Muoviti per tempo! Prenota ora la tua visita medico sportiva

visita medico sportiva torino

La visita medico sportiva rappresenta oggi un pilastro fondamentale nella promozione della salute individuale e nella pratica dell’attività motoria in sicurezza. Spesso percepita come un mero obbligo burocratico per ottenere un certificato di idoneità, questa valutazione è in realtà un vero e proprio strumento diagnostico preventivo, essenziale per chiunque pratichi sport, a livello agonistico o amatoriale.

In questo articolo approfondiamo il valore clinico della visita medico sportiva in Vitalia e spieghiamo perché i mesi estivi sono il periodo ideale per effettuarla.

📈 Oltre il certificato: il valore diagnostico della visita

La visita medico sportiva ha come obiettivo la valutazione dell’idoneità fisica alla pratica dell’attività motoria. Tuttavia, va ben oltre la semplice “idoneità”: è una vera e propria indagine clinica preventiva, che può contribuire a individuare:

🔬 Il protocollo di valutazione Vitalia

Presso Vitalia Progetti Salute, la visita medico sportiva comprende esami clinici e funzionali mirati. Il protocollo include:

🕒 Perché prenotare in estate?

I mesi estivi rappresentano il momento ottimale per sottoporsi alla visita medico sportiva, per motivi sia organizzativi che clinici:

 

Evita le lunghe attese e la corsa dell’ultimo minuto di settembre: prenota la tua visita con anticipo e inizia la nuova stagione sportiva nel modo migliore, senza il rischio di ritardi o certificati non pronti. 

📩  info@vitalia-salute.it

☎️  011 19508752

 

 

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Forza, stabilità, mobilità ma non solo! Alla ricerca dell’armonia del movimento

allenamento funzionale vitalia torino

Allenare la forza è il modo per avere una buona massa muscolare ed è, come abbiamo detto, fondamentale per una longevità sana.

Ma se la finalità è muoversi bene, quanto contano anche la mobilità e la stabilità?

In che ordine vanno allenati?

Questi sono i quesiti che abbiamo posto ad uno dei massimi esperti di prevenzione ed allenamento fisico, Alberto Andorlini, preparatore e riabilitatore nel calcio di altissimo livello (Inter, Siena, Parma, Chelsea, e altro), ed ecco la sua risposta, come sempre affascinante e stimolante.

IERI TRE, OGGI QUATTRO. La teoria dell’allenamento funzionale parla di una terna – esemplare, indissolubile e concorrente – costituita da Mobilità, Stabilità e Forza.

Una triade a sviluppo piramidale in cui la Forza occupa il vertice, non perché sia da considerare “al primo posto”, ma semplicemente perché rappresenta il tassello – l’ultimo appunto – sul quale concentrare la definizione e la costruzione di un movimento tanto economico ed efficace, quanto estetico. Una piramide la cui base è rappresentata dalla ricerca di Mobilità; la cui parte intermedia è occupata dalla ricerca di Stabilità e al cui vertice si posiziona l’uso della Forza.

Nell’Allenamento di un Moto Moderno, attuale, reale, evoluzionistico che ipotizzi un ritorno alla naturalezza di Corpo-Spazio-Movimento, la piramide diventa un tavolo. Con tre gambe, quando si assecondino i dettami di una funzionalità globale sì, ma sostanzialmente circoscritta alla produzione di Esercizio; con quattro gambe qualora si propenda per uno sviluppo corale, sinergico e complesso di tutti quegli elementi che concorrono all’espressione di Movimento. Sì, perché su altri fronti metodologici – dedicati all’allenamento di forme e di funzioni diverse – si parla di un’altra abilità, di un’altra maestria; si parla di Labilità, o “cedevolezza”, o “morbidezza”, o “fluidità”. Il che, tradotto in maniera appena più comprensibile, significa non produrre, ma assorbire; e nell’assorbimento, assecondare il proprio movimento o il movimento degli altri con morbidezza e cedevolezza. In altre parole: gestire Mobilità e Stabilità in situazioni in cui siamo costretti a fare a meno della Forza, o in cui la Forza risulti “in esubero”.

Le quattro abilità – Mobilità, Stabilità, Forza, Labilità – sono correlate in maniera intima e particolare; un po’ come in un gioco di scatole cinesi dove di nessuna delle scatole – sebbene ognuna ne contenga un’altra e a sua volta da un’altra sia contenuta – debba essere considerata in virtù o della sola forma del contenitore o della sola funzione del contenuto. Ogni scatola si rispecchia nelle altre in un gioco armonico fatto di costante equidistribuzione; di bilanciamenti accurati e delicati sbilanciamenti. Ogni tipo di lavoro (mentale, energetico, coordinativo, meccanico) rivolto ad ognuna di esse ha una risonanza diretta sulle altre. Fosse possibile sintetizzare tutto in pochi termini, direi che:

In altri termini: opporsi nei confronti del peso esprime Forza. Assecondare il peso esprime Labilità. Opporsi al tempo genera un moto breve e intenso. Velocità. Assecondare il tempo genera un moto “interminabile e ininterrotto”. Resistenza. Opporsi allo spazio richiede Stabilità. Assecondare lo spazio richiede Mobilità. Opporsi a una sequenza di moto produce una Pausa e trasforma la sequenza in un lavoro intermittente. Assecondare una sequenza produce una Legazione o una Traiettoria.

