Il 4 dicembre alla maratona di Valencia, Eddy ha chiuso in 2.49’, prestazione di tutto rispetto per un atleta amatoriale che lavora 10 h al giorno.

Ricostruiamo la storia di questo periodo per raccontare cosa è stato fatto e fare qualche considerazione su come ci si può allenare sfruttando al meglio le piattaforme digitali e i wearable.

Il primo test

Il percorso di allenamento è iniziato il 26 agosto con un test di soglia con misurazione del lattato ematico che aveva dato una proiezione sulla maratona di 3.10’ ed un peso di 74,5 kg. L’analisi della curva del lattato evidenziava altresì uno scarso adattamento al ritmo medio e una soglia piuttosto precoce rispetto alla velocità massima.

La pianificazione dell’allenamento

Con questi numeri si è pianificato un programma di allenamento su 4 sedute settimanali finalizzato al miglioramento del passo ai ritmi medi e a un innalzamento della velocità di soglia.

Il lavoro ai ritmi medi è stato svolto la mattina a digiuno e dopo una cena povera di carboidrati che era preceduta da una seduta con ripetute. Questa strategia è finalizzata ad allenarsi con la glicemia più bassa possibile “forzando” così i muscoli ad utilizzare i grassi come fonte energetica. Si ottengono così due benefici: si aumenta il consumo di grassi favorendo il dimagrimento e si “insegna” al muscolo a risparmiare glicogeno, cosa che sarà molto utile sulle lunghe distanze.

I lunghi del fine settimana sono stati organizzati con la seconda fase più veloce della prima in modo da forzare l’organismo a riutilizzare l’acido lattico prodotto.

Infine sono state inserite delle esercitazione sulla cadenza in modo da innalzare i passi al minuto con la finalità di ridurre il rischio di infortuni e aumentare l’efficienza della corsa.

I dati sotto controllo

Ogni allenamento è stato registrato su Garmin Connect che ha permesso di raccogliere anche i dati sul recupero e sul sonno grazie all’analisi dell’HRV (heart rate variability). Il volume e l’intensità settimanali sono stati analizzati monitorando i TSS (training stress score) e IF (intensity factor) in modo da modulare correttamente la progressione dell’allenamento.

Il peso è gradualmente calato mentre la velocità di base e di soglia è cresciuta. I lunghi sono stati contenuti e con due sole sedute oltre i 30 km. e sono serviti a mettere a punto la strategia alimentare sia pre, sia intracompetitiva.

La gara

L’ultima settimana è stata di tapering (riduzione dell’allenamento) tagliando il volume ma mantenendo 2 sedute di richiamo dell’intensità e controllando la qualità del sonno.

L’atleta è arrivato alla gara con ottime sensazioni di frechezza così come confermato anche dal suo Garmin.

La maratona è stata corsa con un parziale di 1.23,02 e quindi nella seconda metà si sono persi 3’ cosa abbastanza normale tra gli amatori.

In sintesi abbiamo dimostrato che si può essere seguiti a distanza ma è comunque necessario effettuare un test iniziale per avere un quadro completo dell’atleta. Il monitoraggio continuo dei dati deve tenere conto di molti parametri per essere in grado di definire il programma.

Se anche tu vuoi essere allenato a distanza, chiamaci, saremo lieti di aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi.

C’erano una volta i test, quelli fatti in laboratorio da fisiologi e medici dello sport affiancati dai metodologi dall’allenamento pronti a tradurre i dati di quelle prove in sofisticati programmi di allenamento suddivisi in macro, meso e microcicli. Tabelle dense di numeri che sarebbero state messe in atto dai corridori motivati a migliorare le proprie prestazioni, soffrendo e stringendo i denti pur di mantener fede al programma.
Poi, a distanza di qualche mese, si tornava in laboratorio e si ripetevano le procedure per confrontare i dati e discutere sulle variazioni. Bene, così era e così era giusto fare.

Dalla fotografia al film

Si “fotografava” la condizione di “quel” momento. Tra un test ed il successivo, c’erano i dati dei km fatti e dei dislivelli, poco altro.
L’avvento dei cardiofrequenzimetri ha permesso di acquisire un elemento in più sulla risposta organica ai carichi di lavoro e poi sono arrivati i misuratori di potenza e sul cruscotto di monitoraggio si è aggiunto un altro importante display e negli ultimi anni la lista si è allungata con i wearable che monitorizzano il sonno, il respiro, la riserva di energia, il livello di glucosio nel sangue. Adesso, volendo, possiamo sapere ogni giorno quello che succede all’atleta. E’ come se potessimo “filmare” ogni momento della sua vita. La differenza è proprio questa: siamo passati dalla fotografia al cinema. La fotografia poteva essere fatta benissimo da eccellenti fotografi e con ottimi apparecchi e poteva essere in grado di dettagliare le differenze tra un momento ed il successivo ma non poteva dirci cosa aveva causato quelle differenze. Le fotografie erano come i test. Se i parametri miglioravano tra una data e la seguente si poteva speculare sugli effetti dell’allenamento ma si restava comunque nel campo delle ipotesi e mancava qualsiasi riscontro obiettivo. Ora la situazione è del tutto diversa, oggi è possibile avere ogni giorno una quantità impressionante di dati, non solo inerenti l’allenamento, ma anche quelli di salute generale e di lifestyle.

