Primo articolo del dott. Ettore Pelosi, medico, nutrizionista e maratoneta, appena entrato nel team Vitalia. In attesa di conoscerlo potete assaggiare qui la sua “Omeodieta” e scoprire perché sono importanti i carboidrati nell’alimentazione di chi pratica sport di fatica. 

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Da sempre l’alimentazione è fondamentale nella preparazione atletica e non c’è sportivo di qualunque livello che non abbia maturato le proprie convinzioni sul tema. Ma, soprattutto, su una ideale supplementazione: termine con cui s’intende l’assunzione di elementi nutrizionali necessari a supportare il surplus di energia richiesto dal metabolismo dell’atleta. Insieme ad allenamento e recupero, l’alimentazione è oggi considerata la base per la preparazione dello sportivo professionista ed amatoriale. E non ci sono più dubbi sul ruolo preminente dei carboidrati per lo svolgimento dell’attività sportiva: sono la fonte energetica essenziale e limitante di qualsiasi disciplina.

Le riserve

Bisogna sapere infatti che durante i periodi di allenamento intenso i depositi muscolari di glicogeno vanno incontro ad ampie fluttuazioni giornaliere: le riserve corporee sono limitate e possono durare da un minimo di 90 minuti fino ad un massimo di 3 ore per allenamenti di moderata/elevata intensità (65-85% VO2max). La riduzione di tali riserve si associa ad esaurimento durante l’esecuzione di un esercizio intenso e prolungato, ma anche all’aumento degli infortuni muscolari ed alla depressione del sistema immunitario.

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Per sostenere le migliori performance atletiche sono quindi indicate diete ad alto contenuto di carboidrati, basso contenuto di lipidi e moderato contenuto di proteine. Infatti, il principale obiettivo nutrizionale è quello di garantire il fabbisogno energetico per i muscoli e gli altri tessuti, onde ritardare la comparsa della fatica, promuovere gli adattamenti muscolari attivati con l’allenamento e consentire il ripristino delle riserve di glicogeno muscolare e la riparazione delle fibre danneggiate.

L’equilibrio energetico

Un’adeguata assunzione energetica è insomma condizione necessaria (purtroppo non sufficiente) per il raggiungimento di una prestazione atletica ottimale. Un regime equilibrato rispetto ai fabbisogni è il pilastro portante dei condizionamenti anatomo-funzionali promossi dall’allenamento e finalizzati al raggiungimento della migliore forma atletica. Un corretto bilancio energetico si ottiene quando l’assunzione calorica (risultante della somma dell’energia ricavata da alimenti, liquidi e supplementi) eguaglia la spesa energetica (risultante dalla somma del metabolismo basale, effetto termico degli alimenti e spesa energetica per lo svolgimento delle attività giornaliere e dell’allenamento).

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È importante che durante i periodi di allenamento gli sportivi assumano quantità sufficienti di calorie per mantenere peso e composizione corporea appropriati. Livelli inadeguati di assunzione calorica determinano la compromissione delle prestazioni e dei benefici derivanti dall’allenamento: la perdita della massa magra determina perdita di forza e resistenza muscolare così come compromissione delle funzioni del sistema immunitario, endocrino e muscolo-scheletrico. Il perdurare di un basso introito calorico può anche determinare uno stato di malnutrizione con alterazioni metaboliche secondarie a deficienze di nutrienti e riduzione del metabolismo basale.

Per far fronte a tutto questo, il nutrizionista deve stimare correttamente le necessità caloriche dell’atleta, che variano in funzione del sesso, dell’età, dei principali valori antropometrici, della composizione corporea, del tipo di sport praticato e delle ore di allenamento. Dovrà inoltre impostare una supplementazione adeguata e personalizzata.

Qualche numero

La dieta di uno sportivo è equilibrata se i vari carboidrati (fonte energetica primaria e limitante per qualsiasi disciplina sportiva) coprono il 55-70% delle calorie totali giornaliere (idealmente 10-15% oligosaccaridi, 40-60% polisaccaridi). In realtà, più che di percentuale di apporto calorico è opportuno parlare di introiti in grammi per kilo di peso corporeo.

