La potenza, la cadenza e la forza nella corsa. Come migliorare l’efficienza e ridurre gli infortuni

Nei prossimi mesi ci saranno spesso condizioni difficili per correre e pedalare outdoor, ma avere un buon programma indoor può rappresentare una validissima alternativa e offrire un allenamento di altissima qualità. Un buon treadmill o dei rulli smart sono infatti collegabili ad app esterne (Training Peaks, Garmin, ecc.) che permettono di eseguire un programma specifico e cioè disegnato sulle caratteristiche personali e sugli obiettivi agonistici.

Il più grande vantaggio dei simulatori è quella di poter disaccoppiare due variabili come la cadenza e la potenza o la potenza e la forza. Cerchiamo di spiegarci: se sul treadmill si fissa una velocità di 12 km/h corrisponenti a un passo di 5’/km, si potranno fare delle variazioni di cadenza passando da 160 a 170-175 passi al minuto forzando la muscolatura ad attivarsi in modo molto diverso ma la potenza (lavoro/tempo) resterà uguale perchè la velocità è fissa. Quindi a cambiare sarà la forza che sarà più alta alla cadenza più lenta perchè dovrà permettere di sviluppare passi più lunghi e più bassa quando si aumenta la cadenza.

Il controllo della corsa

Questi concetti e queste tecniche di allenamento applicate alla corsa sono  in parte conosciute nel ciclismo ma molto innovative nel running. Sappiamo che correndo all’esterno è quasi impossibile aumentare o diminuire la cadenza senza variare la velocità con il risultante incremento di potenza (watt) quando si aumenta la cadenza. Su un treadmill, invece, si possono attuare variazioni di cadenza a velocità fissa mantenendo quindi la stessa potenza. Si isola in questo modo l’unica variabile rimasta che è la forza muscolare: se si fanno meno passi/minuto, il tempo di contrazione muscolare sarà più lungo e la tensione delle fibre maggiore, se invece si aumenta la cadenza, la forza muscolare impiegata sarà minore ma si chiederà al sistema nervoso e ai muscoli una maggiore rapidità di azione. Ecco quindi che combinando in vario modo variazioni di velocità e cadenza si può organizzare una seduta che dia degli stimoli nuovi alla muscolatura e che la renda più pronta a cambiare ritmo durante la corsa.

Andamento di potenza, velocità e cadenza durante una corsa.

 

Quali sono i vantaggi

Innanzitutto la possibilità di aumentare gradualmente la cadenza di corsa. In questo modo sarà più facile sviluppare una potenza e quindi una velocità superiore senza aumentare le forze di impatto e il carico su muscoli e tendini. In soldoni, minor rischio di patologie da sovraccarico e maggior economia di corsa.

Molti amatori tendono a correre con una cadenza di passi troppo bassa e questo comporta un maggior carico sulle articolazioni e un maggior dispendio energetico, ma per alzare la cadenza bisogna lavorare in maniera specifica “insegnando” al cervello a mandare un maggior numero di impulsi al minuto e a farlo senza “stancarsi” per tempi piuttosto lunghi.

Per questo tipo di lavoro il treadmill è ideale. Alcuni, come il Technogym Skill Run, mostrano sullo schermo oltre a velocità e pendenza, anche la potenza espressa in watt e la cadenza, ma se non si ha a disposizione un attrezzo così evoluto, si può utilizzare un cardio GPS di ultima generazione, come ad esempio Garmin; che evidenzia cadenza e potenza o i sensori che si applicano alle calzature come Stryd o Runscribe.

 

Effects of high vs. low cadence training on cyclists’ brain cortical activity during exercise. Ludyga S, Gronwald T, Hottenrott K. J Sci Med Sport. 2016 Apr

Influence of stride frequency and length on running mechanics: a systematic review. Schubert AG, Kempf J, Heiderscheit BC. Sports Health. 2014 May

Dai test periodici al monitoraggio continuo. Come l’AI cambierà l’allenamento

C’erano una volta i test, quelli fatti in laboratorio da fisiologi e medici dello sport affiancati dai metodologi dall’allenamento pronti a tradurre i dati di quelle prove in sofisticati programmi di allenamento suddivisi in macro, meso e microcicli. Tabelle dense di numeri che sarebbero state messe in atto dai corridori motivati a migliorare le proprie prestazioni, soffrendo e stringendo i denti pur di mantener fede al programma.
Poi, a distanza di qualche mese, si tornava in laboratorio e si ripetevano le procedure per confrontare i dati e discutere sulle variazioni. Bene, così era e così era giusto fare.

