Sei mesi di corse, un doc e quattro runners. Ieri si è concluso il progetto 4 girls for marathon.
L’allenamento delle ragazze è iniziato con i test estivi (qui il racconto)
E’ finita l’avventura con le 4 girls. Un’avventura iniziata a giugno con l’obiettivo di portare quattro donne “normali” a correre al loro meglio la maratona di Firenze. Un percorso cominciato con i primi test di soglia all’inizio dell’estate, la costruzione di un piano e la ricerca di fornitori tecnici che ci aiutassero: Asics, Garmin, Enervit.
Allenamento dopo allenamento, ritmi, programmi, chilometri, infortuni, caldo, pioggia. Ogni settimana siamo partiti dall’analisi dei dati sul sito Garmin (ecco come funziona) e sulla costruzione della nuova tabella settimanale.
A settembre le distanze si sono allungate. Poi ad ottobre, alla mezza della Corsa da Re, il personal best per Carlotta, Sara ed Elena ed il primo incidente: la rinuncia di Vale che avendo passato tutta l’estate sui libri, non è riuscita a fare il miracolo. Si va avanti, le tre rimaste continuano a correre bene, il mese passa macinando km.
Arriva novembre, la stanchezza accumulata inizia a farsi sentire. Piccoli segnali da non trascurare: un tallone dolorante, un polpaccio contratto. C’è chi minimizza e chi enfatizza, difficile essere obiettivi. Forza, manca poco, tra una settimana inizia lo scarico. Tra un alleggerimento degli allenamenti e una seduta di fisioterapia, il tutto condito con ghiaccio, è già la vigilia.
Alla Firenze Marathon hanno dominato i kenyoti
Tensione e pochi messaggi.
Si parte, si spera.
Si arriva. E’ andata bene, poteva andare benissimo. Grazie girls, mi avete fatto lavorare, ma ci siamo divertiti.
Mancano pochi giorni all’apertura degli impianti: qualche consiglio per arrivare in forma ed evitare infortuni alle prime curve. [Articolo pubblicato su Vialattea Magazine]
Bene, lo stagionale l’abbiamo preso, gli sci e gli scarponi sono a posto, il casco c’è …e le gambe ed il fiato?
Mah, forse… o forse vale la pena rivedere insieme cosa fare per migliorare o mantenere quella condizione fisica che ci permetterà di tirare ancora una Banchetta o di disegnare la prima traccia su Pattemouche. Lo sci è uno sport affascinante e complesso che però richiede un insieme di doti atletiche che partono da una buona resistenza e includono forza muscolare e flessibilità articolare. Ecco allora come allenare queste qualità con qualche esercizio facile che può essere svolto palestra ma anche a casa.
Resistenza
Se abitate vicino alle aree verdi della città e se il freddo non vi spaventa, corsa e bici sono un ottimo allenamento da praticare anche nella stagione fredda. L’alternativa è usare attrezzature per l’allenamento aerobico come tapis roulant, cyclette ed ellittici. Sono macchine che permettono di svolgere ottimi allenamenti senza dover uscire al buio o nella pioggia. (Vuoi saperne di più sui rulli? Vai allo speciale)
Quanto
Sedute di 40’ di allenamento aerobico 2 volte a settimana usando un attrezzo in modo continuativo o frazionando il tempo su macchine diverse possono bastare per acquisire la resistenza di base. Lo sforzo dovrebbe essere moderato portando la frequenza cardiaca a 130-140 (per una persona sana di circa 40-50 anni) ed il respiro dovrebbe essere accelerato ma non affannoso.
Forza e stabilità
“La potenza è nulla senza il controllo” diceva una pubblicità di pneumatici qualche anno fa, e la frase esprime bene il concetto di quello che si deve ricercare nell’allenamento per lo sci. Esercizi di rinforzo, quindi, per la muscolatura di gambe, schiena, addome e spalle ma anche esercizi di abilità(che cos’è l’ability training? ve lo spieghiamo qui) in cui imparare ad esercitare la forza in situazioni di scarso equilibrio.
Come
Aggiungiamo ai nostri attrezzi una fitball ed una tavoletta propriocettiva o anche un materassino da usare come base di appoggio instabile e fare gli esercizi delle foto suddividendoli in 3 serie da 6-8 ripetizioni l’una. Il gruppo di esercizi per la core stability riveste una fondamentale importanza per eseguire bene i movimenti che lo sci moderno richiede, tutti i campioni ne svolgono in gran quantità e con varianti sempre più difficili. Questi particolari movimenti servono inoltre per prevenire il mal di schiena.