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Si tenga inoltre presente che recenti raccomandazioni circa l’assunzione giornaliera di carboidrati riconoscono per i diversi gruppi di atleti quantità diverse in funzione della dimensione corporea e del carico di lavoro in allenamento. I target di 7-10 g/Kg (ma anche fino a 12) per carichi più intensi e 5-7 g/Kg per carichi più moderati rappresentano una raccomandazione generica che deve essere, tuttavia, adeguata agli obiettivi nutrizionali ed ai riscontri prestazionali di ogni singolo atleta. Infatti l’elemento più importante nella determinazione delle riserve di glicogeno muscolare è la quantità di carboidrati assunta; gli studi dedicati, sebbene estremamente eterogenei, suggeriscono che esista una relazione diretta e positiva tra quantità di carboidrati assunta e deposito intramuscolare di glicogeno, almeno fino a che non sia stata raggiunta la soglia di accumulo muscolare. Attenzione: a differenza dei depositi di lipidi, quelli di glicogeno sono molto limitati e, quando massimali, sufficienti per coprire dispendi energetici nell’ordine di 2000 kcal. Così con la riduzione del glicogeno muscolare si riducono sia l’intensità del lavoro muscolare che quella dell’esercizio fisico. La riduzione del glicogeno muscolare si associa anche ad infortuni muscolari e depressione del sistema immunitario.

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L’importanza del recupero

Atleti di ogni disciplina devono pertanto essere in grado di ristabilire le riserve muscolari di glicogeno tra due sessioni di allenamento giornaliere e/o tra due allenamenti in giorni consecutivi. Assunzioni elevate di carboidrati migliorano la performance nella singola sessione di allenamento così come il recupero e la performance nella sessione successiva. Talvolta però, nonostante un’adeguata assunzione di carboidrati, le concentrazioni di glicogeno muscolare possono non essere completamente ristabilite nelle 24-48 h successive ad una gara/allenamento molto stressante (come per esempio nella maratona). In questo caso l’allenamento dovrebbe essere ridotto o i tempi di recupero tra due sessioni aumentati, onde evitare il rischio di infortuni. E’ chiaro che i benefici che si possono trarre favorendo un recupero rapido e completo tra due sessioni di allenamento si possono trasformare nel tempo in un migliore adattamento all’allenamento stesso e, di conseguenza, in un miglioramento delle performance in gara.

Clicca qui per leggere la bibliografia.

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Nella foto i protagonisti dell’edizione 2013 con il vincitore Nibali.

Si comincia! Sta partendo in queste ore in Irlanda il 97° Giro d’Italia e ci sarà da divertirsi: sono 22 le squadre, 198 i corridori, e una decina i favoriti, almeno sulla carta. Evans, Basso, Quintana, Roche, Martin, Rodriguez, Hesjedal, gli sprinter, gli scalatori, i passisti: il Giro è un arcobaleno di talenti.

Ci saremo un pochino anche noi di Vitalia: i nostri collaboratori Max Testa e Fabrizio Borra hanno preparato alcuni dei campioni (clicca sui loro nomi per leggere le interviste) e siamo fieri di loro!

Quest’anno il percorso è durissimo. Ogni corridore spenderà circa 100.000 calorie (sapete quanti piatti di pasta sono? Circa 250!) per andare da Belfast a Trieste a pedali. Le biciclette pesano non meno di 6,8 kg. Saranno 21 giorni e 3449 km di fatica, sole, vento, pioggia, salite infinite e discese da brivido, volate, fughe, scatti e attacchi.

Sarà come sempre uno spettacolo bellissimo perché l’Italia, non ce ne vogliano i Francesi, è il più bel palcoscenico del mondo su cui rappresentare il ciclismo.

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Buongiorno dottore, vorrei perdere peso.”
“Benissimo signora, quanta attività fisica fa ogni giorno?”
“Mah, penso abbastanza. Cammino, vado in palestra qualche volta la settimana, forse 2 volte…”

Per far si che ci sia un dimagrimento, ossia una perdita di grasso corporeo è necessario che le calorie assunte con gli alimenti siano inferiori a quelle spese: per ottenere risultati bisogna quindi fare il calcolo esatto di quante ne vengono introdotte nei pasti e nei fuori pasto, e di quante ne vengono consumate.

Purtroppo ottenere dei dati attendibili è tutt’altro che facile perché le percezioni individuali sulla quantità di movimento sono spesso falsate. Eppure quando si deve intervenire sulla dieta di un individuo non si può prescindere dalla quantità di calorie utilizzate.

Solo la tecnologia può aiutarci a sostituire parole come “abbastanza, un po’, molto” con numeri inconfutabili cosicché la persona prenda coscienza del suo reale livello di attività fisica quotidiana.

Per fortuna c’è un piccolo strumento a rendere tutto più facile: si chiama Armband e assomiglia ad uno di quei porta Iphone per il running. È un concentrato di tecnologia “tascabile”: pesa solo 80g e si indossa dietro al tricipite del braccio destro, senza nessun fastidio o intralcio. Attraverso dei bio-sensori monitorizza una serie di dati: la temperatura del corpo, il calore dissipato, la conduttività della pelle, il movimento su più assi, il numero dei passi e la posizione del corpo.