Dalla fotografia al film

Si “fotografava” la condizione di “quel” momento. Tra un test ed il successivo, c’erano i dati dei km fatti e dei dislivelli, poco altro.
L’avvento dei cardiofrequenzimetri ha permesso di acquisire un elemento in più sulla risposta organica ai carichi di lavoro e poi sono arrivati i misuratori di potenza e sul cruscotto di monitoraggio si è aggiunto un altro importante display e negli ultimi anni la lista si è allungata con i wearable che monitorizzano il sonno, il respiro, la riserva di energia, il livello di glucosio nel sangue. Adesso, volendo, possiamo sapere ogni giorno quello che succede all’atleta. E’ come se potessimo “filmare” ogni momento della sua vita. La differenza è proprio questa: siamo passati dalla fotografia al cinema. La fotografia poteva essere fatta benissimo da eccellenti fotografi e con ottimi apparecchi e poteva essere in grado di dettagliare le differenze tra un momento ed il successivo ma non poteva dirci cosa aveva causato quelle differenze. Le fotografie erano come i test. Se i parametri miglioravano tra una data e la seguente si poteva speculare sugli effetti dell’allenamento ma si restava comunque nel campo delle ipotesi e mancava qualsiasi riscontro obiettivo. Ora la situazione è del tutto diversa, oggi è possibile avere ogni giorno una quantità impressionante di dati, non solo inerenti l’allenamento, ma anche quelli di salute generale e di lifestyle.

Ma serve davvero avere tutti questi dati?
La domanda è retorica: certo che serve. Ma il problema è un altro: come si fa a interpretarli? Cerchiamo di capire il nocciolo della questione. Quando i dati sono 2 o 3, metterli in correlazione è abbastanza facile: posso vedere come si comporta la FC al variare dei watt spinti e dalla correlazione deduco la fatica, lo stato di forma e volendo il profilo di potenza. Questa è ormai pratica comune anche nel ciclismo amatoriale avanzato. Le piattaforme digitali (Garmin, Strava, Training Peak) sono di grande aiuto per archiviare i dati e visualizzarli in modo semplice ma efficace. Oggi, chiunque è in grado di conoscere il volume e l’intensità dell’allenamento svolto e di “interpretare” le sensazioni incrociandole con dati oggettivi come il TSS e l’IF per evitare di sbagliare completamente la preparazione.
Ma il gioco si potrebbe portare a un livello più alto: proviamo infatti ad aggiungere i dati relativi al sonno, all’equilibrio del sistema nervoso autonomo, al livello di energia al mattino, alla misurazione continua della glicemia in allenamento e in corsa. E’ evidente che il set di dati diventerà molto più complesso da interpretare. Complesso ma affascinante per le prospettive aperte da uno scenario del genere.

Visualizzazione della potenza e velocità di corsa

Prospettive che possono stravolgere il mondo della preparazione e dell’allenamento.
Partiamo da un presupposto: la programmazione dell’allenamento viene attualmente fatta in base ai noti principi dell’adattamento al carico, della supercompensazione, dei tempi di recupero e il tutto viene organizzato in funzione del calendario agonistico per cercare di raggiungere il top di forma in occasione della gara. Quindi tutti i ragionamenti si basano su un modello aprioristico, cioè le regole dell’esperienza dicono questo e questo viene fatto. Il sistema essendo però empirico ed aprioristico sebbene fondato su inequivocabili misurazioni fisiologiche non riesce a tenere in conto le variabili giornaliere che possono dipendere da molti fattori che creano perturbazioni nella fisiologia dell’atleta. Infatti i parametri di equilibrio del sistema nervoso autonomo che determinano la capacità di adattamento psicofisico a situazioni di stress sono un affidabile indice per predire la performance e variano proprio in funzione di stress acuti o cronici, errori di alimentazioni, alterazioni del sonno, eccesso o carenza di allenamento. Se non si tiene conto di ciò il rischio è quello di svolgere allenamenti troppo intensi e che invece di aumentare il livello di performance lo abbassano. Quindi il monitoraggio continuo, il film invece della fotografia, può guidare l’allenamento evitando di “caricare” troppo nel momento sbagliato o troppo poco nel momento giusto. E per “momento” si intende la situazione puntuale di salute, quella in cui l’atleta è al massimo delle proprie possibilità per fare una performance ottimale, che sia gara o allenamento non importa.