Mobilità e flessibilità
Grazie a mobilità e flessibilità si abbassano i rischi di lesioni muscolari e si riesce a mantenere fluidità di movimenti. La moderna tecnica sciistica richiede che si raggiungano degli angoli articolari molto accentuati e ciò richiede una buona elasticità muscolare. Gli esercizi proposti attivano i gruppi muscolari in sequenza e insegnano a rilassarli. Durante la loro esecuzione non si dovrebbe avvertire nessun dolore ma al massimo una leggera tensione.
Gambe affaticate
Self myofascial release, o auto massaggio miofasciale è la tecnica che permette di trattare la muscolatura per risolvere quelle contratture e quegli irrigidimenti che possono occorrere alle gambe dopo i primi giorni di sci.
Come fare
Si tratta di procurarsi un rullo in foam o schiuma di poliuretano, abbastanza rigido e del diametro di 10-12 cm. Il roller foam, così si chiama, verrà utilizzato per massaggiare cosce, polpacci, glutei e schiena rotolandoci sopra la parte in questione, quando si trova una zona dolente ci si insisterà sopra andando avanti ed indietro lentamente di pochi centimetri fino a che l’indolenzimento non svanirà.
E’ sicuramente il modo ideale di concludere una giornata sulle piste e per rimettere le gambe a nuovo... perché stanotte nevica!
[message type=”info”]Da alcuni mesi Vitalia collabora con Anna Sole Marta, psicologa dello sport(ve la presentiamo qui). L’esercizio fa bene all’individuo tutto, non può diventare un problema per la testa. Per questo bisogna saperlo dosare e, soprattutto nel caso di uno sport duro come il ciclismo, interpretare. Eccovi qualche consiglio della dott.ssa. [/message]
La gioia di Fabio Aru al traguardo
Proprio in uno sport come il ciclismo in cui il doping sembra farla da padrone, si rischia di perdere di vista l’obiettivo principale di un’attività fisica impegnativa e gratificante come questa, in cui il benessere fisico deve andare di pari passo con il benessere mentale e l’entusiasmo. Per raggiungere e mantenere un traguardo così ambizioso non si può trascurare la straordinaria efficacia di un mental training strutturato sulla base delle caratteristiche individuali, della storia sportiva e della personalità di ciascuno.
Questo genere di coaching è ampiamente sfruttato dagli atleti professionisti (qui vi raccontiamo il caso Cadel Evans) per cui un calo di motivazione, di concentrazione (lo sapevi che il caffè può aiutarti a non distrarti in bici?) o uno stato mentale negativo hanno conseguenze immediate ed evidenti sulla prestazione: la sua applicabilità è altrettanto efficace, se non di più, per tutti quegli atleti che desiderano innalzare il loro livello prestativo, che considerano subottimale. Senza pretese di essere qui esaustiva su un argomento che richiede per sua stessa natura di essere calato nelle singole storie sportive e soprattutto di beneficiare dello scambio e del feedback di un osservatore esterno, vorrei darvi qualche spunto di riflessione e pratica che potete mettere in atto già in modo autonomo.
Evans stremato sotto la neve, al Giro 2013
Valutate com’è la vostra percezione del dolore: siete atleti ed avete la possibilità di scegliere come interpretarlo. Provate a capire come le emozioni associate allo sforzo vadano ad influenzare direttamente il livello di fatica. Se il dolore è percepito come un nemico nel ciclista scatta una serie di pensieri autosvalutanti e depotenzianti: “Chi me lo fa fare?”, “Non sono allenato!”. Si innesca un circolo vizioso di emozioni negative che limitano il desiderio di combattere e rendono meno efficace e più difficoltoso l’allenamento. Se il dolore è considerato come una normale e importante parte del training, invece, impara a gestirlo e gli associa emozioni positive. “E’ segno che mi sto allenando”, “Sono sempre più resistente”: sono letture dell’evento che influenzano e modificano positivamente sensazioni che rappresentavano un limite. Sono pensieri che non solo riducono lanocicezione ma vanno ad incentivare la resistenza allo sforzo, la motivazione e la fiducia nelle proprie capacità.
Canola vince in volata
Il ciclismo è uno sport veloce e di contatto e qui entra in gioco la paura. Innanzitutto individuate che cosa vi spaventa: essere parte della massa di ciclisti in partenza? Il dissesto dell’asfalto in discesa? La paura è un sentimento umano che è normale provare. E’ necessario imparare a gestirla, ad esempio confrontandosi con altri oppure spostando il focus della propria attenzione su elementi esterni: dando un preciso ritmo numerico alla pedalata oppure adottande opportune tecniche di rilassamento (siete consapevoli di quanto stringete il manubrio della bici? E’ un gesto che non solo vi irrigidisce, ma vi fa sprecare inutilmente energie).
