Si chiude oggi la riunione dei leader mondiali a Davos. Si è parlato anche di salute e lavoro: è ormai indispensabile trovare nuove formule per la prevenzione e il contenimento dei costi sanitari. Il commento del dott.

Annual Meeting 2011: Logo in the sunny weather of Davos

In questi giorni è in corso a Davos il World Economic Forum, un evento mondiale che si ripete periodicamente e che vede le migliori menti del pianeta riunite a discutere le politiche che possano avere un impatto globale. Uno dei principali temi in agenda quest’anno è, guarda caso, la salute di chi lavora.

La situazione è chiara: le economie degli stati non possono più sostenere il costo delle cure dei cittadini. La ricerca di nuovi farmaci e di nuove terapie curative deve essere affiancata a progetti per la prevenzione che siano efficaci ed accessibili ai più. Le soluzioni sembrano semplici ad una prima analisi: più movimento e alimentazione migliore. Eppure queste strategie lapalissiane sono molto difficili da implementare e richiedono una precisa visione che si realizzi attraverso una altrettanto precisa esecuzione. Invece, i lavoratori, soprattutto nelle grandi aree urbane, sono costretti a ritmi in cui è veramente problematico ritagliarsi i tempi per prendersi cura di sé.

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D’inverno una ciaspolata è un ottimo esercizio

Pensiamo al caso di una madre di famiglia che abiti nella periferia di una grande città e che debba lavorare le canoniche otto ore. La sua sveglia suonerà alle sei della mattina e, dopo aver preparato la colazione per la famiglia, ci sarà il trasferimento sul luogo di lavoro con auto e treno o con altri mezzi di trasporto. La pausa caffè sarà consumata davanti ad una macchinetta che eroga bevande calde o soft drink e “merendine” impreziosite da zuccheri e conservanti di vario tipo. Seguiranno altre ore alla scrivania, che spesso non rispetta criteri di ergonomia, che si interromperanno per il pranzo consumato alla mensa aziendale o al bar d’angolo. Il pomeriggio ricalcherà il copione della mattinata fino all’uscita intorno alle 17.30-18. Un’altra ora di trasporto pubblico e si è a casa, pronti per preparare la cena e… stramazzare a letto.

Eppure tutte le ricerche mediche evidenziano i rischi legati a questo stile di vita. In primis, il sovrappeso che a sua volta conduce alle malattie metaboliche come il diabete di tipo II, a molti tumori ed alle malattie cardiovascolari. Il problema si combatte con due armi, come al solito: più movimento e alimentazione migliore. E allora come possiamo incidere nella vita della mamma appena descritta?

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Una corsetta nel week-end è un buon inizio. Ma bisogna prendere abitudini sane in settimana

Pensiamo che piccole modifiche, concrete, possano fare una grande differenza. Immaginiamo che la signora possa camminare un kilometro prima di salire su un mezzo di trasporto oppure che possa utilizzare una bicicletta ed una pista ciclabile, che, invece della borsetta, usi uno zainetto in cui mettere due snack salutari ed una scatola con del cibo sano per il pranzo. Ciò le consentirebbe di risparmiare venti minuti di pausa mensa che potrebbero essere dedicati ad una camminata di 2 km. All’uscita, un altro km a piedi ed ecco che nella giornata lavorativa si riuscirebbe ad accumulare quella fatidica quantità di movimento necessaria a fare della vera prevenzione.

Il primo passo è continuare ad informare, perché l’informazione è educazione.
Il secondo potrebbe essere quello di incentivare. Offrire ad esempio dei bonus (buoni acquisto nei supermercati) a chi dimostra di prendersi cura di se stesso: tutti vantaggi che tornerebbero nelle “tasche” delle aziende e dello stato in termini di riduzione dell’assenteismo per malattia e spesa sanitaria.
La strada c’è, basta aver la voglia di iniziare ad incamminarsi.

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 Ultimi giorni di estate. Se qualcuno non si fosse ancora convinto ecco nuovi buoni motivi per rimettersi in forma. E qualche conto in tasca. 

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Star bene non significa solo non essere malati.
Star bene significa poter godere di un livello di efficienza fisica tale da consentirci di camminare, nuotare, pedalare.

