in bici. Pianifico l’itinerario e via. Appuntamento a Voltri con la famiglia che arriva in ammiraglia.
La prima parte è noiosa, tra campi di granturcopiatti come quelli dell’Illinois, poi il percorso migliora con i saliscendi dolci ed i boschi dell’Astigiano. Seguono le vigne bellissime del Monferrato e si plana su Nizza Monferrato per panino e Coca. Avanti verso Acqui con la sua bellissima piazzetta con l’acqua delle terme. Si riprende, sempre tra le vigne, verso Ovada, pedalando su crinali spettacolari. Fa caldo. Nella testa mi risuona Paolo Conte: “Genova per noi“, “Una giornata al mare“, “Bartali“.
C’è un po’ di venticello ma il sole picchia.
Le borracce vanno via una dopo l’altra. Inizia la dolce risalita verso il Turchino. Ora fa più fresco nei boschi della valle Bormida. I borghi, Rossiglione, Prato Ligure, che non avevo mai visto facendo l’autostrada, sono delle perle.
Arriva il valico che, nella sua modesta altitudine, è comunque un luogo significativo. Una galleria di 200 m e poi la vista sul mare. Meritato gelato al bar del valico e poi stupenda planata su Genova.
È fatta. In solitudine e pensando a quanto è maledettamente bella la nostra Italia.
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Le foto della pedalata: riconoscete i paesaggi?
[message type=”info” title=”Speciale WMG”] Il nostro viaggio nei World Master Games di Torino comincia da Roberto. Lettore di Vitalia Informa, un giorno ci ha scritto su Twitter: è il primo “paziente web” di Vitalia. Chissà che i nostri consigli non lo portino sul podio… sicuramente la sua passione è da medaglia. In bocca al lupo! [/message]
Roberto Re, classe 1974, è un atleta polivalente: sottratto al calcio dall’ennesimo infortunio (giocava nei Dilettanti), prestato al golf, negato alla corsa dalla medicina ma podista nel cuore, ciclista, nuotatore e sciatore. Un uomo infine redento dal Triathlon: “Avevo bisogno di una sfida”.
Calcio, golf e atletica. Che sportivo sei?
Quando ho smesso di giocare ho iniziato a correre da amatore. Ma le mie ginocchia non hanno retto e tre anni fa, per pigrizia, mi sono dato al golf: non avevo voglia di affrontare il mio problema né di cominciare la riabilitazione. Poi sono andato da uno specialista, che mi ha parlato chiaro: “tu non puoi più correre, le tue ginocchia non ce la fanno”.
Ed è crollato il mondo.
No. È scattata la molla. Ho pensato: “Adesso ti faccio vedere che posso correre e anche ad un buon livello”. Ho recuperato con la fisioterapia e ho puntato alla maratona. Poi mi sono ridimensionato: per il mio problema era troppo. Dovevo trovare una sfida ma evitare la corsa esasperata. Così ho scelto il Triathlon: mi piacevano bici, corsa e nuoto e mi sono innamorato subito.
Come ti alleni?
Mi segue Andrea Gabba, tecnico della nazionale turca. Avevo bisogno di capire come impostare la preparazione: ho iniziato un percorso che prevede sei sessioni a settimana. Uso il giorno di riposo per allungarmi e aiutare la mia schiena con il Pilates.
Ti alleni quanto un professionista.
…ma devo portare avanti una famiglia e il lavoro mi impegna dalle 7 alle 7 tutti i giorni. Il Triathlon mi costa sacrifici enormi: pedalate in pausa pranzo o corse alle 5 del mattino o alle 10 di sera quando la bambina dorme. Noi amatori rispetto agli olimpionici dobbiamo metterci lo stesso impegno e la stessa fatica, ma in più combattere con i doveri di una persona normale: serve una grande passione.
Chi sono i tuoi modelli sportivi?
Nessuno di famoso, ma chi fa bene il proprio mestiere e “sacrifica” il tempo libero per lo sport.
Tra pochi giorni sarai in gara anche tu.
