Il diaframma toracico

Il diaframma toracico è il muscolo respiratorio per eccellenza, e come tale compie la sua azione (abbassamento della sua porzione centrale in inspirazione ed un ritorno durante l’espirazione) durante ciclo respiratorio.

Il diaframma è posto come una cupola che suddivide la cavità toracica (superiore) da quella addominale (inferiore). Durante la respirazione la sua azione ha un ruolo sulle pressioni di questi due “contenitori”. In inspirazione l’azione del diaframma aumenta la pressione nella cavità addominale, diminuendola invece nella cavità toracica e facilitando quindi l’ingresso di aria nei polmoni.

 

Respirazione, ma non solo

In aggiunta alla sua funzione primaria (appunto quella respiratoria), per via dei suoi aspetti anatomo-funzionali, il diaframma svolge una serie di attività molto complesse. Esse spaziano dal controllo posturale statico e dinamico, all’anticipazione delle gestualità motorie, dall’agevolazione della fonazione al supporto del controllo digestivo e circolatorio.

Ma oltre ad agire su di una serie di componenti, subisce anche l’influenza di eventi stressanti o di situazioni emotivamente importanti.

Ecco come il diaframma toracico risulta così importante e complesso per gli aspetti funzionali e posturali.

Le correlazioni del diaframma

Il diaframma si trova al centro di una serie di strutture finemente dedicate al controllo posturale. Infatti, il diaframma è direttamente connesso con le sue porzioni tendinee al passaggio dorso-lombare. In questo tratto si svolge lo svincolo delle catene crociate, ossia il movimento di rotazione opposta tra il torace ed il bacino (schema necessario nella deambulazione e nella corsa).  Inoltre, le inserzioni tendinee del diaframma giungono alle vertebre lombari (da L1 a L4).

Anche dal punto di vista muscolare le relazioni anatomiche sono molteplici. Infatti il diaframma è in stretta connessione con i muscoli psoas e quadrato dei lombi, che rivestono un ruolo fondamentale nella mobilità del bacino e nella “compressione” della regione addominale. Oltre ad avere relazioni dirette con i muscoli addominali (trasverso dell’addome in primis) e della colonna lombare (multifido).

Risulta quindi chiaro che il diaframma non possa essere visto come una struttura a sé stante, ma in stretta e sinergica relazione con una serie di componenti muscolari e articolari che giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento della stabilità posturale e nella corretta mobilità del bacino e degli arti.

Le disfunzioni del diaframma

In molti casi viene perso l’automatismo della respirazione diaframmatica, attuando invece una respirazione di tipo toracico. Questo tipo di respirazione risulta meno efficiente e crea spesso disordini o dolori alle spalle e al tratto cervicale della colonna. In molti casi, la causa di una respirazione “alta” cioè di tipo toracico (e non “bassa” cioè di tipo diaframmatico) è ascrivibile alle difficoltà di attivazione del diaframma o a condizioni di rigidità del diaframma stesso o del tratto dorso-lombare della colonna. Una difficoltà di attivazione o una rigidità del diaframma possono comportare importanti alterazioni a carico della postura, fino a giungere all’insorgenza di vere e proprie patologie, quali le lombalgia e le cervicalgie croniche.

Dal punto di vista osteopatico il diaframma può subire delle disfunzioni legate alla sua naturale mobilità. Ovvero può ridurre il suo range di movimento in abbassamento (inspirazione) o nel ritorno (espirazione), o entrambi. La riduzione di mobilità comporta anche un aumento della “rigidità” del muscolo, causando ripercussioni a livello muscolo-scheletrico delle componenti ad esso connesso per via diretta ed indiretta.

Come risolvere le disfunzioni diaframmatiche e mantenerne la piena funzionalità?