Il ciclista deve essere attentissimo a curare la fase del riposo: è un aspetto fondamentale del training, per quanto normalmente i ciclisti considerino le interruzioni delle uscite in bici una perdita di allenamento. Questo rischia di essere un atteggiamento che limita la prestazione: il fisico ha necessità di riposo, che deve essere programmato ed effettuato in modo preciso. I benefici si presentano a livello fisico e a livello psicologico: è un break dalle richieste fisiche ed emozionali che il training fisico richiede, oltre a interrompere l’eventuale sorgere di noia per la monotonia e la routine ravvicinata degli allenamenti senza adeguati periodi di riposo. Sarà anche l’aspetto motivazionale a trarne grandi vantaggi permettendo nelle successive uscite in bici di raggiungere quel livello di impegno prefissato senza necessità di sforzi psicologici sproporzionati che sono uno dei principali ostacoli alla continuità ed efficacia dell’allenamento.
Insomma… “meglio un buon riposo che un cattivo allenamento”!
La preparazione atletica ha subito negli ultimi dieci anni un radicale cambiamento. Se infatti, negli anni ’90 ci si focalizzava sull’allenamento dei vari gruppi muscolari, in tempi più recenti si è passati al cosiddetto allenamento funzionale in cui le macchine a contrappesi sono state quasi soppiantate da piccoli attrezzi (kettle bell, tavolette, bosu, sacchi da boxe e quant’altro).
Questa moda è stata abbracciata dai personal trainer che vi hanno visto la possibilità di proporre qualcosa di nuovo alla clientela. Molto spesso gli esercizi proposti non sono però adeguati alle capacità individuali.
Il vero passo in avanti è rappresentato dalla ricerca dell’allenamento delle abilità e cioè del controllo neuromuscolare ed del controllo posturale dinamico.
Il controllo neuromuscolare detta la velocità delle reazioni dei muscoli alle situazioni esterne mentre il controllo posturale dinamico fa in modo che il corpo assuma sempre la posizione più adatta al tipo di movimento da eseguire.
Per capire meglio il concetto proviamo a fare un esempio: immaginiamo di far correre due atleti con uguale resistenza su una strada con fondo regolare; tutti e due andranno più o meno alla stessa andatura. Se questa strada si trasforma però in un sentiero impervio ecco che le differenze si evidenzieranno e l’atleta più abile andrà più veloce. Perché? Perché il suo sistema neuromuscolare ed il controllo posturale dinamico gli permetteranno di adattare il passo, gli appoggi, l’azione del tronco e delle braccia alle caratteristiche del terreno ed il tutto si tradurrà in una corsa più veloce e redditizia, oltreché sicura.
Ecco, l’allenamento delle abilità consiste nel migliorare tutti quei fattori che si traducono in efficienza del movimento come sintesi di capacità di base (forza, resistenza e flessibilità) e di qualità più specifiche (coordinazione, rapidità, controllo del core, propriocettività).
[button color=”red” size=”large”] L’atleta, ma anche la persona comune, riesce, curando l’allenamento delle abilità, ad essere più efficace e sicura in ogni espressione motoria.[/button]
Questo è il concetto di allenamento che Vitalia utilizza e che viene trasversalmente applicato alla preparazione atletica, alla prevenzione ed alla riabilitazione, scegliendo gli esercizi in modo che essi siano sempre adeguati alle capacità motorie della persona.
Nei prossimi articoli daremo seguito al tema dell’allenamento delle abilità sia in chiave di prevenzione che di riabilitazione.
[message type=”info”] Speciale World Master Games – Andrea non si ferma mai. Su Facebook lo dice così: “Go, go, go!”. È il ritornello che accompagna le foto delle sue gare. Ma quando si allena niente musica: “mi piace sentire il mio corpo. E stare bene”.[/message]
Domani ti attende la mezza maratona. Come stanno andando i tuoi WMG?
Sono contento: la sfida era vedere se riuscivo a fare tutto. Ho cominciato sabato scorso con il duathlon, poi i 5000m, poi i 10000m e domani l’ultima tappa. Il recupero è stato ottimo e sono soddisfatto delle mie prestazioni: ho corso i 5000 in 20’ 53’’, insomma sotto la soglia dei 21’, il mio miglior tempo fino ad allora. Il duathlon è stato un’altra piccola vittoria: pedalo da appena un anno, pensavo di arrivare ultimo. Invece ho strappato un piazzamento a metà classifica.