C’è tutto. Non manca niente. Padroneggiare Mobilità, Stabilità, Forza e Labilità significa riscoprire gli elementi comuni a tutti i movimenti comuni. È allenarsi con l’obiettivo di acquisire tranquillità, ovvero: sicurezza, dominio e padronanza attraverso la conoscenza del proprio corpo e dei movimenti prodotti dal proprio corpo nello spazio.

 

 

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Maratone d’autunno: test ed allenamenti personalizzati per raggiungere l’obiettivo

preparazione alle maratone

Hai in programma una maratona? E’ tempo di iniziare a mettere le basi per raggiungere il tuo obiettivo.

La maratona richiede una programmazione e una cura dei dettagli accurata per essere corsa al meglio. In Vitalia grazie al nostro approccio multidisciplinare curiamo ogni aspetto relativo alla performance, cucendo un programma personalizzato sul singolo atleta.

Da dove partiamo?

Seguiamo un protocollo di test sperimentato da anni su atleti professionisti e amatoriali.

Il primo step è la valutazione del sistema nervoso autonomo con la misurazione della HRV per capire lo stato di benessere generale.

Il secondo step è il test del lattato svolto su treadmill che serve a definire con precisione le intensità di allenamento e valutare le capacità fisiche dell’atleta e orienta la scelta del piano di allenamento.

Usiamo treadmill con superficie a tapparella per simulare al meglio la corsa su strada e misuriamo lattato, FC e percezione dello sforzo. Durante il test analizziamo il gesto tecnico, la cadenza del passo ed effettuiamo riprese in slow motion per scoprire eventuali scompensi che andremo a correggere con trattamenti kinesiologici e/o osteopatici.

Il terzo step è la valutazione corporea per calcolare il peso ideale e per formulare un piano nutrizionale ad hoc per la maratona.

A questo punto, i dati raccolti serviranno alla creazione di un programma di allenamento personalizzato, con la continua supervisione dei dati raccolti durante l’allenamento, in modo da monitorare costantemente il processo di allenamento e modificare il piano in base alla risposta fisiologica dell’atleta.

 

Se hai messo in calendario una maratona è tempo di iniziare a mettere le basi per raggiungere il tuo obiettivo con VAT Vitalia Adaptive Training e Vitalia.  Contattaci per prenotare la tua visita o avere maggiori informazioni. 

 

 

preparazione alle maratone

Per correre bene ci vuole la benzina giusta

 

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30-60-90? Non stiamo dando i numeri. Cerchiamo piuttosto di capire di quanti grammi/ora di carboidrati abbiamo bisogno quando corriamo una maratona o una mezza.

Semplifichiamo subito il problema dicendo che per la mezza maratona, se si è seguita una corretta alimentazione il giorno prima e se la colazione ha fornito un quantitativo di 4-5g/kg di peso di carboidrati a basso indice glicemico, dovrebbe bastare un gel subito prima della partenza.

Più complicato il discorso per la maratona o per un trail dalle 3 h in su. In questo caso è infatti necessario assumere costantemente i carboidrati per poter mantenere ritmi medio alti e non incorrere nel “bonk” che è il classico rallentamento da esaurimento delle scorte di zuccheri.

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Che i carboidraita servano è chiaro, vediamo ora in che quantità assumerli per evitare di eccedere con il rischio di incorrere in disturbi intestinali o di prenderne troppo pochi e calare nella prestazione.

Per fare i conti dobbiamo partire dagli ipotetici consumi di calorie dell’atleta che dipendono da 2 fattori: peso e capacità aerobica. Infatti tanto più un atleta è pesante e veloce tanto maggiore sarà la quantità di calorie/h consumate.

Facciamo un esempio: atleta A, peso 60 kg, velocità di corsa 6’/km consumerà circa 540 kcal/h di cui il 50-70% saranno fornite da carbo, quindi 250-300 kcl che proverranno dalle scorte epatiche e muscolari e quindi basteranno circa 30g/h di integrazione per evitare di svuotare le scorte. Esaminiamo invece un soggetto B di 70 kg che corra a 4’km. In questo caso i consumi saliranno a 950 kcal/h e quindi il fabbisogno orario di carbo, applicando le stesse percentuali salirà a 500-700 kcal/h; anche in questo caso, una buona metà proverrà da muscoli e fegato ma le restanti 250-350 kcal dovranno essere assunte con gel e bevande ed ecco quindi che la dose sarà di 70-90 g/h.

Per riassumere e facilitare possiamo dire grossolanamente che i corridori lenti, quelli da 3h30’ in su, andranno bene con 30-40 g/h, quelli intorno alle 3 h dovranno salire a 50-70 g/h, mentre i più veloci potranno assumere 70-90 g/h.

In conclusione la nostra raccomandazione è comunque quella di allenare lo stomaco ad assumere queste quantità in tutti i lunghi della preparazione e di affiancare alla preparazione delle gara un piano nutrizionale adeguato alla persona e all’obiettivo.

Se stai preparando una maratona, una mezza o un trail contattaci. Insieme studieremo il tuo piano di allenamento e preparazione alla gara affiancandolo a un piano nutrizionale adeguato.

 

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Il monitoraggio dell’allenamento a distanza funziona!

Il 4 dicembre alla maratona di Valencia, Eddy ha chiuso in 2.49’, prestazione di tutto rispetto per un atleta amatoriale che lavora 10 h al giorno.

