Eva, massiofisioterapista, è una “colonna” di Vitalia. E’ la prima storica collaboratrice del Doc. Ha visto crescere Vitalia e ogni giorno non vede l’ora di ricominciare.
Estate 2006. Vitalia era appena nata e…
Me ne parlò un amico che conosceva Massimo. Io volevo cambiare, dopo tanti anni nelle aziende cercavo nuovi stimoli. Mi innamorai del progetto, mi piaceva l’idea di unire l’esercizio terapia alla rieducazione funzionale, all’allenamento personalizzato. E poi riconobbi in lui i miei valori: trasparenza, correttezza, passione. Il gusto per le cose fatte bene, la cura del lavoro e dei materiali; il desiderio di migliorarsi sempre.
Che cosa facevi prima?
Arrivo dal fitness. Dopo il diploma alla Royal Academy of London ho collaborato con Rebook e Why Be Normal?, occupandomi principalmente di formazione. Ho studiato bioenergetica e quindi massofisioterapia.
Cosa c’è nel tuo curriculum sportivo?
Un po’ di danza, e poi salto in lungo e 100 m. Atletica e ginnastica sono i miei grandi amori…
Qualche nome?
Nadia Comaneci, che era una bambina quando guardavo le sue prime gare, e “Il Signore degli Anelli” (Yuri Chechi, ndr). Poi Carl Lewis e Serhij Bubka, due fenomeni assoluti.
Ti piacerebbe allenare un campionissimo?
Serve una vivacità che non mi sento più. Ma chiacchierarci insieme sì, e sentire raccontare la fatica. Lo sport a quei livelli è sempre sacrificio.
In palestra lasci gli atleti a Claudia…
Sì, di solito seguo altri pazienti. Lei è perfetta nel ruolo: è brillante e preparata, davvero in gamba per quanto è giovane! Ha pazienza ed energia, è responsabile e seria: è un piacere collaborare con lei.
Non vi assomigliate per niente.
Infatti ci completiamo bene. Che poi è il segreto di Vitalia: ci sono competenze e profili diversi e si lavora tutti in un’unica direzione. C’è rispetto delle conoscenze degli altri e dialogo costante, così si affrontano i problemi a 360°. Con la porta sempre aperta, perchè Massimo dallo studio possa supportarci in palestra e viceversa.
La cosa più bella del tuo mestiere?
Tutto! Quando sono entrata qui ho finalmente capito che cosa volevo fare da bambina: questo. Ogni mattina mi sveglio contenta di ricominciare. Adoro stare con le persone, morirei in mezzo alle macchine. Poi mi piace la varietà: i massaggi, le ginnastiche, le sedute a casa dei pazienti che non possono venire da noi. E i corsi di yoga e pilates, quando finisco in via Della Rocca.
Prossime sfide?
Continuiamo ad aggiornarci, a leggere e confrontarci con i colleghi in giro per il mondo. Massimo ha tantissimi contatti internazionali, una straordinaria opportunità per Vitalia: dopo dieci anni continuiamo a crescere, sperimentare, metterci in gioco.
“Solo feedback positivi”. Atlete e pazienti se lo sentono ripetere continuamente. Paolo è un martello: “Tutto quello che ci diciamo di negativo resta e diventa quello che siamo. I dubbi si trasformano in paure. Sbagliato, bisogna sempre pensare positivo”. Non è filosofia, ma tecnica vera e propria: come quella per sciogliere una contrattura.
Paolo Goria ha ventisei anni, è un fisioterapista e da qualche mese collabora con Vitalia (con il collega Fabio). Lo trovate in via Della Rocca oppure al Cus di via Panetti: Paolo è uomo di sport a 360°, giocatore, allenatore, massaggiatore. Siede sulla panchina di una delle coppie più forti del beach-volley azzurro (Giulia Aprile – Elisa Fragonas) e di un gruppo, quello cussino, che rappresenta un’eccellenza nel panorama italiano. Nel tempo libero è un “pro” a sua volta, con ottimi piazzamenti nei più prestigiosi tornei nazionali. In pratica è sempre in giro per le spiagge del Mediterraneo. “Viaggiare è la cosa più bella di questo sport. Ti tiene vivo”.