Una disfunzione del diaframma ha bisogno di essere trattata. Il trattamento manuale consiste nel “liberare” il diaframma e le sue porzioni tendinee dalle tensioni di natura posturale o derivanti da eventi stressanti, che possono limitare la funzionalità del diaframma stesso ed inficiare la biomeccanica della colonna. Parliamo di trattamenti manipolativi osteopatici che si sono già dimostrati utili in molti studi (es. Gonzalez-Alvarez, et al., 2016) e consentono, tramite una dolce pressione sulla cupola diaframmatica, di individuare e ridurre la tensione nelle porzioni diaframmatiche in restrizione.

Questo approccio ha il duplice vantaggio di agire direttamente sul diaframma garantendone una maggiore funzionalità, ma anche di lavorare in maniera indiretta sulla fitta rete di relazioni muscolo-scheletriche del diaframma, garantendo una migliore mobilità dell’intero tratto dorso-lombare.

A seguito del trattamento manipolativo osteopatico è utile svolgere esercizi di attivazione della respirazione diaframmatica ed eventualmente un allenamento specifico per la resistenza della muscolatura respiratoria.

Per l’attivazione diaframmatica, di solito vengono svolti semplici esercizi in cui, partendo dalla posizione in decubito supino, con le gambe piegate, i piedi in appoggio sul terreno, e le mani posizionate sull’addome, si compiono alcune respirazioni profonde cercando, durante la fase inspiratoria, di gonfiare l’addome e percepire la muscolatura diaframmatica che si abbassa. In fase espiratoria invece l’addome si deve contrarre, permettendo al diaframma di ritornare alla posizione neutra.

Una volta presa coscienza dell’attivazione del diaframma partendo dalla posizione supina, è possibile svolgere esercizi simili ma dalla stazione seduta e da in piedi, in modo da percepire le differenze di attivazione in base alla postura mantenuta.

 

Quando l’attivazione del diaframma e la respirazione addominale diventano di facile gestione, può essere utile, allenare in maniera specifica il diaframma (esattamente come alleniamo altri gruppi muscolari). Bisogna ricordare che il diaframma è un muscolo posturale tonico, che necessita di un allenamento della sua capacità di resistenza e non di massima espressione di forza. Per poter ottenere questi risultati esistono strumenti (come lo SpiroTiger) che sfruttano il meccanismo dell’iperpnea (aumento della ventilazione polmonare) isocapnica (mantenimento dei livelli di anidride carbonica). Questi sistemi hanno il grande vantaggio di poter allenare in maniera specifica il diaframma anche per tempi molto prolungati, evitando di incorrere in “giramenti di testa” o nella compensazione della muscolatora respiratoria accessoria. Inoltre, offrono la possibilità di modificare ed adattare i parametri di frequenza respiratoria, garantendo quindi un allenamento del diaframma ad intensità (es. frequenza respiratoria simile a quella di gara) e con volumi respiratori differenti.

Questa fase risulta molto importante per garantire la massima funzionalità ed efficienza del diaframma durante lo sforzo.

Una serie di attività che consentono di eliminare le disfunzioni, migliorare l’attivazione ed infine allenare nello specifico uno dei muscoli più importanti del nostro organismo, migliorando lo stato di salute e ridurre il rischio di infortuni o alterazioni posturali.

L’attuale situazione caratterizzata dall’emergenza Covid19 è causa di forte stress per tutti noi: incertezza sul futuro, mancanza di contatti sociali, alterazioni delle abitudini quotidiane e vita sedentaria concorrono a creare una serie di fattori negativi che possono incidere sulla salute mettendo il sistema nervoso sotto attacco.

Per meglio comprendere come lo stress può trasformarsi in vere e proprie patologie è bene iniziare a capire cosa regola gli organi e gli apparati del corpo umano.