Sì, ho 39 anni e saranno i miei primi World Master Games. Li ho scoperti per caso un anno fa. Inizierò con il Duathlon, poi ci sarà il Triathlon la settimana prossima: non vedo l’ora. Si correrà al Valentino e sarò di casa, abito molto vicino e lo frequento spesso.
Il prossimo traguardo?
L’obiettivo, lontano –andiamo per gradi-, è l’Iron Man.
Ti piace sfidare i tuoi limiti…
Ho lasciato il calcio a 25 anni: lo facevo solo per divertirmi. Mi piaceva il gioco e non la preparazione. Dopo i 30 anni è cambiato qualcosa (e lo vedo anche nei miei amici): dal bisogno di divertimento sono passato alla voglia di mettere alla prova il mio fisico. È un nuovo approccio mentale all’attività sportiva, più complesso.
Il Triathlon ti impone un ritmo massacrante, mentre il golf è uno sport più statico, tanto che alcuni non lo considerano tale. Che idea ti sei fatto, praticando entrambi?
Lo spiego sempre così, con un’immagine. Dopo una giornata di golf ero stremato, non avevo neanche più la forza di uscire a cena. Dopo una gara di Triathlon sono contento, eccitato, stanco, ma non esausto. Con una doccia sono pronto per la serata! Nella mia vita è stato più faticoso il golf: richiede uno sforzo mentale e quindi fisico pazzesco. Nessuno mi crede mai…
Come hai conosciuto Vitalia?
Girovagando su Twitter. Ho visto che state seguendo i WMG e poi ho trovato qualche link al vostro blog. Ho letto alcuni articoli e mi sono piaciuti. Bravi!
Sei uno sportivo 2.o?
Abbastanza. Seguo soprattutto blog e forum sul Triathlon e la corsa, e dove sono competente cerco di partecipare. Il web è una grande risorsa per imparare e migliorarsi, anche nello sport.
Caffè e siga sembrano essere il modo più in voga tra gli studenti per prendere fiato tra una sessione di studio e l’altra.
Il binomio viene associato ad un momento di stacco gratificante che dovrebbe aiutare a sciogliere la tensione e a ricaricarsi per la successiva tirata.
Ma è proprio così? Siamo sicuri che l’accoppiata non abbia un lato oscuro della medaglia?
Il caffè, da solo ed in quantità moderate, 2-3 al giorno, aiuta in effetti ad innalzare il livello di attenzione e la soglia di stanchezza. Ciò perché la caffeina favorisce il rilascio di adrenalina e noradrenalina, catecolamine che aumentano le performance muscolari e psichiche.
Questa quantità di caffeina non espone l’organismo a potenziali rischi.
Fin qui tutto bene.
Quando però si associa il caffè alla sigaretta, l’effetto risulta essere dannoso in maniera esponenziale provocando un aumento della pressione arteriosa e della rigidità della parete delle arterie.
In altre parole si crea un notevole stress all’apparato cardio-circolatorio.
Anche lo stomaco è bersagliato dalle sostanze chimiche contenute che possono far insorgere o peggiorare disturbi come la gastrite.
Ma perché caffè e sigaretta vanno così spesso insieme?
Dai dati dei vari studi epidemiologici condotti sembra che la possibile correlazione tra caffeina e nicotina sia più complessa di una semplice interazione farmacologica e comprenda l’interazione tra gli stimoli organolettici e sensoriali prodotti dalla bevanda contenente caffè e le sensazioni “piacevoli” prodotte dal fumo di sigaretta.
In conclusione, cari studenti, prendetevi pure un caffè che vi renda belli pimpanti, ma non accendete la sigaretta, fatevi piuttosto due passi per sciogliere la muscolatura di schiena e gambe.
Quando Max Testa ci risponde ha appena concluso il riscaldamento di Cadel Evans in procinto di partire per la crono di Mont Saint-Michel. Il dottor Testa è il medico della BMC e da anni segue i campioni del ciclismo. Gli abbiamo chiesto un commento sui primi km di questo Tour 2013.
La prima settimana conferma la tendenza degli ultimi anni: bisogna evitare le cadute! Arrivare ai piedi delle prime montagne pieni di cerotti e fasciature significa partire con un handicap pesante.
