Arriva luglio e arriva il Tour. Come sempre lo seguiremo in palestra (così mentre siete sulla cyclette potete prendere ispirazione) e con il cuore, facendo il tifo per gli amici medici, fisioterapisti e giornalisti che sono al lavoro con i campioni. Uno lo “sentiremo” particolarmente vicino: Max Lelli sarà ancora una volta la voce della Rai. Ex pro con 14 partecipazioni al Tour, è ancora completamente immerso nel ciclismo comeproduttore di bici. Ma non solo: per trasmettere la sua esperienza e la sua passione ha aperto una Bike School nel suo agriturismo in Maremma, il Bed & Bike “Il Raduno”.
Alla vigilia della prima tappa, gli abbiamo chiesto che cosa si aspetta dalle prossime settimane di gara.
Max al Giro con il suo pilota Vittorio Agrati
Com’è il Tour quest’anno?
Duro. Come al solito. Stress. Lunghezza, temperatura, cadute. E’ sempre una gara affascinante e spietata: un grandissimo spettacolo.
Perché si cade così tanto di solito?
La posta in gioco è alta, tutti vogliono stare davanti, le velocità sono stratosferiche. E poi… troppi giovani rampanti. Rispetto ai nostri tempi dove si rispettavano le gerarchie, ora si corre tutti contro tutti. Ma non tutti sanno andare bene, anzi benissimo, in bici. Infine i materiali: sebbene più performanti, sono più pericolosi. I cerchi in carbonio tirano dei brutti scherzi quando si arriva a sessanta all’ora in una strettoia. Forse nelle coperture – senza far nomi di aziende – ci sono differenze tra una marca e l’altra…
Cos’è cambiato nel ciclismo dai tuoi tempi?
L’impostazione dell’atleta: Froome va forte ma non è elegante. E poi spesso si sbaglia sui fondamentali: penso alla crono di Barolo – che scene! -, dove molti hanno tirato dei dritti sulle curve bagnate perché avevano scelto una bici da velocità invece di una geometria più tranquilla. Dispiace dirlo ma i giovani sembrano più attenti alle pr che ai telai, passano più tempo su Twitter e Facebook che vicino ai meccanici.
Froome è il campione in carica
E la tecnologia?
Oggi le bici pesano pochissimo ma vengono zavorrate per rientrare nei fatidici 6,8 kg imposti dall’UCI. Mi chiedo, perché rischiare a 100 kmh con telai così leggeri? C’è poi il discorso dei freni a disco che vanno benissimo, sembrano molto promettenti e tra poco arriveranno anche tra i pro. Io li sto provando e mi trovo davvero bene.
Che cosa devono imparare gli amatori guardando i campioni in TV?
Il modo di andare in salita con una cadenza di pedalata che è cresciuta moltissimo. Il 28 è lo standard e in alcune tappe si vedono i 32. Ormai nessuno – neanche gli atleti muscolari – pedala di forza. Da Lance Armstrong in poi il ciclismo si è trasformato: una volta se chiedevi al meccanico di montarti il 23 ti dava del bischero e ti ricordava che eri un pro!
Insomma il nuovo ciclismo è cadenza e agilità.
Certo, e c’è anche da dire che l’uso del cambio è molto più intensivo. Questo perché con 11 rapporti si è ridotta la differenza tra una marcia e l’altra ed è aumentata la precisione. Si tende a cambiare ad ogni minima variazione di pendenza: in questo modo si rende lo sforzo molto più costante e si risparmiano energie preziose.
Che cosa non bisogna guardare?
Le posizioni in discesa. Fanno venire i brividi e spesso l’aerodinamica non ci guadagna neanche. Vedere un corridore “appallottolato” tra manubrio e sella non ispira…
E le traiettorie?
Quelle sì. Allargare verso la mezzeria ad inizio curva è fondamentale per non rischiare di finire in mezzo alla strada. Saper guidare è un grande fattore di sicurezza.
A Parigi si arriverà il 27 luglio
Chi vince? Il tuo pronostico.
Froome non era brillante al Delfinato: è vero che è caduto ma non mi ha entusiasmato. Contador sta andando forte, molto forte ma da molto tempo… sin dall’inizio di stagione. Durerà fino alla fine?
Voglio pensare positivo di Nibali, l’ho visto bene al campionato italiano: incrociamo le dita. L’importante sarà rimanere in piedi i primi giorni, e consideriamo che c’è anche una tappa sul pavé. I francesi daranno battaglia in salita con Thibaut Pinot, Romain Bardet e Pierre Rolland. Ma attenti anche a Andrew Talansky fresco vincitore del delfinato e a Tejay van Garderen, che il nostro amico medico della BMC, Max Testa, dà in grande forma. Sarà combattuto fino alla fine. Chi terrà nell’ultima settimana porterà a Parigi la maglia.
