Quando Max Testa ci risponde ha appena concluso il riscaldamento di Cadel Evans in procinto di partire per la crono di Mont Saint-Michel. Il dottor Testa è il medico della BMC e da anni segue i campioni del ciclismo. Gli abbiamo chiesto un commento sui primi km di questo Tour 2013.
La prima settimana conferma la tendenza degli ultimi anni: bisogna evitare le cadute! Arrivare ai piedi delle prime montagne pieni di cerotti e fasciature significa partire con un handicap pesante.
Ne sa qualcosa Teejay Vangerderen che porta sul corpo i segni di due cadute che gli sono costate otto abrasioni profonde a ginocchia, anche, spalle e gomiti. Poco riposo e forse un’infezione di basso grado gli hanno causato una disastrosa tappa pirenaica in qui spingeva meno watt che in allenamento…
Tra i corridori che non sono caduti, Froome ha dimostrato di essere in gran forma ed ha giocato molto bene le sue carte.
Movistar è stata la sorpresa della settimana riuscendo a far saltare la Sky dimostrando che non sono imbattibili. Froome è uscito illeso da questa battaglia grazie alle sue capacità, ma… sulle Alpi cosa succederà?
Movi e Saxo potrebbero allearsi? Molto probabile.
Con queste domande si apre la seconda settimana che è per velocisti con gli uomini di classifica che cercheranno di stare al riparo ed evitare cadute.
In attesa del Ventoux, dove, soprattutto se farà caldo, potrebbero esserci colpi di scena, la tappa di Lione appare dura e pericolosa.
Nella crono di oggi, molto veloce, Cadel deve fare un buon risultato per il morale che deve rimanere alto in vista delle prossime durissime salite.
Max Testa è Medico dello Sport e dal 1986 collabora con le squadre più prestigiose. Dopo decine di Tours de France e Giri d’Italia, attualmente segue la BMC di Cadel Evans. Vive negli Stati Uniti, dove ha aperto un centro di allenamento individuale per professionisti e amatori (www.maxtestatraining.com). I suoi pazienti “sono spesso troppo impegnati a perfezionare le loro biciclette e non si accorgono che si stanno allenando male”. Max invece mette a punto il loro “motore umano”: quello che, con la benzina giusta, li fa andare davvero forte.
Dottor Testa, come si trasforma un amatore in un professionista?
Si comincia prestissimo: è vero, come si dice, che “per diventare un campione bisogna scegliere i genitori giusti”. Ma il talento (spesso bisogna scoprire il proprio) non basta. La differenza è nel lavoro.
Qualità o quantità?
Di più non vuol dire meglio. Spesso negli sport di fatica il nemico del successo è il “troppo”: troppa fatica rispetto alle proprie capacità di recupero.
Meglio un buon riposo di un cattivo allenamento…
Senza dubbio. Ma per sapersi fermare al momento giusto bisogna conoscere se stessi e i propri limiti.
Quanto incide un buon allenatore?
Molto. Tanti atleti ormai leggono, studiano ed è un ottimo punto di partenza. Ma quelli che seguono i consigli di un esterno in genere ottengono risultati migliori: infatti, anche se sono ben educato (perché mi informo) tendo a lavorare in quantità sbagliate, non ho uno sguardo critico, sono troppo vicino a me stesso per giudicarmi. Con un allenatore è più facile trovare un equilibrio.
La ricetta del campione.
A un livello fisiologico simile, le caratteristiche determinanti sono il livello di fatica e la voglia di primeggiare. Arriva primo chi sa spingere il proprio limite e ha la mentalità vincente. Bisogna allenare la testa!
Come?
Imparando a staccare: per recuperare occorre avere la mente libera. Chi non riesce a staccare si logora: in questo senso persino la troppa motivazione può essere dannosa. In alcuni casi può aiutare uno psicologo dello sport: la gestione dell’ansia e la capacità di rilassarsi si possono imparare!
Meglio un lavoro completo o una preparazione specializzata?
Bisogna dare per prendere: se lavori su quello per cui non sei portato, non otterrai niente. Si deve inevitabilmente scegliere: inutile chiedere picchi di eccellenza ad un atleta completo e viceversa.
Si riconosce il vincitore alla partenza di una corsa?
Chi è pronto per un grande risultato è sicuramente rilassato e concentrato, e non si fa distrarre dagli imprevisti. I fuoriclasse hanno negli occhi l’equilibrio del successo: quello tra calcolo e desiderio, emozione e freddezza.
Come si allena il “suo” Cadel Evans?
E’ impressionante, perché si spinge sempre al massimo della fatica e del dolore. Unisce alle qualità fisiologiche una straordinaria capacità di soffrire: credo che sia questo il suo segreto.
I corridori che non dimenticherà, e perché.
Nel ciclismo c’è grande serietà professionale, è difficile fare dei nomi. Potrei citare Thor Hushovd, per la motivazione; Gilbert, per l’abilità nel gestire le situazioni, trovare i movimenti giusti e fare risultati. Poi Bettini, capace di numeri eccezionali (ma come sentiva la gara!). Infine Pinotti, un ingegnere su due ruote: che cura per i dettagli!
Che cosa ama di più del suo sport?
Le corse. Mi piace girare il mondo: ogni stagione ha le sue mete!
Pronostici per le prossime gare.
Spero di vedere protagonisti i nostri atleti della BMC, Taylor Phinney e Tejay van Garderen. Forza ragazzi!