Da quanto tempo corri?
La mia carriera sportiva è molto breve: fino al mio quarantesimo compleanno non avevo mai praticato nessuno sport. Ero in sovrappeso, nonostante avessi già perso chili con la dieta, e i miei esami del sangue allertarono la dottoressa: avevo bisogno di muovermi.
Pronti via.
Ricordo che un sabato ne parlai con mia moglie. Le chiesi un consiglio, lei non ebbe dubbi: “Costa poco e puoi cominciare subito: comprati un paio di scarpe da ginnastica e vai a correre!”. La domenica andai da Decathlon, il lunedì indossai le scarpe. Per due mesi ho lavorato così: 5 minuti di corsa e 5 di camminata.
Il peso diminuiva e la passione cresceva.
È stato un colpo di fulmine: non avrei mai pensato di innamorarmi! Oggi ho 43 anni (ndr – è nato nel 1970), 15 kg in meno e non posso passare più di una settimana senza correre: mi serve per stare bene con me stesso!
Sarà contenta tua moglie…
Ha molta pazienza. Mi ha sostenuto tantissimo e mi viene a vedere a tutte le gare, trasferte comprese. Infatti dopo i WMG ho promesso di portarla in vacanza e staccare per un po’…
Quanto ti alleni di solito?
Corro tre volte alla settimana e dedico il giorno di riposo alla bici. Uso la pausa pranzo per andare al Valentino, con cambi rocamboleschi in auto (non ho un posto dove farmi la doccia e devo arrangiarmi come posso) prima di tornare in ufficio.
Qual è stata la cosa più difficile all’inizio?
Ritagliarmi del tempo. Staccare dalla routine casa-ufficio-spesa-casa-ufficio… Mia moglie ed io eravamo piuttosto pigri e sedentari: con la mia corsa abbiamo cambiato vita. Io riesco ad organizzarmi bene, lei si è messa a dieta con me. E poi abbiamo ripreso a nuotare: per me in realtà si tratta di una nuova sfida, perché non ne sono mai stato capace. Pochi mesi fa ho deciso di imparare e così ogni quindici giorni andiamo in piscina. Mia moglie è in gran forma!
Tu lo fai per il mare o pensi al triathlon?
Il triathlon è il mio sogno nel cassetto! Ma è un traguardo ancora molto lontano. Per ora voglio lavorare sulla maratona.
Nei hai già corse?
Ho partecipato a quella di Roma a marzo. Mi sono preparato per mesi intensificando le sedute (una in più, quattro alla settimana) ma comunque sono arrivato al fondo della gara distrutto. Ero commosso, un’emozione straordinaria, ma il mio orribile 4h 16′ aspetta di essere abbassato a Torino, il prossimo novembre.
In due anni da 5 minuti a 4 ore non è male.
Ho fatto passi da gigante! Ed è proprio vero che non è mai troppo tardi né troppo difficile cominciare uno sport. Ce la possiamo fare tutti.
Con chi ti alleni?
A marzo ho conosciuto i ragazzi di Base Running e frequento i loro allenamenti collettivi all’una. Siamo una squadra straordinaria: Corrado Vinesia, Roberto Prete, Lorenzo Bertoldini, Alessandro Iacovelli, Paolo Loggia… Con loro ho fatto il salto: da solo non riuscivo a schiodarmi dai miei 5’ e 20’’ al km. Era come se il mio corpo si fosse abituato.
Il gruppo ha una marcia in più.
Anch’io, che sono un solitario, mi sono convinto. L’entusiasmo degli altri mi ha contagiato: sono migliorato tantissimo. E poi nel nostro team ci sono atleti esperti come Alessandro Giannone e Viviana di Fiore, che mi ha accolto e seguito da subito: con i suoi consigli non potevo che crescere. Lei e Alessandro, insieme agli altri (Andrea Di Giuseppe, Fabrizio Voltolini, Saverio Della Donna) sono i miei punti di riferimento: il confronto con loro mi permettere di puntare sempre più in alto.
Il tuo obiettivo alla maratona di Torino?
È molto, molto ambizioso. Vorrei farcela in 3h 30′: ci proverò con il sostegno del dott. Massarini. Sono stato da lui per la visita medica agonistica e per il test del lattato, poi mi ha seguito per una settimana a distanza: mi ha assegnato dei test da svolgere indossando il mio Garmin e ha monitorato i risultati sul mio profilo Garmin online. Quelle prove hanno confermato i dati ottenuti in laboratorio e così ha potuto tracciare un quadro medico sportivo molto preciso. Dopo la pausa costruiremo insieme la preparazione per la maratona.