Significa apprezzare i piaceri del cibo senza eccedere nelle quantità.
Significa prendersi cura di sé con attenzione consapevole, senza eccessi ipocondriaci.
Significa muoversi con minimo spreco di energia, perché le impronte lievi sono anche quelle che fanno meglio al fisico.
Significa coinvolgere gli altri nella passione per il movimento.

Vitalia crede in tutto ciò e offre i suoi servizi a tutti quelli che vogliono percorrere, iniziare a percorrere o riprendere un cammino verso il benessere. La prevenzione non si basa solo su esami clinici ma anche sulla convinzione che il movimento sia la prima forma di cura. Del resto, Esculapio l’aveva capito 2500 anni fa che un’adeguata dose di esercizio e di cibo potevano curare molte patologie.

Ora ne sappiamo molto di più e l’aforisma “siamo quello che mangiamo” dovrebbe essere associato ad un altro che reciti “siamo per quello che ci muoviamo”.

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In effetti, la carenza di esercizio è alla base di patologie metaboliche, cardiovascolari e oncologiche. La relazione è diretta nel caso di diabete di tipo II, sindrome metabolica, malattia coronarica, ictus, ipertensione, cancro della mammella e del colon.

L’associazione di moderato esercizio, circa 40 min. al giorno di camminata ad intensità moderata o vigorosa, e di alimentazione a basso contenuto di zuccheri raffinati e di grassi animali costituisce una solida base di prevenzione. Per facilitare ancora di più l’approccio a questo stile di vita è utile sapere che questi 40’ non devono essere svolti in un’unica sessione ma possono essere frammentati in 4-5 sessioni di una 10 di minuti l’una. Qualche esempio per capirci? Semplicissimo: scendere dal bus alla fermata prima dell’ufficio, e raggiungerlo a piedi; lasciare l’auto in garage e muoversi in bici; accompagnare i bambini a scuola a piedi o farsi una camminata nel week-end.

Quasi nessuno insomma può dire di “non avere tempo per muoversi”. Basterebbe limitare l’uso di auto e mezzi pubblici per allungare qualche passo e accumulare, minuto dopo minuto, dei “punti salute”.

E poi qualche considerazione sul portafoglio: curarsi costerà sempre di più. I tagli alla sanità sposteranno inevitabilmente l’onere della spesa per le cure sempre di più sui cittadini e quindi ecco un motivo in più per mantenersi sani.

Le aziende l’hanno capito e molte offrono già programmi wellness (ecco il nostro) ai propri dipendenti, soprattutto all’estero.

Star bene conviene a tutti. Al singolo, alla comunità, all’ambiente. 

E poi si vive meglio!
Iniziamo a muoverci!

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Si può non diventare diabetici, si possono prevenire le complicanze del diabete.

Nel 2003 (poi sul Lancet nel 2006) veniva pubblicato uno degli studi scientifici più importanti nell’ambito della prevenzione del diabete di tipo II: il DPS (Finnish diabetes prevention study). 

Il lavoro era basato sui dati di pazienti con rischio di sviluppare NIDDM (“Non insulin dependent diabetes mellitus” o Type II Diabetes), cioè di età 40-64, sovrappeso e con alterazioni della curva glicemica. I risultati dimostrarono che il gruppo che seguiva un programma basato sulla riduzione dell’apporto calorico (basso livello di grassi saturi) e sull’esercizio fisico aveva maggiori possibilità di NON sviluppare la patologia rispetto a coloro che invece assumevano farmaci antidiabetici.

La portata scientifica di questa pubblicazione è stata grandissima ed ha innescato molti altri studi che negli ultimi dieci anni hanno reso inequivocabile l’importanza di uno stile di vita attivo per prevenire e curare il diabete tipo II con positivi impatti anche di tipo economico: curare attraverso l’educazione al movimento ed alla corretta alimentazione fa risparmiare molti soldi rispetto alle cure farmacologiche.

Nel 2005, il prof De Feo ha quantificato tali risparmi in un bellissimo lavoro scientifico pubblicato da Diabetes care concludendo che camminare per 4 km al giorno portava ad un risparmio di 550€ /anno di spesa sanitaria.

Le evidenze mediche sono quindi imponenti, eppure, ancora oggi, il percorso per avviare le persone con diabete ad un programma di esercizio fisico è affidato all’iniziativa personale dei medici e non è inserito nelle prestazioni mediche.