Ricostruiamo la storia di questo periodo per raccontare cosa è stato fatto e fare qualche considerazione su come ci si può allenare sfruttando al meglio le piattaforme digitali e i wearable.

Il primo test

Il percorso di allenamento è iniziato il 26 agosto con un test di soglia con misurazione del lattato ematico che aveva dato una proiezione sulla maratona di 3.10’ ed un peso di 74,5 kg. L’analisi della curva del lattato evidenziava altresì uno scarso adattamento al ritmo medio e una soglia piuttosto precoce rispetto alla velocità massima.

La pianificazione dell’allenamento

Con questi numeri si è pianificato un programma di allenamento su 4 sedute settimanali finalizzato al miglioramento del passo ai ritmi medi e a un innalzamento della velocità di soglia.

Il lavoro ai ritmi medi è stato svolto la mattina a digiuno e dopo una cena povera di carboidrati che era preceduta da una seduta con ripetute. Questa strategia è finalizzata ad allenarsi con la glicemia più bassa possibile “forzando” così i muscoli ad utilizzare i grassi come fonte energetica. Si ottengono così due benefici: si aumenta il consumo di grassi favorendo il dimagrimento e si “insegna” al muscolo a risparmiare glicogeno, cosa che sarà molto utile sulle lunghe distanze.

I lunghi del fine settimana sono stati organizzati con la seconda fase più veloce della prima in modo da forzare l’organismo a riutilizzare l’acido lattico prodotto.

Infine sono state inserite delle esercitazione sulla cadenza in modo da innalzare i passi al minuto con la finalità di ridurre il rischio di infortuni e aumentare l’efficienza della corsa.

I dati sotto controllo

Ogni allenamento è stato registrato su Garmin Connect che ha permesso di raccogliere anche i dati sul recupero e sul sonno grazie all’analisi dell’HRV (heart rate variability). Il volume e l’intensità settimanali sono stati analizzati monitorando i TSS (training stress score) e IF (intensity factor) in modo da modulare correttamente la progressione dell’allenamento.

Il peso è gradualmente calato mentre la velocità di base e di soglia è cresciuta. I lunghi sono stati contenuti e con due sole sedute oltre i 30 km. e sono serviti a mettere a punto la strategia alimentare sia pre, sia intracompetitiva.

La gara

L’ultima settimana è stata di tapering (riduzione dell’allenamento) tagliando il volume ma mantenendo 2 sedute di richiamo dell’intensità e controllando la qualità del sonno.

L’atleta è arrivato alla gara con ottime sensazioni di frechezza così come confermato anche dal suo Garmin.

La maratona è stata corsa con un parziale di 1.23,02 e quindi nella seconda metà si sono persi 3’ cosa abbastanza normale tra gli amatori.

In sintesi abbiamo dimostrato che si può essere seguiti a distanza ma è comunque necessario effettuare un test iniziale per avere un quadro completo dell’atleta. Il monitoraggio continuo dei dati deve tenere conto di molti parametri per essere in grado di definire il programma.

Se anche tu vuoi essere allenato a distanza, chiamaci, saremo lieti di aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi.

Il test del lattato.

Misurare il lattato durante un test incrementale è il modo migliore per valutare il livello di performance  e programmare l’allenamento

Infatti, se si affronta una corsa ad un ritmo troppo intenso, il lattato prodotto non riescirà più ad essere metabolizzato e si accumulerà nel sangue nel giro di pochi minuti provocando dolore e bruciore muscolare e costringendo l’atleta ad interrompere lo sforzo o a ridurne l’intensità fintanto che il metabolita tossico non venga rimosso. L’intensità di esercizio associata ad un accumulo di acido lattico, viene definita come soglia anaerobica.

Ma che cos’è il lattato o acido lattico? E’ un catabolita prodotto dalla contrazione muscolare che avviene per conversione dell’energia chimica in energia meccanica. La produzione di lattato è in funzione dell’intensità del lavoro muscolare. Entro determinate velocità di corsa, l’acido lattico prodotto viene riutilizzato dai muscoli respiratori e dal cuore dopo essere stato riconvertito dal fegato in glucosio mediante il ciclo di Cori. Oltre questa intensità o soglia, la velocità di produzione del lattato supera la sua velocità di riutilizzo con un conseguente accumulo che, come detto, porta ad un rallentamento del ritmo o ad uno stop.

La misurazione del lattato mediante il prelievo di una goccia di sangue dal lobo dell’orecchio  e con l’utilizzo din uno specifico strumento di misura, permettere quindi di individuare la potenza meccanica e/o la frequenza cardiaca in cui si raggiunge il punto critico in cui l’acido lattico inizia ad accumularsi. Tale velocitàè appunto denominata velocità di soglia.

Da questa introduzione risulta evidente che determinare con precisione la soglia anaerobica permette di fornire un elemento fondamentale per la programmazione dell’allenamento degli sportivi che praticano discipline aerobiche. In effetti maratoneti, ciclisti, triathleti, nuotatori e fondisti si sottopongono regolarmente al test del lattato per verificare il proprio livello di allenamento e per impostare le sedute successive.

Come si misura il lattato – tipologie di test in laboratorio e sul campo

I test che permettono di calcolare la soglia anaerobica possono essere condotti in laboratorio o su campo: i primi vengono di solito svolti su treadmill . Il vantaggio del test in laboratorio consiste nella possibilità di annullare le variabili che possono influenzare la prestazione quali il vento, la temperatura e l’umidità.