Visualizzazione del sonno e della prontezza all’allenamento

I dati che abbiamo finora raccolto ci indicano una forte correlazione statistica tra qualità del sonno misurata con i wearable al polso e il punteggio di “prontezza” del sistema nervoso autonomo. In altri casi abbiamo evidenziato come a bassi livelli di attivazione del sistema nervoso corrispondessero performance di scarsa qualità in cui l’atleta riferiva la difficoltà di “far salire il cuore”.
Il CGM (continuous glucose monitoring), l’ultimo arrivato tra i sensori, aiuta enormemente ad evitare di viaggiare in riserva e di trovarsi all’improvviso in una crisi di fame, ed inoltre educa l’atleta amatoriale a mangiare in modo corretto evitando i picchi di glicemia e mantenendone costante il valore negli allenamenti lunghi.
Ma si sta già parlando di rilevatori dell’acido lattico e dello stato di idratazione.

 

Ecco, è affascinante pensare che tutti i dati che si possono ottenere possano tra qualche tempo essere messi in correlazione e, attraverso tecniche di AI, possano fornire indicazioni per gestire al meglio l’allenamento e la prestazione degli atleti. Alla base di tutto resterà l’atleta, con il suo patrimonio genetico, la sua capacità di soffrire e la sua intelligenza nel capire la gara e gli avversari.
Qualcuno, come al solito, griderà allo scandalo e si indignerà per uno sport arido e guidato dalla tecnologia. A queste critiche possiamo rispondere che in fondo c’è sempre l’Eroica e che se non si ama la F1 c’è la Mille Miglia.

Effects of HRV-Guided vs. Predetermined Block Training on Performance, HRV and Serum Hormones

Aku Nikander , Dmitry Polomoshnov , Jari Antero LaukkanenKeijo Häkkinen  1

Int. J sport Med 2017 Sep 26

Sleep and Athletic Performance: Impacts on Physical Performance, Mental Performance, Injury Risk and Recovery, and Mental Health. Charest J, Grandner MA. Sleep Med Clin. 2020 Mar

Influence of stride frequency and length on running mechanics: a systematic review. Schubert AG, Kempf J, Heiderscheit BC. Sports Health. 2014 May

Effects of high vs. low cadence training on cyclists’ brain cortical activity during exercise. Ludyga S, Gronwald T, Hottenrott K. J Sci Med Sport. 2016 Apr

Application of Continuous Glucose Monitoring for
Assessment of Individual Carbohydrate Requirement
during Ultramarathon Race

Kengo Ishihara Nutrients 2020, 12, 1121

Wearables for Heart Rate Variability (HRV) Measurement: Analysis of Data Quality and Issues with Data Interpretation | by Marco Altini | Oct, 2022 | Medium

Respirare bene per andare più forte

Quando si parla di allenamento si finisce col discutere di distanze, dislivelli, zone di intensità, ma quasi mai si riflette sulla respirazione e su quanto essa incida sulla performance. Perché non pensare quindi di allenare questa funzione, che è parte integrante del percorso di preparazione agli sport di endurance?

Quanto usiamo i nostri polmoni?

Tanto! Normalmente un atleta di altezza media e di buon livello arriva a ventilare più di 120-130 l/min con una frequenza di circa 35-40 atti respiratori al minuto. Quindi ad ogni inspirazione si inalano 3-3,5 l. di aria, ma non tutta quest’aria ricca di ossigeno arriva negli alveoli dove avvengono gli scambi di O2/CO2. Infatti una quota di circa 150 ml riempie la trachea ed i bronchi ed è quindi inutilizzata per la cessione di O2.

Se respiriamo, diciamo, ad una frequenza di 35 atti/minuto, ad ogni minuto circa 5,5 l di aria ricca di ossigeno verranno “sprecati”.

Possiamo quindi migliorare l’efficienza della respirazione diminuendo gli atti respiratori e aumentando la quantità di aria ad ogni respiro. Ma per riuscirci dobbiamo lavorare sui muscoli respiratori.

Come allenare i muscoli respiratori

Diaframma e muscoli intercostali sono i muscoli che lavorano e dal cui allenamento dipende la possibilità di migliorare l’efficienza della respirazione. Rendendoli più forti e quindi capaci di produrre respirazioni più profonde ventileremo la stessa quantità di aria con una frequenza respiratoria più lenta. Così facendo aumenterà la quantità di aria utile per gli scambi O2/CO2, cioè la possibilità di ossigenare il sangue e di espellere l’anidride carbonica. Per raggiungere l’obiettivo si possono orientare delle sedute di allenamento al ritmo medio cercando di prolungare i respiri forzando maggiormente la respirazione, un obiettivo potrebbe essere 2”-2” inspirazione-espirazione arrivando anche ad un 3”-3”. L’alternativa è di svolgere delle sessioni specifiche con tempi crescenti utilizzando apparecchiature tipo Spiro-Tiger.