Puoi iniziare dagli esercizi che trovi sul nostro canale di Youtube…
Li sto già provando! Sono belli ed è molto utile la dimostrazione video che avete postato. Mi piacciono anche gli articoli del blog: sono semplici, concreti e affidabili, perfetti per chi come me è appassionato ma ancora alle prime armi. Nella rete è pieno di gente che scrive cretinate: è importante farsi indirizzare bene e non lasciarsi fregare!
Chi è il tuo podista preferito?
Orlando Pizzolato, vincitore di due maratone di New York (1984 e ‘85): per me tutto è partito dal suo libro. Quest’anno ho avuto l’onore di conoscerlo perché ho seguito uno stage ad Asiago con lui. Lo stimo tantissimo come atleta e come divulgatore: il suo “Correre” è un capolavoro, è scritto bene ed è estremamente diretto e “terra a terra”. Non mi stanco mai di rileggerlo e ogni volta scopro qualcosa di nuovo. Pizzolato è un esperto che sa di parlare a neofiti: ti avvicina alla corsa e lo fa con un tocco tecnico. Ti aiuta a capire quanto sei bravo e quanto sei in grado di correre, ti dà indicazioni e consigli con tabelle utilissime. E dopo la lettura non ti resta che mettere in pratica.
Il caffè è bevanda antica dai camaleontici aspetti. Associato molto bene all’idea del momento di relax ufficiale (il famoso coffee break di cultura anglo-americana, l’amichevole chiacchiera al bar o in casa della partenopea “tazzulella ‘e cafè”), fino a poco tempo fa esso era più vicino allo sport guardato o letto che a quello praticato.
E invece le cose cambiano, le idee evolvono ed ecco emergere un volto diverso della tradizionale bevanda: un volto capace di migliorare le prestazioni sportive degli atleti impegnati sia nelle discipline di resistenza che in quelle a maggior impegno neuromuscolare.
La caffeina, che è “l’anima attiva” del caffè, è infatti una sostanza blandamente stimolante in grado di attivare il sistema nervoso centrale e di migliorare la funzionalità cardio-respiratoria ed il metabolismo dei grassi.
Detto ciò, è facile capire che possono bastare 60-80 mg di caffeina, quanta ce n’è in una, due tazzine, per migliorare l’attenzione e la capacità di concentrazione. Quali sportivi si avvantaggiano di questi effetti? Senz’altro quelli che praticano sport che richiedano velocità di decisione e capacità di risolvere situazioni complesse. Ecco quindi che il golfista, il calciatore, o il giocatore di tennis o di basket, possono beneficiare degli effetti di un buon caffé prima della competizione.
Chi invece pratica sport di resistenza conosce bene gli effetti del caffé sulla prestazione di lunga durata. Assunta prima e durante la competizione, la caffeina favorisce l’utilizzo dei grassi come fonte di energia e quindi permette di prolungare la capacità di sforzo risparmiando il prezioso carburante rappresentato dagli zuccheri che sono contenuti nel fegato e nei muscoli.
A livello cardiaco aumentano sia la frequenza che la gittata sistolica e quindi il cuore è in grado di portare ai muscoli una maggior quantità di sangue ossigenato. Al contempo, la muscolatura delle vie respiratorie si rilassa permettendo una migliore ventilazione.
Nelle gare che durano molte ore, come ad esempio le gran fondo di ciclismo, l’assunzione del caffè aiuta a superare la stanchezza ed ad avere le energie che servono per il finale.
Comunque sia, meglio non esagerare: la caffeina può aumentare la diuresi favorendo il rischio di disidratazione. E’ quindi una buona regola non superare i 2-3 caffè nell’arco della giornata sportiva, anche perché, per dover di informazione bisogna dire che l’equivalente di 6-7 tazzine basterebbe a far squalificare un atleta per doping secondo le regole della commissione medica del CIO.
C’è da considerare, poi, l’aumento di metabolismo che il caffè potrebbe provocare e che aiuterebbe coloro che devono smaltire qualche chilo di troppo. In effetti, la caffeina produce un aumento del metabolismo basale senza reali controindicazioni, il solo problema è rappresentato dal fatto che, per avere un innalzamento del metabolismo del 10-15% e quindi per aumentare la spesa calorica di circa 200 kcal in una persona di 70 kg, è necessario assumere circa 5-7 caffè al giorno.