L’elaborazione di questi dati permette di calcolare con assoluta precisione alcuni parametri fondamentali: il consumo energetico in calorie, il tempo ed il consumo calorico durante l’attività fisica, il tempo trascorso in posizione di riposo (sdraiati) ed i periodi di sonno.

La rilevazione dura di solito 2-4 giorni e alla fine di essa i dati vengono elaborati da un software dedicato che fornisce un report molto dettagliato sui ritmi quotidiani del paziente. In base a questa analisi sarà più facile definire un corretto piano alimentare e dare consigli per il miglioramento delle proprie abitudini: il consumo calorico, il movimento e l’attività fisica di tutti i giorni sono degli indici preziosi nell’osservazione della qualità della vita e dell’allenamento e conoscerli può aiutarci a stare meglio.

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I mesi di marzo e aprile richiedono una programmazione degli allenamenti diversa e più articolata rispetto a quanto fatto sinora. Nel mirino ci sono infatti le grandi gare di fine stagione, quelle con dislivelli importanti seguiti da discese impegnative e altre risalite, spesso su più giorni di gara. Vediamo quindi come impostare il piano di allenamento per questo tipo di competizioni.

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La partecipazione alle gare brevi di dicembre, gennaio e febbraio ha senz’altro aumentato la cilindrata del motore o in termini più tecnici la massima potenza aerobica oltre ad aver incrementato la tolleranza lattacida. Ora è tempo di trasformare questi cavalli in rendimento ed in economia di esercizio. In altre parole, nella prima parte della stagione abbiamo imparato ad andare forte ora bisogna adattarsi ad andare a lungo. Gli allenamenti dovranno essere quindi imperniati su lunghi, medi, progressivi e ripetute lunghe.

I lunghi

Dovranno svolgersi sulla neve con attrezzatura da gara o leggermente più pesante. In genere, nelle gare il primo cancello è piazzato dopo i primi 1500-1800 m di dislivello e di solito la VAM necessaria a passarlo è di 7-800 m/h. Detto ciò, è scontato che gli allenamenti sulla distanza devono essere impostati su VAM leggermente superiori a quelle del ritmo gara che si intende tenere o almeno su quella necessaria a passare il cancello.

I dislivelli andranno crescendo di settimana in settimana senza tuttavia aumentare di più del 10% la quota complessiva. L’obiettivo è quello di raggiungere, a 20-25 giorni dalla gara, un carico di lavoro settimanale che nel totale delle cinque sedute sia pari o leggermente superiore a quello della gara stessa. Ad esempio, se dobbiamo correre il Mezzalama, a tre settimane dalla competizione, sommando gli allenamenti giornalieri copriremo un dislivello di 4.500 metri circa. E’ chiaro che questi numeri sono riferiti ad un atleta amatoriale che aspiri alla metà classifica, i top racer sono su un altro pianeta…

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Le ripetute

Servono a mantenere la massima potenza aerobica e la capacità di tenere ritmi elevati per parecchi minuti. Torneranno utili per avere la marcia in più nei cambi di ritmo o di pendenza e per risolvere le situazioni di gara dove bisogna accelerare. Il lavoro sulle ripetute sarà impostato sulle 4-5 ripetizioni di 5’ intervallate da 3 minuti di recupero ad andatura facile. In questo modo la FC salirà sempre allo stesso modo durante ogni ripetuta, stabilizzandosi sul valore della soglia intorno al 2° minuto e restandovi per tutto il resto della ripetuta.

I progressivi

Sono allenamenti in cui si parte da FC del fondo lento e si termina a FC di pochi battiti sotto soglia, il loro scopo è quello di migliorare il riutilizzo dell’acido lattico spostandone più in alto il punto di accumulo. Inoltre, i progressivi abituano il muscolo ad ottimizzare il consumo di lipidi e a risparmiare gli zuccheri.

La tabella qui sotto rappresenta un possibile schema di allenamento a circa 3 settimane dalla gara. Nell’ultima settimana, invece, si deve ridurre al minimo l’impegno per consentire all’organismo di recuperare le energie e smaltire il carico di lavoro fatto in vista dell’impegno della gara.

Lunedì esercizi
Martedì 90’ corsa collinare con 5 ripetute da 4-5’ a 155-160 bpm
Mercoledì 40’ di corsa facile esercizi
Giovedì Skialp 1200 m in agilità
Venerdì
Sabato 50’ di corsa rigenerante esercizi
Domenica Skialp 2000 m cercando di testare gli 800 m/h di VAM

Gli esercizi

Che cosa intendiamo con “esercizi” (lun-merc-sab)? Potete dare un’occhiata ai numeri di Ski-Alper di ottobre e dicembre, oppure curiosare nel nostro canale di Youtube. 