La nostra “centralina elettronica”

Così come in un’auto moderna, anche il corpo umano è governato da una “centralina elettronica”. Nel nostro caso si tratta del sistema neurovegetativo (SNA) che riceve informazioni e che, dopo averle elaborate, invia segnali ai vari organi e apparati. Molti fattori possono agire alterandone l’equilibrio: stress acuto e cronico, alterazione dei ritmi del sonno, sedentarietà o eccesso di esercizio, alterazioni dell’alimentazione, alcool, fumo, per citarne alcuni. (1)

Il SNA è costituito da 2 strutture, il simpatico ed il vago, che interagiscono continuamente nell’arco della giornata e delle circostanze per far sì che l’organismo si adatti alle molteplici situazioni che si trova a dover fronteggiare.

Ad esempio, se ci si trova a dover fare uno sforzo improvviso, come salire una rampa di scale velocemente, il simpatico manderà stimoli al cuore, ai polmoni e al sistema endocrino per mettere il corpo in condizione di portare sangue, ossigeno e nutrienti ai muscoli che permetteranno di eseguire il gesto; se invece abbiamo consumato il pasto serale, il vago invierà stimoli all’apparato gastro intestinale per facilitare la digestione ed abbasserà il livello di attenzione per favorire il riposo notturno.

In sintesi possiamo semplificare dicendo che il simpatico è l’acceleratore ed il vago è il freno del nostro organismo.

In una situazione di benessere e di allenamento i due sistemi interagiscono in maniera ottimale e ci permettono di adattarci velocemente alle diverse situazioni.

Quando, però, un fattore stressante, come quelli sopra citati va a inserirsi per un tempo più o meno prolungato si genera un disequilibrio nel SNA.

Se lo stressor si protrae nel tempo, l’alterazione a livello del SNA finisce con il modificare l’attività di apparati come ad esempio quello endocrino, quello cardiocircolatorio.

Le malattie generate dallo stress

Se, come abbiamo detto, il SNA controlla tutte le funzioni del corpo, è facile comprendere come una sua alterazione, se protratta nel tempo, possa comportare alterazioni del sistema endocrino, del sistema cardiocircolatorio, di quello digerente e del sistema immunitario.

I danni più frequentemente riscontrabili sono alterazioni della pressione arteriosa, tachicardia, respirazione superficiale, accumulo di grasso corporeo, perdita di massa muscolare e diminuzione della densità ossea.

Come proteggersi

Per evitare che ciò succeda dobbiamo mettere in atto alcune strategie.

In primis, bisogna mantenere dei ritmi di vita regolari, andando a dormire e svegliandosi alla stessa ora e senza fare le ore piccole, soprattutto evitando di passare le ultime ore della giornata davanti a forti fonti luminose come gli schermi degli smart phones. Meglio leggere qualche pagina di un buon libro. Il rispetto di queste regole permette di mantenere il ritmo circadiano a cui è collegato il sistema endocrino.

Il secondo consiglio è di dedicare 5 minuti, 3 volte al giorno, ad esercizi di respirazione con il ritmo di 5 secondi in inspirazione, 2 secondi di trattenuta e 5 secondi di espirazione. Questo ritmo respiratorio permette di migliorare l’ossigenazione dell’organismo e di stimolare il SNA.

 

 

Svolgere quotidianamente dai 15 ai 30 min di esercizio, preferibilmente appena svegli o prima di pranzo, con la modalità dell’interval training, alternando quindi 15-30 secondi di lavoro molto intenso a 15-30 di recupero ad intensità blanda. Variazioni rapide allenano il fisico a cambiare velocemente dallo stato di riposo a quello di impegno elevato e quindi predispongono il SNA a inviare con prontezza i segnali alla periferia.

 

Questi consigli, semplici da attuare ci aiuteranno a superare indenni la situazione attuale e a vivere meglio.

1-Chrousos, G. Stress and disorders of the stress system. Nat Rev Endocrinol 5, 374–381 (2009). https://doi.org/10.1038/nrendo.2009.106

bici-neve

La stagione invernale, si sa, rende complicato l’allenamento del ciclista. Giornate corte, temperature basse, ghiaccio e pioggia ostacolano le uscite quotidiane e la maggior parte dei praticanti limita l’attività al week-end quando si possono sfruttare meglio le ore centrali della giornata.