Le mani afferrano il manubrio, i piedi sono saldamente agganciati ai pedali, le gambe spingono con forza, le braccia tirano. Quanta forza viene trasferita alla bici! Forse è il caso di rilassarsi un po’ (qui trovate i consigli della nostra psicologa: la presa sul manubrio dipende dalla testa!): non saranno le braccia a portarci in vetta.
Ma in mezzo, tra le spalle ed il bacino, c’è una zona che se ben allenata potrebbe fare la differenza. E’ la zona addomino-lombare, altrimenti chiamata core, dove alloggia il centro di gravità del corpo umano. E’ la zona dove originano i movimenti, quella che più di ogni altra si occupa di stabilizzare il tronco e di far sì che la forza esercitata dagli arti venga trasmessa senza perdite di potenza.
Che cosa significa?
Kiryienka si arrampica sul Colle delle Finestre
Osserviamo la pedalata di un professionista: si vedrà molto bene come spalle e bacino, cingolo scapolo-omerale e cingolo pelvico, siano perfettamente immobili e allineati. Se invece prendiamo le immagini di un ciclista in crisi o allo stremo delle forze, noteremo come il bacino oscilli sul sellino e come le spalle si muovano ad ogni pedalata. Questo è il segno inequivocabile di un affaticamento muscolare che altera l’azione rendendola ancora più dispendiosa.
Ecco quindi che, come nella corsa, l’allenamento di quel “corsetto” anatomico che costituisce il giro vita e che è composto da ben 26 muscoli riveste una grande importanza per un preciso trasferimento di forza al telaio ed ai pedali.
[button color=”red” size=”small”]Poco importa avere muscoli delle gambe fortissimi se poi una parte di questa forza viene dissipata da un bacino che rolla vistosamente ad ogni pedalata.[/button]
Quali sono gli esercizi per il ciclista per l’allenamento del core? Per capire quali sono gli esercizi, bisogna prima spiegare come sono organizzati i muscoli del core. Possiamo dividerli in due gruppi: muscoli profondi e muscoli superficiali. I muscoli profondi controllano la respirazione, contengono i visceri e stabilizzano i segmenti. I muscoli superficiali sono responsabili della stabilità posturale, della resistenza a carichi esterni e dell’attivazione dei movimenti con trasferimento di energia.
Per il loro allenamento dovremo rispettare una sequenza che rispecchi le loro funzioni. La sfida è sollecitare i muscoli profondi, quelli che spesso si trascurano. Con questi esercizi il risultato è garantito.
Schiena a terra, braccia distese sopra il capo, effettuiamo una serie di respirazioni, ad ogni espirazione immaginiamo di retrarre l’ombelico schiacciando le vertebre lombari a terra. Alterniamo il movimento delle braccia e delle gambe come nella foto.
Adesso giriamoci pancia a terra e, poggiando la punta dei piedi e gli avambracci, solleviamo la pancia da terra mentre espiriamo.
L’ideale sarebbe svolgerli almeno 3 volte/settimana arrivando ad eseguire 3 serie da 12 ripetizioni per ogni esercizio. Quando si è presa confidenza, si può passare ad esercizi più complicati, sostituendo la superficie rigida del pavimento a quella instabile di uno strumento come la Fitness Ball. Nei prossimi articoli vi daremo qualche suggerimento!
Buon allenamento e vedrete come vi sentirete più stabili in sella!
[message type=”info”]Da alcuni mesi Vitalia collabora con Anna Sole Marta, psicologa dello sport(ve la presentiamo qui). L’esercizio fa bene all’individuo tutto, non può diventare un problema per la testa. Per questo bisogna saperlo dosare e, soprattutto nel caso di uno sport duro come il ciclismo, interpretare. Eccovi qualche consiglio della dott.ssa. [/message]
La gioia di Fabio Aru al traguardo
Proprio in uno sport come il ciclismo in cui il doping sembra farla da padrone, si rischia di perdere di vista l’obiettivo principale di un’attività fisica impegnativa e gratificante come questa, in cui il benessere fisico deve andare di pari passo con il benessere mentale e l’entusiasmo. Per raggiungere e mantenere un traguardo così ambizioso non si può trascurare la straordinaria efficacia di un mental training strutturato sulla base delle caratteristiche individuali, della storia sportiva e della personalità di ciascuno.
