[message type=”info”] Speciale Silver Skiff- Due atleti Vitalia si sono distinti nella “Silver Skiff” di domenica scorsa: la campionessa Cristina Rasario, già plurimedagliata ai “World Master Games”, che ha vinto ancora una volta, e il nazionale Giorgio Tuccinardi. Li abbiamo incontrati e li festeggiamo con questo speciale. Di seguito l’intervista a Giorgio, che alleniamo da quattro anni, e qui la chiacchierata con Cristina di qualche mese fa. Siamo fieri di voi! [/message]
“Giorno dopo giorno mi accorgevo di stare meglio. Quando credi in quello che fai vieni fuori alla grande da tutte le situazioni”. Polonia, Campionati del Mondo 2009: Giorgio si blocca in allenamento. Resiste grazie alle iniezioni di antidolorifico; concluse le gare il referto dei medici è chiaro: protusione e lesione del disco. Stop alle gare. Via con il recupero.
Giorgio, come si infortuna un canottiere?
Ogni settimana ci alleniamo con i pesi tre o quattro volte e corriamo 40 o 50 km, oltre al lavoro in barca. Siamo inevitabilmente soggetti a traumi alla schiena anche gravi (tipo ernie) e strappi. Bisogna essere seguiti molto bene dal punto di vista fisioterapico, avere un buon massaggiatore e fare il giusto lavoro a terra per prevenire i dolori.
Che cosa ti è successo nel 2009?
Non sono uno portato all’allungamento e allora lo curavo pochissimo. Seguivo dei programmi che lo prevedevano appena. Dopo il problema in Polonia sono andato dal dott. Massarini e insieme abbiamo cercato una soluzione: gli ho spiegato come funziona il canottaggio e lui mi ha insegnato la ginnastica posturale.
E i tuoi pregiudizi sullo stretching?
Sono guarito e sono diventato più veloce in barca: ho dovuto abbandonarli! All’inizio è stata dura, perché non è facile avere fiducia in qualcuno che ti fa fare qualcosa che non ti piace e che non è frequente nel tuo sport. Da Vitalia hanno avuto pazienza, il clima intimo mi ha aiutato e mi sono lasciato andare. Poi ho capito e anche dopo la terapia ho continuato con gli esercizi: non ho mai più avuto disturbi, solo un lieve fastidio nelle scorse settimane, infatti sto intensificando di nuovo l’allungamento.
Perché è importante l’elasticità nel canottaggio?
Perché riduce il rischio di infortuni. Nel nostro sport è fondamentale sapersi mantenere nel tempo: le carriere in barca sono lunghe!
Tu a che punto sei?
Ho ventisette anni, ho iniziato a remare quando la mia famiglia si è trasferita a Torino. Sono cresciuto nella “Canottieri Armida” di cui sono socio onorario dal 2006. E’ la mia casa: lì c’è il mio allenatore principale. Ci torno appena posso: faccio parte del Gruppo Sportivo Forestale e dal 2003 della Nazionale Italiana. Mi alleno nei centri federali di Piediluco (con gli azzurri) e Sabaudia (con la Forestale).
Com’è la tua giornata tipo?
Mi alleno due volte: due ore alle nove del mattino, poi di nuovo dalle cinque alle otto di sera.
Sei uno studente?
Sì! Anche se non è stato facile coordinare le due attività mi sto per laureare in Scienze della Comunicazione a Torino. Con un po’ di ritardo…
Quali sono stati i tuoi migliori risultati?
Ho partecipato a tredici Campionati del Mondo, con alti e bassi. Il primo ad Amsterdam è stato una sorpresa: ho vinto il mondiale con il due senza con un ragazzo dell’ “Armida”. L’anno dopo a Eton ho vinto l’oro sull’otto. A Monaco nel 2007 ho vinto il bronzo, sempre con l’otto. Nel 2012 sono arrivato secondo alle Universiadi. Quest’estate di nuovo secondo agli Europei. E poi sono molto soddisfatto dei Mondiali in Corea: noi azzurri abbiamo sfiorato la finale e vinto e la finalina.
Sei già stato alle Olimpiadi?
Non ancora. Le ho sfiorate per due volte. Mi sto allenando per Rio!
Com’è andata la “Silver Skiff”?
Oltre le aspettative! La stagione è appea ripresa ma i nuovi programmi massacranti (sono cambiati il Presidente e i tecnici della Federazione) stanno dando i loro frutti. Ho migliorato il mio personale perchè la fatica di quest’estate sta pagando.
Com’è il canottaggio in Italia?
Viviamo nella povertà totale. I premi per chi vince i Mondiali possono arrivare al massimo a qualche migliaio di euro. Senza contare che per investire su allenamento e innovazione non ci sono risorse.
Anche la Idem si lamentava…
La Federazione non voleva più darle fiducia e allora lei se n’è andata. L’ha allenata suo marito e ha fatto grandi cose fino a Londra.
Qual era la sua forza?
Lei faceva uno sport molto simile al nostro. In questi anni ho passato alcuni periodi di allenamento a Ravenna con Marcello Emiliani, un amico comune, socio del suo stesso circolo: ci si incontrava spesso. Mi ha sempre impressionato la sua capacità di gestione: portare avanti una famiglia e la canoa a quell’età, a quel livello, significa avere una marcia in più. Bisogna conoscere alla perfezione il proprio corpo e poi sapersi regolare sul quadriennio olimpico: serve un grande coach.
Chi si allena troppo scoppia?
Sempre. Nel nostro sport inizi a vincere quando impari ad allenarti.
Quali sono i tuoi riferimenti sportivi?
Ebbesen, un atleta danese di 43 anni. Ha partecipato a cinque olimpiadi vincendo sempre una medaglia: tre ori e due argenti. Non muore mai. E poi Castello Amarante, medagliato ad Atene 2004. Quella con lui è stata la mia barca più importante. Mi ha dato qualcosa in più per affrontare le gare: aveva sempre la certezza di fare il risultato, quando doveva farlo.
Qual è la cosa più bella del canottaggio?
La vegetazione, lo stare all’aria aperta: aprire la testa alla natura e pensare alla propria vita. Vedere sempre posti diversi: penso alla Nuova Zelanda, un paesaggio lunare, lo porto nel cuore. Chiuso in casa potrei appassire…
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