Cosa dovrebbe fare chi vuole migliorare la propria situazione? La risposta scientifica ci viene da un altro studio condotto tra il 2006 ed il 2007 in oltre 20 strutture dislocate sul territorio nazionale. Il protocollo della ricerca prevedeva che i pazienti svolgessero esercizio aerobico al 70% dell’intensità massima per 40-45 min. / 2 volte sett. in associazione ad esercizi di forza muscolare contro resistenza.

Ad un anno di distanza, i risultati hanno dimostrato che i parametri fisiologici dei partecipanti erano sensibilmente migliorati e che il livello medio della glicemia era anch’esso sceso, segno di un migliorato metabolismo delle cellule muscolari.

Ma proviamo a spiegare perché il movimento, sia quello aerobico che quello di forza, è così vantaggioso per il diabetico. In questa patologia, l’insulina -l’ormone che abbassa il livello di zucchero nel sangue – viene normalmente immessa in circolo. Il problema è che le cellule muscolari, dentro le quali dovrebbe essere immagazzinato lo zucchero del sangue, sono insensibili ad essa. Grazie all’esercizio invece, si aumenta la sensibilità della cellula muscolare verso l’insulina e questa può quindi far sì che lo zucchero entri nelle cellule stesse.

Gli effetti positivi dell’esercizio aerobico durano 48-72 h mentre quelli dell’esercizio di forza durano poche ore ma comunque la sommazione dei due meccanismi provoca miglioramenti stabili nel tempo.

Buon esercizio a tutti.

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Sono Massimo Massarini, Medico Chirurgo specializzato in Medicina dello Sport. Il 17 febbraio 2005 ho aperto a Torino il primo centro Vitalia. Il nostro obiettivo è quello di contribuire al miglioramento della qualità della vita e crediamo che l’esercizio fisico sia il miglior farmaco. Per questo ci occupiamo di esercizio-terapia.

Quali patologie si possono prevenire o curare con l’esercizio terapia?

Quelle di area cardiologica: troppo spesso, infatti, chi è affetto da malattie dell’apparato cardiovascolare viene lasciato solo a se stesso con dei generici consigli riguardanti il movimento. Il nostro programma di riabilitazione cardiovascolare si propone invece di recuperare il massimo della funzionalità psicofisica per permettere ad ognuno di ritornare ad una vita quanto più piena e soddisfacente. L’esercizio aerobico unito al potenziamento muscolare, entrambi condotti entro i limiti di sicurezza dettati dalla patologia, sono la base per affrontare con sicurezza le azioni della vita quotidiana e perché no, dello sport.

Quelle di area metabolica e il Diabete Tipo II. Le evidenze mediche comprovano che l’associazione di regolare esercizio fisico e corretta alimentazione possono ridurre sensibilmente i livelli di glicemia e migliorare la sensibilità all’insulina. Ciò significa che in molti casi, qualora la persona adotti uno stile di vita diverso, la terapia medica può essere ridotta o addirittura sospesa. Inoltre, l’esercizio fisico comporta una riduzione dei rischi di complicanze cardiovascolari spesso associate al diabete.

Quelle di area ortopedica. I nostri programmi di rieducazione funzionale sono finalizzati al recupero delle capacità motorie e al ritorno alla vita lavorativa e/o sportiva nel minor tempo possibile. Per questo ogni seduta viene condotta individualmente da personale qualificato e ogni programma è strettamente personalizzato. Inoltre, vengono forniti video degli esercizi da svolgere a casa.

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Quali sono i vantaggi dell’esercizio-terapia?

L’esercizio è un farmaco ad azione preventiva e curativa a costo zero (o molto ridotto) e se tutti lo utilizzassimo la società ne avrebbe grandi benefici: si verificherebbe una notevole riduzione dell’incidenza delle patologie esercizio-sensibili e delle loro ricadute con conseguente risparmio economico e diminuzione dei costi sanitari. Non ultimo si creerebbero nuovi posti di lavoro per laureati in Scienze Motorie e fisioterapisti.

Insomma, sarebbe un bene per tutti.

Anche per te.

Scopri che cosa puoi fare per migliorare la tua vita.

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Clicca per leggere l’articolo: Massimo Massarini, “L’attività fisica, nuovo farmaco.”, Sport&Medicina, num. 1 gennaio-febbraio 2012, p.29-33