Inoltre, l’uso del tapisroulant consente di definire con precisione la velocità, mentre sul campo l’atleta deve essere in grado di gestire l’andatura in maniera autonoma. Se ciò è fattibile per un atleta evoluto, non lo è per un podista di livello medio.

Comunque, anche in laboratorio bisogna rispettare dei criteri generali per una valutazione affidabile che possono essere riassunti in tre punti principali:

  1. non effettuare allenamenti particolarmente intensi nella giornata precedente il test
  2. alimentarsi in maniera adeguata (come se si dovesse affrontare una gara)
  3. svolgere un riscaldamento di almeno 20 min. con delle fasi finali ad alta intensità

Dal momento che la produzione di acido lattico è condizionata dalla muscolatura impegnata nel gesto atletico, è fondamentale che la prova in laboratorio sia condotta utilizzando l’ergometro specifico in funzione dello sport praticato, quindi treadmill per podisti e cicloergometro per i ciclisti.

Come si interpreta il test in funzione del tipo di gara

Secondo Mader, il fisiologo che ha codificato il protocollo descritto, la soglia anaerobica coincide con il valore delle 4 mmoli di lattato per ml. Tuttavia tecnici e medici che lavorano con sportivi di buon livello hanno verificato che il valore fisso proposto da Mader mal si adatta all’interpretazione di molti test.

Ciò che più si correla con la prestazione non è infatti il valore delle 4 mmoli quanto il punto di impennata della curva lattato-velocità di corsa. Altri autori sostengono che la “prima soglia”, quella a cui per intendersi si svolge il lungo, dovrebbe corrispondere ad un valore di 0,5 mmoli più alto del basale, la “seconda soglia” coinciderebbe invece con un valore di 2 mmoli superiori al primo. Per fare un esempio: se al termine di riscaldamento l’atleta mostra un valore di 1,1 mmoli di lattato (LA), la prima soglia si collocherà a 1,6 mmoli e la soglia anaerobica coinciderà con le 3,6 mmoli/l.

Ciò che inoltre deve essere considerato è l’andamento generale della curva che dovrà essere molto “piatta” ed impennare solo verso la fine nel caso di triathleti e maratoneti (fig. sopra), mentre nel caso di mezzofondisti o podisti che gareggiano su distanze tra i 5 ed i 10 km l’andamento sarà più graduale con un maggiore produzione di lattato. Queste considerazioni guideranno il preparatore atletico nel costruire il periodo di allenamento in modo da ottenere i miglioramenti ricercati.

Perché è utile svolgere un test lattato?

Il test del lattato è il metodo per elezione per la definizione dei ritmi di allenamento e delle staretgie di programmazione delle sedute. Infatti, la definizione della soglia aerobica ed anaerobica permettono di definire a quali velocità (o frequenze cardiache) l’atleta/amatore deve correre nei diversi mezzi allenanti (fondo lento, medio, ripetute ecc). Inoltre, l’interpretazione dell’andamento delle curve di accumulo di LA permette di indentificare punti di forza e carenze dell’atleta ed impostare quindi un piano di lavoro maggiormente individualizzato.

A chi è rivolto il test del lattato?

Il test del lattato non è particolarmente invasivo ne impegnativo. Pertanto è alla portata di tutti. Da chi si avvicina alla corsa e vuole potersi allenare in maniera consapevole e controllata a chi, avendo già un maggior bagaglio di esperienza, voglia incrementare le proprie performance o preparare una gara specifica. L’individuazione dei propri livelli di soglia è utile (se non fondamentale) per ogni atleta/amatore, per permettere un processo di allenamento più preciso.

Quando e ogni quanto tempo bisogna svolgere il test del lattato?

Il test del lattato può essere svolto tra le fasi principali di una preparazione, per monitorare con una cadenza ragionevole le modificazioni fisiologiche apportate dal programma di allenamento. Allo stesso modo, è conveniente svolgerlo quando si inizia a “fare sul serio” con la corsa, per evitare di incorrere negli errori classici del podista, quali correre il lungo al ritmo del medio o svolgere tutti gli allenamenti alla stessa velocità (entrambi questi errori portano con il tempo al decadimento della performance o all’infortunio).

La cadenza del test non è prestabilita a priori. Gli atleti evoluti lo svolgono anche ogni 1-2mesi, ma spesso può essere sufficiente svolgerlo 1-2 volte l’anno, in base ai proprio programmi di allenamento e competizione.

Conclusioni

Il test del lattato è uno dei metodi più affidabili e precisi per individuare la velocità di soglia e per calcolare le velocità del fondo medio e lungo. La sua ripetizione nel corso della stagione può essere utile per verificare l’andamento della forma e per correggere i ritmi di lavoro.

L’analisi della curva del lattato può rivelare all’allenatore eventuali carenze o eccessi nell’allenamento e quindi suggerire correzioni in funzione della distanza di gara da preparare.

Rispettare gli accorgimenti indicati nel secondo paragrafo è indispensabile per ottenere risultati validi.

Glicemia sotto controllo

Conoscere il valore della glicemia durante la giornata è fondamentale sia per chi vuole perdere peso, sia per chi è alla ricerca della prestazione ed, in generale, per chi vuole sentirsi bene attraverso alimentazione ed esercizio.