Il recupero

Nelle gare che si articolano su più giorni, come ad esempio il Tour Du Rutor, la capacità di recuperare gioca un ruolo determinante per mantenere il livello di performance. Per essere sicuri di fare il massimo seguiamo queste regole:

Nel prossimo articolo parleremo della strategia di alimentazione prima e durante la gara.

Buon allenamento!

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Come ogni anno, complici le laute cene natalizie, gennaio è il mese dei buoni propositi: “è ora di perdere peso”! I più volenterosi ci avranno provato in queste settimane, ma in che modo?

Cotechino, panettone e champagne. Poi si torna in ufficio: cappuccio, brioche e panino a pranzo… è inevitabile che gli stravizi alimentari si riflettano sull’ago della bilancia! Tuttavia la soluzione del problema – se davvero vogliamo risolverlo definitivamente – non può essere quella di rimbalzare da una dieta all’altra, quanto quella di prendere coscienza di che cosa si mangia e di quanto si consuma.

Fondamentalmente, tranne alcune patologie del metabolismo, il grasso corporeo in eccesso è causato da un bilancio positivo tra calorie assunte e calorie spese, un po’ come per il conto in banca: se si incassa più di quanto si spende, il conto si rimpingua.

E’ però vero che ci sono diversi modi di assumere calorie, modi che si differenziano per la qualità dei cibi assunti e per gli orari di assunzione.

Sulla nostra pagina Facebook abbiamo messo l’accento sui rischi dei tre “veleni bianchi”: zucchero, sale e farina.

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Zucchero e farina fanno parte della categoria dei carboidrati: il primo è un carboidrato a struttura molecolare semplice (monosio), il secondo invece fa parte dei carboidrati complessi (costituiti da più molecole di zucchero legate tra loro).

Entrambi hanno la proprietà di essere assorbiti velocemente dal tratto digestivo e di causare un brusco aumento della glicemia (la quantità di zucchero nel sangue). L’innalzamento di questo valore provoca la risposta di un ormone pancreatico, l’insulina, che “apre” la porta delle cellule muscolari allo zucchero permettendogli di entrare al loro interno e abbassando il suo livello nel sangue.

Fin qui tutto bene, ma se lo zucchero che entra nelle cellule non viene utilizzato per produrre energia o per ricostituire le scorte energetiche di glicogeno, esso viene convertito in grasso di deposito.

Bene, stiamo cominciando a capire che mangiare un piatto di pasta dopo un pomeriggio passato alla scrivania e prima di sdraiarsi sul divano a guardare la televisione ha effetti disastrosi sulla linea.

Purtroppo, per la maggior parte delle persone che sono in sovrappeso, questo è l’errore più frequente: una cena ricca di carboidrati, un pranzo frugale ed una colazione… inesistente.

Ben diverso è invece assumere la stessa quantità di carboidrati subito dopo l’attività fisica: in questo caso, le scorte di glicogeno muscolare saranno state intaccate dal lavoro muscolare e gli zuccheri assunti andranno direttamente a ricostituirle.

Insomma il vecchio adagio “fai colazione da re, pranza da signore e cena da poveretto” è quanto mai vero!

Anche il sale da cucina (cloruro di sodio) ha effetti nocivi sul nostro organismo. Oltre a causare la ritenzione di acqua e quindi un aumento del peso, il sale è responsabile di un irrigidimento della parete delle arterie e concorre al rischio di ipertensione, infarto, ictus e cancro dello stomaco.

Come lo zucchero, anche il sale è presente in tantissimi cibi confezionati perché ne aumenta il gusto, stimolandone il consumo. Ecco quindi che moltissimi prodotti alimentari sono additivati con sale: dalle merendine ai salumi, dalle salse ai biscotti.

Come difenderci dall’eccessivo consumo di sale e zuccheri?

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Scegliamo cibi naturali, mangiamo molta verdura, frutta, farine integrali, proteine di origine vegetale; suddividiamo l’assunzione di alimenti in tre pasti e due spuntini al giorno, facciamo una cena leggera.

Queste sono le raccomandazioni generali per un’alimentazione sana.

Non dimentichiamo però di quantificare l’attività fisica quotidiana, cosa peraltro non facilissima. La differenza tra percezione e realtà è infatti grande. Per aumentare la precisione dei calcoli, da anni abbiamo adottato l’uso di uno strumento, l’Armbandapplicato al braccio registra tramite dei sensori di accelerazione, temperatura ed umidità, la quantità e l’intensità dell’attività fisica e quindi delle calorie spese.

Solo attraverso il conteggio della spesa energetica ed un’anamnesi alimentare si può arrivare a calibrare l’intervento per una perdita di peso ma, soprattutto per l’adozione a lungo termine di uno stile di vita salutare.

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