Com’è la tua giornata tipo?
Al mattino presto sono in campo con le ragazze. Finisco e corro dai miei pazienti. Nel tardo pomeriggio e alla sera ho i corsi di base del Cus. Insegniamo la pallavolo a tutti, dai 10 ai 50 anni. Nei ritagli mi alleno, un paio di volte alla settimana con la palla, altrettante a secco, con i pesi. Nel week-end ci sono i tornei: cioè tanti chilometri e partite in luoghi meravigliosi.
Poi il lunedì si ricomincia con i massaggi. Da quanto sei fisioterapista?
Ho iniziato subito dopo la laurea, a 22 anni, come libero professionista. Ho studiato a Novara e ho una formazione neurologica, ma seguo da sempre le mie giocatrici e ho approfondito anche il filone sportivo.
Cos’hanno in comune un paziente neurologico e un atleta?
Entrambi patiscono per il loro problema fisico, soffrono, ci stanno proprio male. Attenzione: per gli sportivi spesso si tratta di dettagli, cose di per sé piccole. È importante ricordarselo: ci sono invalidità ben più pesanti. Chi ha avuto un ictus deve reimparare cose fondamentali come vestirsi da solo… la riabilitazione richiede un cammino sul piano fisico e psicologico.
La paura di non farcela, però, è la stessa.
Infatti è fondamentale stabilire un buon contatto con il malato. Convincerlo a fidarsi e credere in se stesso, per ritrovare forza e sicurezza. E poi cerco sempre di esortare al movimento, anche se bisogna stringere i denti e sopportare qualche fastidio. In particolare con gli agonisti: il dolore fa parte della normalità. Ma solo chi ha una mentalità positiva ne esce bene.
Vale anche per i campioni?
Certo, almeno negli sport di situazione, come il calcio, il basket, la pallavolo. Il campione non è quello che ha dei picchi di prestazione, ma quello che rende anche se non è al top. L’ho capito allenando: spesso la partita ti chiede un gesto atletico che non sai o non puoi fare perché hai male. Pazienza. Il campione non si fa condizionare, trova soluzioni. Crea le forze per aggirare e superare gli ostacoli.
Altre caratteristiche?
Cura di sé e capacità di autogestirsi, sotto il piano alimentare, sportivo e umano. Sì i valori contano e non tutti i professionisti li hanno, i campioni sì. I miei preferiti? Roger Federer, nel tennis, Stefano Mancinelli nel basket. L’ho conosciuto alla PMS, con cui ho collaborato: un signore.
Sei un po’ uno psicologo?
Mi interessa molto l’aspetto mentale. Allenare le donne mi ha aiutato a capire quanto la testa influenzi i muscoli. Per approfondire sto studiando anche un po’ di programmazione neurolinguistica.
Il tuo motto?
“Tutto perfetto”. Lo dico alle mie giocatrici… proprio quando non è tutto perfetto, ma il risultato c’è. Il risultato è quello che conta.
Formazione:Laurea in Fisioterapia, sta conseguendo laurea magistrale in Scienze della Riabilitazione
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Di che cosa ti occupi?
Ho fatto corsi di RPG, Kinesio Taping, tecniche osteopatiche ed altri ancora e mi interesso di problematiche posturali ma soprattutto di pazienti ortopedici. Seguo giovani sportivi che hanno appena subito un intervento chirurgico. Curo la fase acuta post operazione, per permettere loro di tornare alla vita normale.
I tuoi pazienti hanno il morale a terra…
Già. Per questo durante il trattamento riabilitativo cerco di instaurare un rapporto molto umano: andare al di là della riabilitazione aiuta moltissimo il paziente sotto il profilo psicologico.