Fino ad ora si è cercato di creare piani alimentari che, attraverso la scelta degli alimenti e del timing di assunzione potessero raggiungere l’effetto desiderato. Oggi è invece possibile spingersi oltre ed avere dati oggettivi sulla risposta dell’organismo con l’uso di un biosensore che misura la glicemia nel tempo.

Come funziona il Biosensore

Si tratta di un piccolo bottone da applicare al braccio e che attraverso un sottilissimo micro ago rileva gli zuccheri accumulati nell’interstizio cellulare, in continuo per 15 giorni inviando i dati ad un app dedicata. Gli stessi dati sono visualizzati anche dal nutrizionista che può interagire, inviando messaggi e consigli per correggere l’alimentazione e fornire tecniche diverse e indicazioni utili a gestire la glicemia.

Perché è utile 

Uno degli obiettivi principali di un corretta piano nutrizionale è tenere stabile la glicemia e quindi l’insulina nel quotidiano e di mantenerla alta durante le attività sportive intense e prolungate.

E’ infatti ben risaputo che i picchi di glucosio nel sangue inducono una risposta dell’insulina che manda gli zuccheri nelle cellule muscolari e del fegato dove hanno due strade: essere utilizzati per produrre energia, se si sta facendo esercizio, o essere trasformati in grassi nel caso si sia inattivi.

Ci sono però molti fattori che interagiscono e uno stesso alimento, assunto in situazioni e abbinamenti nutrizionali differenti, può dare una risposta glicemica alterata.

Quindi, una dieta, per quanto corretta, può avere un impatto diverso sulla persona e la risposta può essere valutata soltanto nel tempo. Ora, grazie al biosensore il controllo è immediato e le correzioni possono essere fatte subito ottimizzando i risultati e i tempi.

A chi è utile

Chi deve perdere massa grassa potrà controllare la glicemia nelle ore di inattività, mantenendola su valori contenuti e riuscendo a gestire eventuale senso di fame.

Gli sportivi che praticano attività di endurance come corsa, ciclismo, triathlon, sci di fondo, trail, potranno verificare di essere sempre

correttamente alimentati per evitare cali di prestazione e per ottimizzare la performance.

Le persone con valori pressori elevati e iperglicemia o diabete di Tipo II avranno uno strumento incredibile per mantenere il controllo dell’insulina ed evitare gli effetti pro-infiammatori di una dieta errata.

Soggetti con squilibri ormonali e disturbi quali emicrania, ovaio policistico, endometriosi, infertilità potranno lavorare con l’aiuto del nutrizionista su una dieta antinfiammatoria adattata alle proprie esigenze.

Composizione corporea, piano nutrizionale, biosensore.

Il servizio prevede un’accurata analisi della composizione corporea, grazie alla quale si ottengono dati sull’idratazione, sull’infiammazione, sul grasso corporeo e sulla massa muscolare.

Si passa quindi alla formulazione del piano nutrizionale che terrà conto delle eventuali patologie e dell’attività fisica svolta. Si applicherà quindi il biosensore che invierà i dati all’app e al nutrizionista.

Chiamaci per saperne di più

1: Shah VN, DuBose SN, Li Z, Beck RW, Peters AL, Weinstock RS, Kruger D, Tansey M, Sparling D, Woerner S, Vendrame F, Bergenstal R, Tamborlane WV, Watson SE, Sherr J. Continuous Glucose Monitoring Profiles in Healthy Nondiabetic Participants: A Multicenter Prospective Study. J Clin Endocrinol Metab. 2019 Oct 1;104(10):4356-4364. doi: 10.1210/jc.2018-02763. Erratum in: J Clin Endocrinol Metab. 2022 Mar 24;107(4):e1775-e1776. PMID: 31127824; PMCID: PMC7296129.

 

2: Holzer R, Bloch W, Brinkmann C. Continuous Glucose Monitoring in Healthy Adults-Possible Applications in Health Care, Wellness, and Sports. Sensors (Basel). 2022 Mar 5;22(5):2030. doi: 10.3390/s22052030. PMID: 35271177; PMCID: PMC8915088.

 

La potenza, la cadenza e la forza nella corsa. Come migliorare l’efficienza e ridurre gli infortuni

Nei prossimi mesi ci saranno spesso condizioni difficili per correre e pedalare outdoor, ma avere un buon programma indoor può rappresentare una validissima alternativa e offrire un allenamento di altissima qualità. Un buon treadmill o dei rulli smart sono infatti collegabili ad app esterne (Training Peaks, Garmin, ecc.) che permettono di eseguire un programma specifico e cioè disegnato sulle caratteristiche personali e sugli obiettivi agonistici.

Il più grande vantaggio dei simulatori è quella di poter disaccoppiare due variabili come la cadenza e la potenza o la potenza e la forza. Cerchiamo di spiegarci: se sul treadmill si fissa una velocità di 12 km/h corrisponenti a un passo di 5’/km, si potranno fare delle variazioni di cadenza passando da 160 a 170-175 passi al minuto forzando la muscolatura ad attivarsi in modo molto diverso ma la potenza (lavoro/tempo) resterà uguale perchè la velocità è fissa. Quindi a cambiare sarà la forza che sarà più alta alla cadenza più lenta perchè dovrà permettere di sviluppare passi più lunghi e più bassa quando si aumenta la cadenza.