Proviamo quindi a pensare che non sono solo i muscoli delle gambe e delle braccia a fare la differenza ma anche i muscoli della respirazione.

Illi, S. K., Held, U., Frank, I., & Spengler, C. M. (2012). Effect of Respiratory Muscle Training on Exercise Performance in Healthy Individuals. Sports Medicine, 42(8), 707–724. Retrieved from

Kapus, J., Ušaj, A., & Lomax, M. (2013). Adaptation of endurance training with a reduced breathing frequency. Journal of Sports Science & Medicine, 12(4), 744–52. 

Nalbandian, M., Radak, Z., Taniguchi, J., & Masaki, T. (2017). How Different Respiratory Rate Patterns affect Cardiorespiratory Variables and Performance. International Journal of Exercise Science, 10(3), 322–329. 

La visita di idoneità. Un check-up sulla salute

La visita medico-sportiva non è una semplice routine formale, che il medico firma per consentire l’iscrizione ad una società sportiva o ad un evento agonistico, ma la sua  importanza è fondamentale in quanto anche lo sportivo apparentemente “sano e in forma” potrebbe avere patologie sconosciute soprattutto a carico dell’apparato cardio-vascolare evidenziabili in corso della visita.

La valutazione del pazienti al fine del rilascio del certifico medico presso il nostro centro assicura alti standard di diagnosi, competenza del personale e strumentazione adeguata.

 

In cosa consiste la visita

ECG a riposo e durante lo sforzo

L’elettrocardiogramma è un esame complesso da interpretare ma molto importante perchè in grado di evidenziare un cuore sano o sospettare patologie più o meno gravi. Esistono malattie anche gravi, rilevabili attraverso l’ECG a riposo, nello specifico quelle a carico del “sistema elettrico” del cuore ( pre-eccitazione ventricolare, QT lungo, QT corto, sindrome di Brugada, ecc) o morfologiche (ipertrofia ventricolare) o alterazioni della conduzione dello stimolo elettrico (blocco di branca sin o dx, blocco Atrio –ventricolare). Durante la prova da sforzo si possono evidenziare alterazioni del ritmo (extrasistolia, tachicardia, Fibrillazione atriale, ecc.) o alterazioni del circolo coronarico che potrebbero generare fenomeni ischemici come angina o infarto.

Esame delle urine.

Questo esame è obbligatorio per la certificazione di idoneità allo sport. Esso serve per rilevare una serie possibile di disturbi, anche asintomatici, a carico del  sistema urinario, calcolosi, diabete, problemi renali.

E’ possibile rilevare:

Spirometria

E’ l’esame grazie al quale è possibile valutare la funzione respiratoria.

I dati principali rilevati sono:

Esame posturale

L’esame posturale può individuare eventuali alterazioni della colonna come scoliosi o atteggiamenti scoliotici, piattismo o cavismo podalico, alterazioni della funzionalità del cingolo scapolo-omerale e pelvico.

 

In conclusione è bene considerare la visita medico-sportiva non come una semplice formalità ma come uno strumento fondamentale per valutare il nostro stato di salute e soprattutto prevenire eventuali situazioni a rischio, che potrebbero rivelarsi fatali durante la pratica sportiva.

 

Alimentazione ai tempi di COVID: qualche consiglio per gli allenamenti in casa

Alcuni di voi, anche in questo periodo di quarantena, stanno continuando a svolgere la loro attività fisica, impostandola e adattandola ai nuovi spazi offerti dalle mura domestiche.

Così c’è chi fa i rulli, chi corre sui tappeti, chi usa il remoergometro; altri con tappetini, pesi ed elastici fanno sedute di potenziamento o semplicemente lavori a corpo libero.

Qualunque sia l’attività che avete deciso di fare, complimenti sinceri!

 

 

 

 

 

In vostro aiuto, ecco alcuni pratici consigli alimentari per svolgere queste attività al meglio delle vostre possibilità e per trarre dalle stesse tutti i benefici ed i vantaggi possibili.

Naturalmente ogni attività ha caratteristiche differenti che condizionano notevolmente le richieste energetiche e quelle idriche del nostro corpo; proviamo, semplificando molto, a ipotizzare alcuni scenari.

Le regole di base riguardano: il timing, la qualità e le quantità degli alimenti da scegliere, l’idratazione e l’integrazione.

Iniziamo con il timing (prima, durante e dopo la seduta di allenamento):

prima: è opportuno osservare un periodo di digiuno di almeno 2 ore (meglio 3);

dopo: entro una o al massimo due ore dalla fine della seduta è fondamentale reintegrare per ottimizzare il recupero e stimolare l’adattamento;

durante: pensiamo ad un’integrazione idro-salina e glucidica (solo se la seduta di allenamento prevista dura oltre 1 ora).