Ne sa qualcosa Teejay Vangerderen che porta sul corpo i segni di due cadute che gli sono costate otto abrasioni profonde a ginocchia, anche, spalle e gomiti. Poco riposo e forse un’infezione di basso grado gli hanno causato una disastrosa tappa pirenaica in qui spingeva meno watt che in allenamento…
Tra i corridori che non sono caduti, Froome ha dimostrato di essere in gran forma ed ha giocato molto bene le sue carte.
Movistar è stata la sorpresa della settimana riuscendo a far saltare la Sky dimostrando che non sono imbattibili. Froome è uscito illeso da questa battaglia grazie alle sue capacità, ma… sulle Alpi cosa succederà?
Movi e Saxo potrebbero allearsi? Molto probabile.
Con queste domande si apre la seconda settimana che è per velocisti con gli uomini di classifica che cercheranno di stare al riparo ed evitare cadute.
In attesa del Ventoux, dove, soprattutto se farà caldo, potrebbero esserci colpi di scena, la tappa di Lione appare dura e pericolosa.
Nella crono di oggi, molto veloce, Cadel deve fare un buon risultato per il morale che deve rimanere alto in vista delle prossime durissime salite.
La salute dell’individuo deve essere basata sulla prevenzione e la prevenzione deve essere attuata anche e soprattutto nel luogo di lavoro, ovvero dove la maggior parte di noi passa la quantità di tempo più importante della giornata.
Con questa consapevolezza Vitalia ha messo a punto un innovativo check up che viene svolto sul luogo di lavoro in poco più di mezz’ora e che è in grado di fotografare con precisione la situazione del collaboratore.
Funziona così.
Coloro che aderiscono, la mattina prestabilita si presentano a digiuno per la misurazione di glicemia e colesterolo.
Quindi si raccolgono le informazioni relative alla storia clinica della persona, si misurano peso e massa grassa distrettuale, circonferenza vita e volumi e flussi polmonari con spirometria.
Si passa quindi alla valutazione kinesiologica per individuare eventuali squilibri posturali che potrebbero causare l’insorgenza di patologie della schiena e della spalla, le zone più a rischio per chi svolge un’attività sedentaria.
Infine, il check up prevede misurazione della pressione, visita clinica ed un innovativo elettrocardiogramma che permette di individuare il livello di stress sul sistema cardiovascolare.
Al termine, viene consegnato ad ognuno un dettagliato referto con i dati personali, i suggerimenti per modificare gli eventuali fattori di rischio ed un piano di esercizio personalizzato.
Il servizio, partito da 5 anni, è stato già effettuato presso Nokia, DeAgostini, Utet, Maire Engineering ed ora Edison .
In tempi di crisi,l’investimento sulla prevenzione è vincente.
Il caffè è bevanda antica dai camaleontici aspetti. Associato molto bene all’idea del momento di relax ufficiale (il famoso coffee break di cultura anglo-americana, l’amichevole chiacchiera al bar o in casa della partenopea “tazzulella ‘e cafè”), fino a poco tempo fa esso era più vicino allo sport guardato o letto che a quello praticato.
E invece le cose cambiano, le idee evolvono ed ecco emergere un volto diverso della tradizionale bevanda: un volto capace di migliorare le prestazioni sportive degli atleti impegnati sia nelle discipline di resistenza che in quelle a maggior impegno neuromuscolare.
La caffeina, che è “l’anima attiva” del caffè, è infatti una sostanza blandamente stimolante in grado di attivare il sistema nervoso centrale e di migliorare la funzionalità cardio-respiratoria ed il metabolismo dei grassi.
Detto ciò, è facile capire che possono bastare 60-80 mg di caffeina, quanta ce n’è in una, due tazzine, per migliorare l’attenzione e la capacità di concentrazione. Quali sportivi si avvantaggiano di questi effetti? Senz’altro quelli che praticano sport che richiedano velocità di decisione e capacità di risolvere situazioni complesse. Ecco quindi che il golfista, il calciatore, o il giocatore di tennis o di basket, possono beneficiare degli effetti di un buon caffé prima della competizione.