Il controllo della corsa

Questi concetti e queste tecniche di allenamento applicate alla corsa sono  in parte conosciute nel ciclismo ma molto innovative nel running. Sappiamo che correndo all’esterno è quasi impossibile aumentare o diminuire la cadenza senza variare la velocità con il risultante incremento di potenza (watt) quando si aumenta la cadenza. Su un treadmill, invece, si possono attuare variazioni di cadenza a velocità fissa mantenendo quindi la stessa potenza. Si isola in questo modo l’unica variabile rimasta che è la forza muscolare: se si fanno meno passi/minuto, il tempo di contrazione muscolare sarà più lungo e la tensione delle fibre maggiore, se invece si aumenta la cadenza, la forza muscolare impiegata sarà minore ma si chiederà al sistema nervoso e ai muscoli una maggiore rapidità di azione. Ecco quindi che combinando in vario modo variazioni di velocità e cadenza si può organizzare una seduta che dia degli stimoli nuovi alla muscolatura e che la renda più pronta a cambiare ritmo durante la corsa.

Andamento di potenza, velocità e cadenza durante una corsa.

 

Quali sono i vantaggi

Innanzitutto la possibilità di aumentare gradualmente la cadenza di corsa. In questo modo sarà più facile sviluppare una potenza e quindi una velocità superiore senza aumentare le forze di impatto e il carico su muscoli e tendini. In soldoni, minor rischio di patologie da sovraccarico e maggior economia di corsa.

Molti amatori tendono a correre con una cadenza di passi troppo bassa e questo comporta un maggior carico sulle articolazioni e un maggior dispendio energetico, ma per alzare la cadenza bisogna lavorare in maniera specifica “insegnando” al cervello a mandare un maggior numero di impulsi al minuto e a farlo senza “stancarsi” per tempi piuttosto lunghi.

Per questo tipo di lavoro il treadmill è ideale. Alcuni, come il Technogym Skill Run, mostrano sullo schermo oltre a velocità e pendenza, anche la potenza espressa in watt e la cadenza, ma se non si ha a disposizione un attrezzo così evoluto, si può utilizzare un cardio GPS di ultima generazione, come ad esempio Garmin; che evidenzia cadenza e potenza o i sensori che si applicano alle calzature come Stryd o Runscribe.

 

Effects of high vs. low cadence training on cyclists’ brain cortical activity during exercise. Ludyga S, Gronwald T, Hottenrott K. J Sci Med Sport. 2016 Apr

Influence of stride frequency and length on running mechanics: a systematic review. Schubert AG, Kempf J, Heiderscheit BC. Sports Health. 2014 May

Dai test periodici al monitoraggio continuo. Come l’AI cambierà l’allenamento

C’erano una volta i test, quelli fatti in laboratorio da fisiologi e medici dello sport affiancati dai metodologi dall’allenamento pronti a tradurre i dati di quelle prove in sofisticati programmi di allenamento suddivisi in macro, meso e microcicli. Tabelle dense di numeri che sarebbero state messe in atto dai corridori motivati a migliorare le proprie prestazioni, soffrendo e stringendo i denti pur di mantener fede al programma.
Poi, a distanza di qualche mese, si tornava in laboratorio e si ripetevano le procedure per confrontare i dati e discutere sulle variazioni. Bene, così era e così era giusto fare.

Dalla fotografia al film

Si “fotografava” la condizione di “quel” momento. Tra un test ed il successivo, c’erano i dati dei km fatti e dei dislivelli, poco altro.
L’avvento dei cardiofrequenzimetri ha permesso di acquisire un elemento in più sulla risposta organica ai carichi di lavoro e poi sono arrivati i misuratori di potenza e sul cruscotto di monitoraggio si è aggiunto un altro importante display e negli ultimi anni la lista si è allungata con i wearable che monitorizzano il sonno, il respiro, la riserva di energia, il livello di glucosio nel sangue. Adesso, volendo, possiamo sapere ogni giorno quello che succede all’atleta. E’ come se potessimo “filmare” ogni momento della sua vita. La differenza è proprio questa: siamo passati dalla fotografia al cinema. La fotografia poteva essere fatta benissimo da eccellenti fotografi e con ottimi apparecchi e poteva essere in grado di dettagliare le differenze tra un momento ed il successivo ma non poteva dirci cosa aveva causato quelle differenze. Le fotografie erano come i test. Se i parametri miglioravano tra una data e la seguente si poteva speculare sugli effetti dell’allenamento ma si restava comunque nel campo delle ipotesi e mancava qualsiasi riscontro obiettivo. Ora la situazione è del tutto diversa, oggi è possibile avere ogni giorno una quantità impressionante di dati, non solo inerenti l’allenamento, ma anche quelli di salute generale e di lifestyle.