Una strategia che viene spesso utilizzata negli atleti di endurance e che potrebbe essere adottata in questo periodo è quella di svolgere un allenamento aerobico a intensità leggera o moderata appena svegli e a digiuno.

Lo scopo è quello di “forzare” i nostri muscoli a produrre energia bruciando grassi e allenare così la cosiddetta flessibilità metabolica e cioè la capacità di utilizzare zuccheri o grassi in funzione dell’intensità dello sforzo.

Gli adattamenti indotti dall’allenamento a digiuno sono anche molto utili per coloro che devono dimagrire in quanto abitua l’organismo ad attingere alle riserve adipose, diminuendo così la massa grassa.

In questo caso (e solo per questo tipo di allenamento) la cena della sera prima (sostanzialmente l’ultimo pasto prima dell’allenamento) deve essere su base proteica.

Si raccomanda comunque di seguire gli schemi alimentari presentati per quanto riguarda il dopo.

Vediamo adesso la qualità dei pasti:

quello che precede la seduta di allenamento dovrebbe essere costituito da alimenti facilmente digeribili e ricchi di carboidrati a basso/medio indice glicemico; per esempio un piatto di pasta o riso integrale con olio e grana;

il pasto che segue l’allenamento dovrebbe apportare invece carboidrati ad alto indice glicemico e proteine; per esempio pane, marmellata e ricotta, oppure un succo di frutta e un vasetto di yogurt greco.

Per quello che riguarda la quantità questa è naturalmente correlata col tipo e la durata di allenamento e naturalmente col soggetto che la svolge, ma genericamente:

1) per allenamenti di endurance della durata di circa 1 ora:

nel pasto che precede l’allenamento dovrebbero essere assunti circa 1,5 g/Kg di carboidrati; per esempio: se peso 70 Kg mi preparerò 150 g di pasta o riso integrali;

nel pasto che segue l’allenamento: 1 g/Kg di carboidrati (tornando al nostro soggetto di 70 Kg: 70-80 g di pane con marmellata o miele; 100 cc di succo di frutta) e 20 g di proteine (200 ml di yogurt greco);

durante l’allenamento: 500-600 cc di acqua e 30-40g di zuccheri semplici o maltodestrine per ora.

2) per allenamenti di forza della durata di circa 1 ora:

 

nel pasto precedente l’allenamento dovrebbero essere assunti circa 1,5 g/Kg di carboidrati con 20g di proteine (per esempio 150g di pasta con 100g di tonno);

nel pasto che segue l’allenamento 1 g/Kg di carboidrati e 20 g di proteine (questo pasto può essere ripetuto a distanza di un’ora se l’obiettivo è quello di stimolare ipertrofia muscolare);

durante l’allenamento: 500-600 cc di acqua e 30-40g di zuccheri semplici o maltodestrine per ora.

3) per allenamenti meno intensi e di durata 30-45 minuti:

nel pasto precedente l’allenamento dovrebbero essere assunti 1-1,5 g/Kg di carboidrati;

nel pasto che segue l’allenamento 1 g/Kg di carboidrati.

L’idratazione è fondamentale: allenarsi in casa porta la maggior parte di noi a sudare di più e dunque è importante porre ancora più attenzione a questo elemento.

Prima: utile assumere 300-400 ml nel pasto precedente; 200-300c un’ora prima;

Dopo: poiché per una volta sarà possibile pesarsi prima e dopo l’allenamento allora fatelo e reintegrate con una quantità di acqua pari alla differenza del peso (prima – dopo) moltiplicata per 1.3. Utilizzate acque ricche di sali (residuo fisso superiore almeno a 500mg / L) perché ne avrete persi sicuramente molti!

Durante l’allenamento prevedete l’assunzione di circa 500mL di acqua per ora.

Infine l’integrazione:

in questo periodo utile un multivitaminico al risveglio e la vitamina D3 durante un pasto (la sera per esempio): sono entrambi molto utili anche per il sistema immunitario.

La creatina, nella quantità di 3g, è un ottimo ergogenico e di solito è da assumere nel pasto che precede l’allenamento.

Le proteine: 20g dopo l’attività fisica (da fonti alimentari o in polvere).

Infine, in caso di crampi o in mancanza della possibilità di integrare con acque mineralizzate i Sali Alcalinizzanti, da prendere dopo cena.

E con questo è tutto 😊!

Buon allenamento!

Dott. Ettore Pelosi

Medico Nutrizionista