Chi invece pratica sport di resistenza conosce bene gli effetti del caffé sulla prestazione di lunga durata. Assunta prima e durante la competizione, la caffeina favorisce l’utilizzo dei grassi come fonte di energia e quindi permette di prolungare la capacità di sforzo risparmiando il prezioso carburante rappresentato dagli zuccheri che sono contenuti nel fegato e nei muscoli.
A livello cardiaco aumentano sia la frequenza che la gittata sistolica e quindi il cuore è in grado di portare ai muscoli una maggior quantità di sangue ossigenato. Al contempo, la muscolatura delle vie respiratorie si rilassa permettendo una migliore ventilazione.
Nelle gare che durano molte ore, come ad esempio le gran fondo di ciclismo, l’assunzione del caffè aiuta a superare la stanchezza ed ad avere le energie che servono per il finale.
Comunque sia, meglio non esagerare: la caffeina può aumentare la diuresi favorendo il rischio di disidratazione. E’ quindi una buona regola non superare i 2-3 caffè nell’arco della giornata sportiva, anche perché, per dover di informazione bisogna dire che l’equivalente di 6-7 tazzine basterebbe a far squalificare un atleta per doping secondo le regole della commissione medica del CIO.
C’è da considerare, poi, l’aumento di metabolismo che il caffè potrebbe provocare e che aiuterebbe coloro che devono smaltire qualche chilo di troppo. In effetti, la caffeina produce un aumento del metabolismo basale senza reali controindicazioni, il solo problema è rappresentato dal fatto che, per avere un innalzamento del metabolismo del 10-15% e quindi per aumentare la spesa calorica di circa 200 kcal in una persona di 70 kg, è necessario assumere circa 5-7 caffè al giorno.
Buon caffè a tutti!
Massimo Massarini è specialista in Medicina dello Sport. In qualità di responsabile medico ha partecipato alla America’s Cup 1987 e 1992 e ha lavorato presso Technogym nella progettazione di attrezzature per la valutazione e l’allenamento. Nel 2005 ha aperto a Torino “Vitalia”, una società orientata al benessere ed alla prevenzione attraverso l’attività fisica.
Dottor Massarini, qual è la condizione atletica dei giovani torinesi?
I miei pazienti sono quasi tutti agonisti quindi il mio giudizio riguarda solo uno spaccato dei cosiddetti “sportivi”. Registro una scarsa preparazione fisica generica: i ragazzi oggi si specializzano sin dall’infanzia in una disciplina ma trascurano i gesti fondamentali (correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, rotolare…), che si dovrebbero allenare in maniera naturale attraverso il moto spontaneo. Questa carenza è il risultato della sedentarietà a cui li abbiamo abituati, complici il contesto urbano in cui crescono e le ossessive apprensioni dei genitori. Per stare bene un adolescente deve condurre una vita il più possibile attiva e sana (camminare, giocare all’aperto, correre, sfogarsi ogni giorno, in più momenti e per più di mezz’ora in tutto), non bastano i tornei di tennis o le gare di sci.
Scuola e salute: prevenire o curare?
La scuola ha il compito di educare i ragazzi e quindi deve dare loro anche insegnamenti sulla salute. Servono innanzitutto misure concrete: più intervalli nella mattinata, distribuzione delle ore di educazione fisica in due giorni diversi (in modo da garantire a tutti un minimo di due occasioni per muoversi alla settimana), maggior insistenza sull’importanza di colazione e merenda (il cervello è una macchina e funziona a zuccheri, se non ne riceve il suo rendimento cala). Una volta presi questi accorgimenti, e solo allora, possiamo aggiungere le lezioni su droghe, alimentazione e tabagismo.
Qual è la ricetta per un buon corso di educazione fisica?