Questo genere di coaching è ampiamente sfruttato dagli atleti professionisti (qui vi raccontiamo il caso Cadel Evans) per cui un calo di motivazione, di concentrazione (lo sapevi che il caffè può aiutarti a non distrarti in bici?) o uno stato mentale negativo hanno conseguenze immediate ed evidenti sulla prestazione: la sua applicabilità è altrettanto efficace, se non di più, per tutti quegli atleti che desiderano innalzare il loro livello prestativo, che considerano subottimale. Senza pretese di essere qui esaustiva su un argomento che richiede per sua stessa natura di essere calato nelle singole storie sportive e soprattutto di beneficiare dello scambio e del feedback di un osservatore esterno, vorrei darvi qualche spunto di riflessione e pratica che potete mettere in atto già in modo autonomo.
Evans stremato sotto la neve, al Giro 2013
Valutate com’è la vostra percezione del dolore: siete atleti ed avete la possibilità di scegliere come interpretarlo. Provate a capire come le emozioni associate allo sforzo vadano ad influenzare direttamente il livello di fatica. Se il dolore è percepito come un nemico nel ciclista scatta una serie di pensieri autosvalutanti e depotenzianti: “Chi me lo fa fare?”, “Non sono allenato!”. Si innesca un circolo vizioso di emozioni negative che limitano il desiderio di combattere e rendono meno efficace e più difficoltoso l’allenamento. Se il dolore è considerato come una normale e importante parte del training, invece, impara a gestirlo e gli associa emozioni positive. “E’ segno che mi sto allenando”, “Sono sempre più resistente”: sono letture dell’evento che influenzano e modificano positivamente sensazioni che rappresentavano un limite. Sono pensieri che non solo riducono lanocicezione ma vanno ad incentivare la resistenza allo sforzo, la motivazione e la fiducia nelle proprie capacità.
Canola vince in volata
Il ciclismo è uno sport veloce e di contatto e qui entra in gioco la paura. Innanzitutto individuate che cosa vi spaventa: essere parte della massa di ciclisti in partenza? Il dissesto dell’asfalto in discesa? La paura è un sentimento umano che è normale provare. E’ necessario imparare a gestirla, ad esempio confrontandosi con altri oppure spostando il focus della propria attenzione su elementi esterni: dando un preciso ritmo numerico alla pedalata oppure adottande opportune tecniche di rilassamento (siete consapevoli di quanto stringete il manubrio della bici? E’ un gesto che non solo vi irrigidisce, ma vi fa sprecare inutilmente energie).
Il ciclista deve essere attentissimo a curare la fase del riposo: è un aspetto fondamentale del training, per quanto normalmente i ciclisti considerino le interruzioni delle uscite in bici una perdita di allenamento. Questo rischia di essere un atteggiamento che limita la prestazione: il fisico ha necessità di riposo, che deve essere programmato ed effettuato in modo preciso. I benefici si presentano a livello fisico e a livello psicologico: è un break dalle richieste fisiche ed emozionali che il training fisico richiede, oltre a interrompere l’eventuale sorgere di noia per la monotonia e la routine ravvicinata degli allenamenti senza adeguati periodi di riposo. Sarà anche l’aspetto motivazionale a trarne grandi vantaggi permettendo nelle successive uscite in bici di raggiungere quel livello di impegno prefissato senza necessità di sforzi psicologici sproporzionati che sono uno dei principali ostacoli alla continuità ed efficacia dell’allenamento.
Insomma… “meglio un buon riposo che un cattivo allenamento”!
Nella foto i protagonisti dell’edizione 2013 con il vincitore Nibali.
Si comincia! Sta partendo in queste ore in Irlanda il 97° Giro d’Italia e ci sarà da divertirsi: sono22 le squadre, 198 i corridori, e una decina i favoriti, almeno sulla carta. Evans, Basso, Quintana, Roche, Martin, Rodriguez, Hesjedal, gli sprinter, gli scalatori, i passisti: il Giro è un arcobaleno di talenti.
Ci saremo un pochino anche noi di Vitalia: i nostri collaboratori Max Testa e Fabrizio Borra hanno preparato alcuni dei campioni (clicca sui loro nomi per leggere le interviste) e siamo fieri di loro!
Quest’anno il percorso è durissimo. Ogni corridore spenderà circa 100.000 calorie (sapete quanti piatti di pasta sono? Circa 250!) per andare da Belfast a Trieste a pedali. Le biciclette pesano non meno di 6,8 kg. Saranno 21 giorni e 3449 km di fatica, sole, vento, pioggia, salite infinite e discese da brivido, volate, fughe, scatti e attacchi.
Sarà come sempre uno spettacolo bellissimo perché l’Italia, non ce ne vogliano i Francesi, è il più bel palcoscenico del mondo su cui rappresentare il ciclismo.