Ma serve davvero avere tutti questi dati?
La domanda è retorica: certo che serve. Ma il problema è un altro: come si fa a interpretarli? Cerchiamo di capire il nocciolo della questione. Quando i dati sono 2 o 3, metterli in correlazione è abbastanza facile: posso vedere come si comporta la FC al variare dei watt spinti e dalla correlazione deduco la fatica, lo stato di forma e volendo il profilo di potenza. Questa è ormai pratica comune anche nel ciclismo amatoriale avanzato. Le piattaforme digitali (Garmin, Strava, Training Peak) sono di grande aiuto per archiviare i dati e visualizzarli in modo semplice ma efficace. Oggi, chiunque è in grado di conoscere il volume e l’intensità dell’allenamento svolto e di “interpretare” le sensazioni incrociandole con dati oggettivi come il TSS e l’IF per evitare di sbagliare completamente la preparazione.
Ma il gioco si potrebbe portare a un livello più alto: proviamo infatti ad aggiungere i dati relativi al sonno, all’equilibrio del sistema nervoso autonomo, al livello di energia al mattino, alla misurazione continua della glicemia in allenamento e in corsa. E’ evidente che il set di dati diventerà molto più complesso da interpretare. Complesso ma affascinante per le prospettive aperte da uno scenario del genere.

Visualizzazione della potenza e velocità di corsa

Prospettive che possono stravolgere il mondo della preparazione e dell’allenamento.
Partiamo da un presupposto: la programmazione dell’allenamento viene attualmente fatta in base ai noti principi dell’adattamento al carico, della supercompensazione, dei tempi di recupero e il tutto viene organizzato in funzione del calendario agonistico per cercare di raggiungere il top di forma in occasione della gara. Quindi tutti i ragionamenti si basano su un modello aprioristico, cioè le regole dell’esperienza dicono questo e questo viene fatto. Il sistema essendo però empirico ed aprioristico sebbene fondato su inequivocabili misurazioni fisiologiche non riesce a tenere in conto le variabili giornaliere che possono dipendere da molti fattori che creano perturbazioni nella fisiologia dell’atleta. Infatti i parametri di equilibrio del sistema nervoso autonomo che determinano la capacità di adattamento psicofisico a situazioni di stress sono un affidabile indice per predire la performance e variano proprio in funzione di stress acuti o cronici, errori di alimentazioni, alterazioni del sonno, eccesso o carenza di allenamento. Se non si tiene conto di ciò il rischio è quello di svolgere allenamenti troppo intensi e che invece di aumentare il livello di performance lo abbassano. Quindi il monitoraggio continuo, il film invece della fotografia, può guidare l’allenamento evitando di “caricare” troppo nel momento sbagliato o troppo poco nel momento giusto. E per “momento” si intende la situazione puntuale di salute, quella in cui l’atleta è al massimo delle proprie possibilità per fare una performance ottimale, che sia gara o allenamento non importa.

Visualizzazione del sonno e della prontezza all’allenamento

I dati che abbiamo finora raccolto ci indicano una forte correlazione statistica tra qualità del sonno misurata con i wearable al polso e il punteggio di “prontezza” del sistema nervoso autonomo. In altri casi abbiamo evidenziato come a bassi livelli di attivazione del sistema nervoso corrispondessero performance di scarsa qualità in cui l’atleta riferiva la difficoltà di “far salire il cuore”.
Il CGM (continuous glucose monitoring), l’ultimo arrivato tra i sensori, aiuta enormemente ad evitare di viaggiare in riserva e di trovarsi all’improvviso in una crisi di fame, ed inoltre educa l’atleta amatoriale a mangiare in modo corretto evitando i picchi di glicemia e mantenendone costante il valore negli allenamenti lunghi.
Ma si sta già parlando di rilevatori dell’acido lattico e dello stato di idratazione.

 

Ecco, è affascinante pensare che tutti i dati che si possono ottenere possano tra qualche tempo essere messi in correlazione e, attraverso tecniche di AI, possano fornire indicazioni per gestire al meglio l’allenamento e la prestazione degli atleti. Alla base di tutto resterà l’atleta, con il suo patrimonio genetico, la sua capacità di soffrire e la sua intelligenza nel capire la gara e gli avversari.
Qualcuno, come al solito, griderà allo scandalo e si indignerà per uno sport arido e guidato dalla tecnologia. A queste critiche possiamo rispondere che in fondo c’è sempre l’Eroica e che se non si ama la F1 c’è la Mille Miglia.

Effects of HRV-Guided vs. Predetermined Block Training on Performance, HRV and Serum Hormones

Aku Nikander , Dmitry Polomoshnov , Jari Antero LaukkanenKeijo Häkkinen  1

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