Gli studenti devono consolidare l’apprendimento della motricità di base: ai docenti il compito (arduo!) di seguire programmi adattabili ai diversi livelli atletici degli allievi. Quanto ai test, credo che la lezione vada intesa come un tempo per l’allenamento e che il professore dovrebbe valutare i progressi del singolo ragazzo durante l’anno (non giudicarne le prestazioni con una tabella di riferimento). Infine mi sembra necessario rivedere l’aspetto teorico della materia integrando lo studio delle scienze motorie con alcuni elementi di medicina di base. Penso ad una collaborazione stretta tra professori di educazione fisica e di scienze, per rendere più interessanti e concrete entrambe le discipline: perché non utilizzare qualche ora di ginnastica per approfondire l’anatomia umana? La palestra è un luogo privilegiato per verificare con l’esperienza i meccanismi del nostro corpo.
Campioni in bilico tra libri e pallone: come trovare l’equilibrio giusto?
Facciamo chiarezza: i potenziali “campioni” sono quegli atleti che gareggiano, in età scolare, a livello nazionale. Il discorso per loro è molto complesso (ci sono sport incompatibili con una frequenza regolare delle lezioni), ma rappresentano una minoranza. Per tutti gli altri agonisti l’impegno è massiccio e quotidiano ma può essere coniugato con uno studio serio e regolare. Non c’è antitesi: la competizione con i sacrifici che comporta è uno stimolo prezioso per la crescita di un adolescente ed è molto più formativa della pratica amatoriale (la gara è una fine metafora della vita). Quindi è grave che scompaiano i gruppi sportivi e si riempiano le palestre, come sta accadendo: la sala pesi fine a se stessa è una prediscoteca, dove ci si allena esclusivamente per essere più belli. Tocca alla scuola limitare i danni della civiltà dell’estetica: c’è differenza tra un sabato sera di sbronze e una sveglia all’alba per gareggiare. Almeno sul piano morale gli atleti diligenti vanno premiati, incoraggiati ed elogiati come esempio per i compagni.
Articolo tratto da Lucia Caretti, “Scienze motorie e salute” in “Il nostro tempo”, Domenica 25 dicembre 2011, Anno 66, num. 45, pg. 17.
Arrivano gli esami per tutti: per i quattordicenni che affrontano la licenza media, per i diciannovenni che si cimentano con la prova di maturità, per gli universitari alle prese con la sessione estiva.
Studio, ripasso, esercitazioni, forcing finale… ma siamo sicuri che il fisico sia al meglio? Ogni esame è in fondo una gara in cui lucidità, prontezza e attenzione devono essere al massimo.
Pensiamo allora a come far sì che la preparazione venga esaltata da alcune semplici regole di vita che riguardano alimentazione ed esercizio.
Il cervello si alimenta di zuccheri: è quindi importante che il livello di glicemia rimanga il più possibile costante nell’arco della giornata. Quando ciò succede si è al meglio delle capacità di apprendimento e memorizzazione.
Iniziare la giornata con una bella prima colazione con cereali, o pane tostato integrale e crema di frutta secca, yogurt frutta e caffè o tè.
Fare piccoli spuntini a metà mattina e pomeriggio, può andare bene 1 frutto o frutta secca.
Non eccedere con i caffè, 2 al giorno sono la dose da non superare. Red Bull vietata o da tenere come cartuccia da sparare in caso di emergenza.
Mangiare pranzo e cena leggeri, molta verdura e pasta/riso integrali a pranzo , 1 secondo di carne magra o pesce o proteine vegetali, a cena.
Dormire almeno 7 h per notte.
Continuare a fare un po’ di attività fisica: 30’ di corsetta o una nuotata o un giretto in bici fanno bene al cuore ed alla testa. Stare fermi tutto il giorno è dannoso.
Attenti alla postura durante le ore di studio: pc davanti e non di lato, poltroncina con supporto lombare o seduti sulla palla.
Alzarsi a sgranchirsi le gambe e la schiena ogni mezz’ora.
In bocca al lupo!
Qualche mese fa abbiamo messo a confronto due dei modelli più popolari tra i runners: Polar RC3GPS e Garmin 610. Vi riproponiamo i risultati, sicuri che ormai avete tutti ripreso ad allenarvi.