Ma serve davvero avere tutti questi dati?
La domanda è retorica: certo che serve. Ma il problema è un altro: come si fa a interpretarli? Cerchiamo di capire il nocciolo della questione. Quando i dati sono 2 o 3, metterli in correlazione è abbastanza facile: posso vedere come si comporta la FC al variare dei watt spinti e dalla correlazione deduco la fatica, lo stato di forma e volendo il profilo di potenza. Questa è ormai pratica comune anche nel ciclismo amatoriale avanzato. Le piattaforme digitali (Garmin, Strava, Training Peak) sono di grande aiuto per archiviare i dati e visualizzarli in modo semplice ma efficace. Oggi, chiunque è in grado di conoscere il volume e l’intensità dell’allenamento svolto e di “interpretare” le sensazioni incrociandole con dati oggettivi come il TSS e l’IF per evitare di sbagliare completamente la preparazione.
Ma il gioco si potrebbe portare a un livello più alto: proviamo infatti ad aggiungere i dati relativi al sonno, all’equilibrio del sistema nervoso autonomo, al livello di energia al mattino, alla misurazione continua della glicemia in allenamento e in corsa. E’ evidente che il set di dati diventerà molto più complesso da interpretare. Complesso ma affascinante per le prospettive aperte da uno scenario del genere.

Visualizzazione della potenza e velocità di corsa

Prospettive che possono stravolgere il mondo della preparazione e dell’allenamento.
Partiamo da un presupposto: la programmazione dell’allenamento viene attualmente fatta in base ai noti principi dell’adattamento al carico, della supercompensazione, dei tempi di recupero e il tutto viene organizzato in funzione del calendario agonistico per cercare di raggiungere il top di forma in occasione della gara. Quindi tutti i ragionamenti si basano su un modello aprioristico, cioè le regole dell’esperienza dicono questo e questo viene fatto. Il sistema essendo però empirico ed aprioristico sebbene fondato su inequivocabili misurazioni fisiologiche non riesce a tenere in conto le variabili giornaliere che possono dipendere da molti fattori che creano perturbazioni nella fisiologia dell’atleta. Infatti i parametri di equilibrio del sistema nervoso autonomo che determinano la capacità di adattamento psicofisico a situazioni di stress sono un affidabile indice per predire la performance e variano proprio in funzione di stress acuti o cronici, errori di alimentazioni, alterazioni del sonno, eccesso o carenza di allenamento. Se non si tiene conto di ciò il rischio è quello di svolgere allenamenti troppo intensi e che invece di aumentare il livello di performance lo abbassano. Quindi il monitoraggio continuo, il film invece della fotografia, può guidare l’allenamento evitando di “caricare” troppo nel momento sbagliato o troppo poco nel momento giusto. E per “momento” si intende la situazione puntuale di salute, quella in cui l’atleta è al massimo delle proprie possibilità per fare una performance ottimale, che sia gara o allenamento non importa.

Visualizzazione del sonno e della prontezza all’allenamento

I dati che abbiamo finora raccolto ci indicano una forte correlazione statistica tra qualità del sonno misurata con i wearable al polso e il punteggio di “prontezza” del sistema nervoso autonomo. In altri casi abbiamo evidenziato come a bassi livelli di attivazione del sistema nervoso corrispondessero performance di scarsa qualità in cui l’atleta riferiva la difficoltà di “far salire il cuore”.
Il CGM (continuous glucose monitoring), l’ultimo arrivato tra i sensori, aiuta enormemente ad evitare di viaggiare in riserva e di trovarsi all’improvviso in una crisi di fame, ed inoltre educa l’atleta amatoriale a mangiare in modo corretto evitando i picchi di glicemia e mantenendone costante il valore negli allenamenti lunghi.
Ma si sta già parlando di rilevatori dell’acido lattico e dello stato di idratazione.

 

Ecco, è affascinante pensare che tutti i dati che si possono ottenere possano tra qualche tempo essere messi in correlazione e, attraverso tecniche di AI, possano fornire indicazioni per gestire al meglio l’allenamento e la prestazione degli atleti. Alla base di tutto resterà l’atleta, con il suo patrimonio genetico, la sua capacità di soffrire e la sua intelligenza nel capire la gara e gli avversari.
Qualcuno, come al solito, griderà allo scandalo e si indignerà per uno sport arido e guidato dalla tecnologia. A queste critiche possiamo rispondere che in fondo c’è sempre l’Eroica e che se non si ama la F1 c’è la Mille Miglia.

Effects of HRV-Guided vs. Predetermined Block Training on Performance, HRV and Serum Hormones

Aku Nikander , Dmitry Polomoshnov , Jari Antero LaukkanenKeijo Häkkinen  1

Int. J sport Med 2017 Sep 26

Sleep and Athletic Performance: Impacts on Physical Performance, Mental Performance, Injury Risk and Recovery, and Mental Health. Charest J, Grandner MA. Sleep Med Clin. 2020 Mar

Influence of stride frequency and length on running mechanics: a systematic review. Schubert AG, Kempf J, Heiderscheit BC. Sports Health. 2014 May

Effects of high vs. low cadence training on cyclists’ brain cortical activity during exercise. Ludyga S, Gronwald T, Hottenrott K. J Sci Med Sport. 2016 Apr

Application of Continuous Glucose Monitoring for
Assessment of Individual Carbohydrate Requirement
during Ultramarathon Race

Kengo Ishihara Nutrients 2020, 12, 1121

Wearables for Heart Rate Variability (HRV) Measurement: Analysis of Data Quality and Issues with Data Interpretation | by Marco Altini | Oct, 2022 | Medium

Corsa e ciclismo indoor? Allenamento di precisione

Forse non ci sono sport più legati al concetto dell’outdoor della corsa e del ciclismo, e tuttavia anche in queste discipline gli atleti si sono trovati a dover fare i conti con i divieti di attività all’aperto. Ovvio quindi iniziare a parlare di treadmill, smart trainer e pesi per evitare di perdere completamente lo stato di forma raggiunto finora.