Se però si punta a ben figurare nelle gare d’inizio della stagione, una parte dell’allenamento deve essere svolta anche in settimana.

I rulli sono quindi la soluzione pressoché obbligata anche se sono considerati noiosi e monotoni.

Tuttavia si possono adottare diversi trucchi per rendere questo allenamento il più proficuo e divertente possibile.

Eccone quattro:

  1. posizionare i rulli in un ambiente arieggiato e con un bel ventilatore davanti
  2. tenere a portata di mano una borraccia
  3. avere un televisore, Ipad o PC davanti con video di ciclismo
  4. avere un programma ben dettagliato da seguire

Quest’ultimo punto è fondamentale per ottenere i miglioramenti ricercati.

I rulli, in effetti – o almeno quelli che visualizzano la potenza espressa in Watt, la Frequenza Cardiaca e la cadenza della pedalata – si prestano molto bene per svolgere esercitazioni finalizzate al miglioramento della massima potenza aerobica, della soglia, della forza specifica o dell’efficienza di pedalata.

Di seguito proponiamo lavori specifici per ognuno di questi aspetti.

[toggle title=”Esercitazioni per la massima potenza aerobica”]

Iniziare con un riscaldamento prolungato di circa 20’ a fondo lungo e innalzando progressivamente la velocità fino a fondo medio.

Eseguire 5 ripetizioni di 30 sec ad intensità quasi massimale (percezione dello sforzo 9/10) a 90-100 rpm. seguite da 30 sec in agilità.

Recuperare 4-5 minuti dopo ogni serie a ritmo medio (percezione dello sforzo 4/10).

Ripetere la sequenza 3 volte.

Terminare con 10’ a fondo lento. [/toggle]

[toggle title=”Esercitazioni per la soglia”]

Riscaldarsi per 10’ a fondo lento.

Fare 10’ a fondo medio.

Eseguire 4 ripetizioni di 4’ a intensità di soglia (percezione dello sforzo 7/10) a 80 rpm.

Recuperare 3 minuti dopo ogni ripetizione a fondo lento (percezione dello sforzo 3/10).

Concludere con 10’ in agilità a 100 rpm. [/toggle]

[toggle title=”Esercitazioni per la forza specifica”]

Riscaldarsi per 10’ a fondo lento.

Fare 10’ a fondo medio.

Eseguire 8-10 ripetizioni di 1’ a intensità 6/10 a 35-40 rpm curando la rotondità della pedalata e senza tirare sul manubrio. E’ possibile che questa cadenza così bassa possa essere dolorosa per coloro che soffrono di condropatia rotulea. In questi casi la velocità può essere innalzata a 50-55 rpm per ridurre la tensione muscolare.

Recuperare 1’ in agilità a 80-90 rpm dopo ogni ripetuta.

Concludere con 10’ in agilità a 100 rpm. [/toggle]

[toggle title=”Esercitazioni per l’efficienza della pedalata”]

Pedalare visualizzando il gesto e curando la fase di spinta in modo da prolungarla il più possibile (come se dovessimo pulire la suola delle scarpe su uno zerbino).

Concentrarsi sulla simmetria della pedalata.

Rilassare le spalle e le braccia. Curare la respirazione. [/toggle]

spinning

Spinning si, spinning no

Il numero di ciclisti che utilizzano le classi di spinning per la preparazione invernale è in aumento e spesso ci si chiede se ciò serva veramente all’allenamento in bici. La risposta non è univoca, dipende

Lo spinning in effetti è un attrezzo inerte che può essere utilizzato in modi molto diversi.

L’efficacia dell’allenamento dipende quindi da come è costruita la seduta. Le tipologie di allenamento fin qui descritte si possono tranquillamente riprodurre su una bici da spinning: i modelli più recenti offrono anche un display che visualizza potenza, cadenza e frequenza cardiaca e, in questo caso, l’allenamento ha la stessa efficacia di quello fatto con i rulli.