Entrambi i computer da polso integrano la funzione di cardiofrequenzimetro e quella di GPS senza bisogno di ulteriori accessori esterni.
Basterà quindi indossare la fascia toracica (in entrambi i casi costruita in tessuto morbido ed elastico), stringere l’orologio al polso e si sarà pronti ad un allenamento con tutti i dati a disposizione.
Per capire pro e contro dei due oggetti li abbiamo indossati entrambi durante un allenamento di circa 12 km su terreno quasi pianeggiante e con alberi che non davano effetto copertura tale da poter interferire per la ricezione del segnale GPS.
Riportiamo quindi la cronaca dell’uscita annotando le sensazioni registrate durante l’allenamento.
[toggle title=”Facilità di settaggio“] Polar, grazie ad i pulsanti fisici ed all’ampio display, risulta essere più intuitivo e semplice da maneggiare; Garmin offre invece un display touch screen che richiede un minimo di familiarizzazione per dosare il tatto con cui scorrere le pagine e cambiare le funzioni.[/toggle]
[toggle title=”Tempo di ricezione del segnale di FC e posizione“] Polar è più rapido nell’agganciare il segnale dalla fascia, mentre Garmin (2’ contro circa 5’) stravince nella ricezione del segnale dal satellite.
Una volta apparsi tutti i dati sui display possiamo partire, fa freddo e indossiamo guantini abbastanza leggeri che però non impediscono di “sfogliare” le videate del Garmin e permettono di reperire facilmente i bottoni del Polar. [/toggle] [toggle title=”Lettura dei dati istantanei“] Primi km adagio tanto per dare un’occhiata ai due oggetti e prendere confidenza con i numeri.
Nei primi minuti siamo sui 5’20’’ e questo lo sappiamo inequivocabilmente dal tempo preso ai segni ogni 100 m. I dati forniti dai nostri strumenti non quadrano, secondo Polar stiamo andando a 6’/km mentre la FC è precisa, su Garmin il contrario: FC a 165 bpm e velocità giusta.
Passati pochi minuti (5-6), tutto si appiana ed i numeri dei due orologi diventano congruenti.
Rimangono dei leggeri scostamenti per quanto riguarda la velocità che Polar continua a sottostimare di circa 10’’.
Anche la FC non presenta scostamenti superiori ai 2 battiti. Idem per la distanza, al termine della prova di circa 12 km ci sono meno di 50 m di differenza.
Giriamo la boa dei 5,8 km ed iniziamo il ritorno appena sotto i 5’/km così come verifichiamo sui segni a terra. Garmin e Polar registrano l’accelerazione ma restano una decina di secondi di differenza tra le due velocità. Bene le FC.
Guardiamo spesso i display per verificare i dati e ci divertiamo a far scorrere le videate per leggere i dati del nostro allenamento.
Facciamo qualche variazione di velocità per testare la sensibilità degli strumenti e ci accorgiamo che in entrambi i casi le risposte non sono fulminee, ad occhio sembra che Polar reagisca prima. [/toggle]
[toggle title=”Dati di allenamento“] Bene, l’allenamento è finito. Confrontiamo i dati:
Dato
Polar
Garmin
FC media
151
152
Vel Media
5’33’’/km
5’19’’/km
FC max
170
171
kcal
920
659
Come si vede, i dati sono tutti molto simili, calorie a parte su cui è opportuno fare due considerazioni.
Infatti, mentre tutti gli altri dati derivano da “sensori” fisici, le calorie sono calcolate in maniera indiretta e qui penso che le due aziende abbiano scelto strade diverse.
Polar basa il calcolo del dispendio calorico sulla FC e chiede di imputare nel setup la FC massima e la VO2 dell’utente. In questo modo calcolando la FC media conosce l’intensità percentuale dello sforzo fatto e converte questo dato in kcal. A riprova di ciò, se non si indossa la fascia per la FC, le calorie non vengono conteggiate.
Garmin calcola invece la FC sulla base della distanza percorsa e del peso del soggetto.