Anche tu sei uno sportivo?
Sì. Gioco a calcetto con gli amici e vado a correre.
Come lavora il Team Vitalia?
C’è una collaborazione molto stretta tra di noi. In modo particolare io mi confronto tantissimo con il Dott. Massarini perché seguo la parte acuta post intervento. In questa fase – ma non solo – il rapporto con le figure mediche (ad esempio l’ortopedico che ha operato un nostro paziente) è costante e giornaliero. Lo scambio di informazioni tra me, Claudia o Eva, il dott. Massarini e il chirurgo è molto importante per il paziente: non viene mai abbandonato e cerchiamo di gestirlo nella sua globalità. Quando ho finito la mia parte tocca a Claudia ed Eva iniziare l’attività di recupero in palestra.
Perché hai scelto questa “squadra”?
Mi sono piaciute le persone che ne facevano (e ne fanno) parte. Sono contentissimo di lavorare qui: mi trovo bene.
Formazione:Laurea in Scienze Motorie, Master in Traumatologia e Riabilitazione Sportiva
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Dal mare della Sardegna alla nebbia del Piemonte. Che cosa ti ha portata qui?
Dopo la laurea sono venuta a Torino per il Master. Ero preoccupata: il mio percorso sembrava chiudermi tutte le strade. Rimanevano solo la palestra e la scuola che sono ambiti un po’ limitati rispetto all’iter degli studi. Non mi vedevo in un ambiente chiuso, al lavoro su sport individuali (ho giocato a lungo a pallavolo). Poi il mio interesse è variato più verso la riabilitazione sportiva.
E hai conosciuto Massimo.
Cercava laureati in Scienze motorie e mi ha convinta subito: credeva nella mia formazione. Prima di cominciare con Vitalia sono tornata nella mia Sardegna per un’esperienza al Forte Village. Dopo l’estate ho iniziato qui in via della Rocca.
Sotto le ali di Eva…
Mi ha aiutata tanto. Mi ha insegnato soprattutto a rapportarmi con le persone: prima di definire un programma bisogna ascoltarle, prima dell’esercizio capirle. Solo così si ottengono risultati. La cosa più difficile è proprio creare empatia con il paziente: lui deve avere fiducia in me perché sto lavorando con la sua salute!
Come fai con gli sportivi infortunati?
Il primo step è rincuorarlo: nella vita di uno sportivo l’infortunio va accettato, è inevitabile! Insomma affronto la situazione innanzitutto dal punto di vista psicologico: spesso la persona è demoralizzata e non vede l’ora di recuperare. Ha interrotto i suoi sogni, non solo la sua attività: per questo si lamenta (in più c’è il dolore fisico) e si innervosisce. Serve tanta pazienza, ma è il bello del mio lavoro: ho avuto un sacco di soddisfazioni. Quando un paziente mi dice “sono tornato a sciare” è una vittoria!
Nella tua carriera di pallavolista hai avuto qualche stop?
Uno solo per fortuna. Mi sono dovuta fermare per una brutta distorsione alla caviglia con rottura del legamento. Mi ha segnata molto perché è successo in un anno decisivo: stavo giocando bene e in una categoria importante.
Ti alleni ancora?
Ho smesso per ragioni logistiche. Poi mi sono dedicata al beach volley indoor, adesso al tennis.
Com’è cambiata Vitalia in questi anni?
Quando sono arrivata era appena nata e Massimo stesso voleva sviluppare la sua idea. La mia passione per la traumatologia e riabilitazione ha fatto sì che diventassimo questo: un centro dove si guarda l’individuo a 360 gradi. Oggi non ci occupiamo solo di anziani e ginnastica posturale, ma anche di sportivi, diabetici, pazienti con disturbi alimentari: proviamo a far vivere meglio qualsiasi persona.