Se invece nella lezione prevale l’aspetto coreografico e spettacolare… beh allora… non stiamo parlando a ciclisti VERI.

Organizzazione degli allenamenti

In linea generale i primi allenamenti dovranno privilegiare la forza specifica e l’aumento della VO2 Max mentre avvicinandosi alla primavera ci si potrà concentrare sulle ripetute alla soglia aumentandone la durata ed il numero.

Se però si vuole un programma veramente “su misura”, ci si dovrà sottoporre ad un test in laboratorio: si potrà allora capire quale di queste esercitazioni sia prioritaria e definire con precisione a quanti watt e FC svolgerla. Inoltre si potrà analizzare la pedalata per capire se essa sia simmetrica e redditizia e si potrà studiare la posizione in sella più efficace.

Buon divertimento!

Contattaci per il tuo allenamento personalizzato.

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Il caffè è bevanda antica dai camaleontici aspetti. Associato molto bene all’idea del momento di relax ufficiale (il famoso coffee break di cultura anglo-americana, l’amichevole chiacchiera al bar o in casa della partenopea “tazzulella ‘e cafè”), fino a poco tempo fa esso era più vicino allo sport guardato o letto che a quello praticato.

E invece le cose cambiano, le idee evolvono ed ecco emergere un volto diverso della tradizionale bevanda: un volto capace di migliorare le prestazioni sportive degli atleti impegnati sia nelle discipline di resistenza che in quelle a maggior impegno neuromuscolare.

coffee-image

La caffeina, che è “l’anima attiva” del caffè, è infatti una sostanza blandamente stimolante in grado di attivare il sistema nervoso centrale e di migliorare la funzionalità cardio-respiratoria ed il metabolismo dei grassi.

Detto ciò, è facile capire che possono bastare 60-80 mg di caffeina, quanta ce n’è in una, due tazzine, per migliorare l’attenzione e la capacità di concentrazione. Quali sportivi si avvantaggiano di questi effetti? Senz’altro quelli che praticano sport che richiedano velocità di decisione e capacità di risolvere situazioni complesse. Ecco quindi che il golfista, il calciatore, o il giocatore di tennis o di basket, possono beneficiare degli effetti di un buon caffé prima della competizione.

Chi invece pratica sport di resistenza conosce bene gli effetti del caffé sulla prestazione di lunga durata. Assunta prima e durante la competizione, la caffeina favorisce l’utilizzo dei grassi come fonte di energia e quindi permette di prolungare la capacità di sforzo risparmiando il prezioso carburante rappresentato dagli zuccheri che sono contenuti nel fegato e nei muscoli.

A livello cardiaco aumentano sia la frequenza che la gittata sistolica e quindi il cuore è in grado di portare ai muscoli una maggior quantità di sangue ossigenato. Al contempo, la muscolatura delle vie respiratorie si rilassa permettendo una migliore ventilazione.

Nelle gare che durano molte ore, come ad esempio le gran fondo di ciclismo, l’assunzione del caffè aiuta a superare la stanchezza ed ad avere le energie che servono per il finale.

Comunque sia, meglio non esagerare: la caffeina può aumentare la diuresi favorendo il rischio di disidratazione. E’ quindi una buona regola non superare i 2-3 caffè nell’arco della giornata sportiva, anche perché, per dover di informazione bisogna dire che l’equivalente di 6-7 tazzine basterebbe a far squalificare un atleta per doping secondo le regole della commissione medica del CIO.

C’è da considerare, poi, l’aumento di metabolismo che il caffè potrebbe provocare e che aiuterebbe coloro che devono smaltire qualche chilo di troppo. In effetti, la caffeina produce un aumento del metabolismo basale senza reali controindicazioni, il solo problema è rappresentato dal fatto che, per avere un innalzamento del metabolismo del 10-15% e quindi per aumentare la spesa calorica di circa 200 kcal in una persona di 70 kg, è necessario assumere circa 5-7 caffè al giorno.

 Buon caffè a tutti!