Utilizzando questa formula ci sembra che Garmin si avvicini di più alla realtà. [/toggle]
[toggle title=”Software di lettura dei dati“] Entrambi i prodotti sono collegabili a PC per scaricare, archiviare e analizzare i dati.
Il download avviene mediante comunicazione con penna USB nel caso del Garmin e con cavetto per il Polar.
I grafici che compaiono a video sono molto diversi per i due prodotti. Polar sceglie una visualizzazione molto tecnica che permette all’utente molte manipolazioni dei dati: zoom, correzioni, aggiunta intertempi, ecc.
Garmin presenta invece una pagina riassuntiva di vari grafici che prendono in esame una grandezza alla volta.
Noi forse preferiamo la flessibilità del software Polar.
Infine, è possibile visualizzare dal web i risultati degli allenamenti tramite Polar Personal Trainer o Garmin Connect. Questa funzionalità può essere molto utile per essere seguiti a distanza da un allenatore che avrà così accesso a tutti i dati necessari all’interpretazione dell’allenamento. [/toggle] In sintesi due ottimi prodotti in grado di seguirci in ogni allenamento fornendo preziose informazioni sulle nostre performance: ogni podista dovrebbe averne uno!
[button color=”blue” size=”small” link=”http://www.vitalia-informa.it/sai-usare-il-cardiofrequenzimetro/”]More: sai usare il cardiofrequenzimetro? [/button]
La settimana scorsa un prestante signore giapponese di 80 anni si è permesso di scalare gli 8848 metri dell’Everest.
Questo fatto di cronaca ci lascia senza parole ma deve essere contestualizzato al giorno d’oggi.
Abbiamo un Presidente della Repubblica di 88 anni, un Papa, Benedetto XVI, che ha lasciato il suo pontificato ad 86 anni e in ogni campo, dall’arte alla scienza, allo spettacolo, sono molti gli ottuagenari che continuano a stupirci per qualità e capacità personali.
È vero, l‘Italia ed il Giappone sono i paesi in testa alle graduatorie mondiali per longevità ed età media della popolazione ma, a parte ciò, dobbiamo considerare che la definizione di anziano deve essere ripensata e collegata a capacità fisiche e mentali piuttosto che a fattori anagrafici.
Nello sport è perfettamente normale imbattersi in cinquantenni, sessantenni e più che continuano a praticare podismo, ciclismo, nuoto, sci e alpinismo con livelli prestativi superiori a quelli di molti trentenni.
Ma quali sono i segreti per arrivare in forma all’età in cui una volta si viveva tra poltrona e letto?
Essere magri: moltissime ricerche mediche evidenziano come il tessuto adiposo in eccesso rappresenti il fattore favorente all’instaurarsi di patologie cardiovascolari, diabete e tumori.
Allenarsi con costanza: praticare 2-3 h/settimana di attività sportiva aerobica permette di rallentare moltissimo il decadimento della capacità aerobica.
Continuare a fare esercizi di rinforzo muscolare: se l’attività aerobica mantiene la resistenza e combatte l’eccesso di peso, l’allenamento della forza mantiene la velocità di esecuzione e previene dalle cadute che sono la maggiore causa di decadimento negli anziani.
Bere molto, almeno 2 l di acqua al giorno: mantenersi idratati permette tra l’altro di conservare nel tessuto collagene (quello che costituisce i tendini e l’avvolgimento dei muscoli) la quantità di acqua necessaria a mantenerne l’elasticità.
[message type=”info” title=”American College of Sports Medicine”]Le linee guida proposte dall’American College of Sports Medicine suggeriscono di associare ad un programma di resistenza aerobica, un programma di allenamento della forza per i maggiori gruppi muscolari svolgendo 2-3 serie tra le 10 e le 15 ripetizioni. Tali indicazioni risultano tuttavia molto generiche e non tengono conto delle importanti differenze funzionali tra un soggetto e l’altro. D’altronde è dimostrato che stimoli di intensità troppo bassa (<60% di 1 RM) non producono gli adattamenti ricercati. In anziani fragili sarà opportuno inserire esercizi con pesi liberi (manubri) in posizione eretta per migliorare l’equilibrio.[/message]