Corsa e ciclismo sono l’esaltazione della resistenza, soprattutto nelle specialità più lunghe, e pertanto necessitano di molte ore di pratica per costruire la base aerobica necessaria a sostenere uno sforzo prolungato e per di più costante e continuo. Non poter effettuare allenamenti estensivi comporta inevitabilmente la perdita di alcuni adattamenti come ad esempio la massa plasmatica da cui dipende la quantità di emoglobina totale e quindi l’apporto di ossigeno ai muscoli e la capacità di usare i grassi come principale fonte energetica. Questi due fattori sono infatti direttamente correlati al volume di allenamento svolto, soprattutto quello a bassa e media intensità ed è quindi inutile cercare di mantenerli ora facendo sedute indoor eccessivamente lunghe. Meglio quindi focalizzarsi su altri aspetti della performance.

Focalizzazione dell’allenamento indoor

I due sport in esame richiedono un programma di allenamento poliedrico che prenda in esame le varie componenti della performance:

  1. Forza L’allenamento della forza dovrebbe essere orientato verso il rinforzo del core sia per la performance sia per la prevenzione, a ciò si dovrà aggiungere un programma di esercizi di forza generale e di forza funzionale che saranno utili soprattutto nel nuoto e nella corsa.
  2. Sia nella corsa che nel ciclismo si dovrà curare la tecnica del gesto perché migliorandola si riuscirà ad essere più efficienti ovvero ad andare più forte a parità di dispendio energetico. La focalizzazione sarà quindi sulla cadenza e sulla rotondità della pedalata nella bici e sulla frequenza di passo nella corsa. Aumentare anche di poco questi parametri sarà un risultato tangibile. I simulatori si prestano benissimo a questo tipo di lavoro perché permettono di concentrarsi sul gesto senza le distrazioni e le variabili dell’outdoor.
  3. Capacità organiche. L’allenamento delle qualità organiche si otterrà invece con sedute di sintesi con frequenti variazioni del carico e con ripetute brevi e medie sui valori di soglia o di massima intensità alternate a fasi più lunghe al ritmo medio. Lo scopo è quello di non perdere la VO2 max e le capacità neuromuscolari.

Potrebbe inoltre essere utile ricorrere alla Reverse Periodization che viene usata da chi vive in paesi dove le condizioni atmosferiche non consentono di uscire. In pratica si tratta di focalizzarsi sulla qualità del lavoro indoor che deve puntare a sedute di circa 1 h ricche di fasi brevi ma intense. Ciò consentirà di poter tornare agli allenamenti all’aperto con valori alti di VO2. Da qui si ripartirà con aumenti di volume graduali. Inoltre, le sedute brevi non diminuiranno le difese dell’organismo, anzi avranno l’effetto di aumentare la capacità di potenziamento del sistema immunitario.

Organizzazione delle sedute

Prima di iniziare il programma indoor bisognerà conoscere i propri valori di soglia sia nella corsa che nel ciclismo. Ciò può essere fatto eseguendo dei test o risalendo agli ultimi dati raccolti negli allenamenti all’esterno prima della sospensione dell’attività.

Uno schema di lavoro può essere il seguente:

Seduta 1

40’ bici

5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte

3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM

4-5 serie di SFR (salite di forza-resistenza) di 2’ a 50 RPM ad intensità media con 1’ di recupero dopo ogni ripetuta a intensità leggera e 90 RPM

3-4 ripetute di 4-5 minuti dal fondo medio alla soglia con cadenza incrementale e 2-3’ di recupero ad intensità leggera e 85-90 RPM

5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM

40’ corsa

10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)

20’ al medio alto

10’ finali al fondo lungo

Seduta 2

40’ bici

5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte

3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM

4-5 serie di SFR (salite di forza-resistenza) di 2’ a 50 RPM ad intensità media con 1’ di recupero dopo ogni ripetuta a intensità leggera e 90 RPM

2 ripetute di 5-7’ al medio a 95 RPM con 2-3’ di recupero in agilità

5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM

50’ corsa

10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)

4 x 5’ alla soglia con 2’ di recupero in agilità

10’ finali al fondo lungo

Seduta 3

Allenamento di forza: core stability, forza base e esercizi funzionali

40’ bici

5-7’ di riscaldamento progressivo con fasi di 30” a potenza e cadenza alte

3-4’ di progressione al medio con cadenza da 70 a 90 RPM

4 serie 1’ alla soglia e 1’

3-4 ripetute di 4-5 minuti dal fondo medio alla soglia con cadenza incrementale e 2-3’ di recupero ad intensità leggera e 85-90 RPM

5-7’ di defaticamento a bassa intensità e 90 RPM

O in alternativa

40’ corsa

10’ ritmo medio con variazioni del passo di 30” (ad esempio salire e scendere di 5 passi al minuto rispetto al proprio valore base)

20’ al medio alto

10’ finali al fondo lungo

Conclusioni

L’allenamento indoor può essere un momento di costruzione e di miglioramento. Bisogna focalizzarsi sulla qualità e lavorare su tutto ciò che di solito si tralascia quando si dà peso solo alle ore ed ai km percorsi. Correre e pedalare su un simulatore allena la tecnica più di quanto lo si possa fare in outdoor.