Quale dei due? Come possiamo identificare il nostro cronotipo?
Per i più volenterosi, sono disponibili dei questionari preparati ad hoc in base ai quali è possibile ricavare un punteggio che consente l’identificazione tra i due cronotipi … più semplicemente molti si basano su orario del risveglio precoce, costanza nel fare una buona colazione e un buon pranzo, coricarsi prima delle 23 per identificare le allodole e viceversa per i gufi, che si svegliano più tardi, tendono a saltare la colazione, fanno una cena più abbondante (confrontata con gli altri pasti) e vanno a letto dopo la mezzanotte.
I gufi nel complesso dormono di meno, accumulando un debito di ore di sonno che viene saldato nel weekend. Mangiano anche peggio, perché tendono ad assumere più grassi, cibi industriali preconfezionati, bevande energetiche (aggiunte di caffeina e zuccheri), meno verdura, frutta, cereali complessi. Non meraviglia che gli studi evidenzino come il loro stato di salute sia complessivamente peggiore rispetto a quello delle allodole in quanto è spesso presente una situazione di infiammazione cronica di basso grado, che predispone all’insorgenza di diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e a unamortalità maggiore del 10%.
La notizia buona tuttavia viene dal fatto che il cronotipo non è costante nel tempo; la maggior parte di noi nasce allodola e al mattino fino ai sei anni di età (per la gioia di babbo e mamma gufo!) inizia presto le sue attività; a questo periodo segue un periodo di transizione verso il cronotipo gufo, tipico degli adolescenti, che si prolunga spesso per anni. Ma intorno ai 50 ecco che per molti torna a prevalere il cronotipo allodola.
Per molti ricercatori questi cambiamenti rappresentano la prova che, attraverso la messa in atto di accorgimenti mirati su semplici e comuni abitudini di vita, alimentazione e attività fisica, sia possibile ridurre il rischio associato al cronotipo.
Così per le abitudini possiamo cercare di evitare gli schermi luminosi di tablet e smartphone dopo una certa ora, limitare l’attivitàfisica nelle tarde ore del pomeriggio spostandola al momento del risveglio oppure in tarda mattinata, avere regolarità e costanza negli orari dei pasti evitando l’assunzione di tè, caffè, bevande contenenti caffeina e cioccolato nel pomeriggio, ma soprattutto nelle ore serali, limitare gli alcolici, consumare più pasti e non troppo abbondanti nell’arco della giornata, evitando di concentrare in quello serale la maggior parte delle calorie (anzi in questo pasto meno calorie si assumono e meglio è!).
Per l’alimentazione è fondamentale organizzarci per avere una colazione ed un pranzo nutrienti dai quali possiamo ricavare carboidrati complessi e proteine vegetali, latticini freschi o pesce, ma anche verdura, frutta secca, olio extravergine di oliva; per la sera le verdure (meglio cotte) possono essere affiancate a piccole porzioni di carne o pesce tra le proteine animali, legumi o derivati della soia (se non avete mai provato il tempeh è il momento per farlo) tra quelle vegetali o in alternativa una piccola porzione di carboidrati complessi (per esempio del riso o dei cereali integrali); negli spuntini la frutta, lo yogurt con la frutta di bosco o la frutta secca.
In maniera semplice e naturale, il cambiamento di alcune abitudini di vita sarà in grado di re-sincronizzare i nostri orologi centrali e periferici, riequilibrando il controllo metabolico e restituendo salute. Se vi sembra poco …
Dott. Ettore Pelosi
Medico Nutrizionista
La squadra dei gufi è quella di coloro che faticano ad alzarsi ogni mattina, e di solito finiscono per andare a letto tardi, perché di sera e di notte si sentono più attivi e produttivi. Quella delle allodole, viceversa, arruola coloro che si svegliano all’alba e senza fatica si mettono in moto, salvo poi andare a letto presto.
I gufi sono socialmente dominanti rispetto alle allodole che fanno più fatica ad adattarsi agli orari tipici della socializzazione!
Naturalmente i gufi tendono a mangiare meno frutta e verdura delle allodole, ad assumere quantità superiori di bevande energetiche (contenenti zuccheri e caffeina), alcolici, nonché una maggiore assunzione di calorie attraverso i cibi grassi.
Alcuni studi ci dimostrano come i gufi siano portati ad alimentarsi con minore regolarità: a cambiare sovente gli orari dei pasti, talvolta a saltarli (in particolare la colazione!) …
Di cosa stiamo parlando?
Di cronobiologia! Elementare no?
La cronobiologia è quella branca della scienza medica che studia i ritmi biologici.
Le variazioni dei tempi e della durata dell’attività biologica negli organismi viventi si verificano per molti dei processi biologici essenziali: questo fenomeno è noto nel mondo animale e in quello vegetale. Si riconoscono: ritmi circadiani (cicli di circa 24 ore, come per esempio il ciclo sonno-veglia), infradiani (più lunghi rispetto alle 24 ore, come il ciclo mestruale) e ultradiani (più corti di un giorno, come il ciclo di secrezione dell’ormone della crescita).
La regolazione del ritmo circadiano prevede un’interazione bidirezionale con la maggior parte dei processi metabolici ed è il primo responsabile del ritmo sonno-veglia, ma anche del ritmo di secrezione di numerosi ormoni tra i quali su tutti il cortisolo, del ritmo di variazione della temperatura corporea ecc. ecc.
Il sistema circadiano anticipa e adatta i nostri comportamenti ai cambiamenti dell’ambiente circostante che si susseguono col passare delle ore. Alla base di questo sistema, una rete di “orologi” centrali e periferici che ne assicurano il corretto funzionamento. Tra gli orologi centrali che assicurano il controllo del ritmo circadiano quello principale è localizzato nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo: questo nucleo è principalmente regolato dall’alternanza giorno/notte; gli orologi secondari, localizzati a livello delle regioni ipotalamiche e del tronco encefalico, sono viceversa regolati principalmente dall’alternanza dei pasti con i successivi periodi di digiuno. Gli ormoni e alcuni nutrienti circolanti insieme agli stimoli del sistema nervoso autonomo veicolano segnali ritmici che consentono di sincronizzare orologi centrali e periferici con i momenti dei pasti. Questa sincronizzazione ottimizza le funzioni metaboliche e il continuo spostamento degli orari dei pasti finisce con determinarne un’alterazione che contribuisce allo sviluppo dell’infiammazione (cronica sistemica di basso grado), del sovrappeso e da ultimo allo sviluppo di patologie cronico /degenerative.
Diete ricche in grassi, alcuni composti come caffeina e resveratrolo e l’alcool possono alterare questi sistemi favorendo caratteristiche del cronotipo gufo; altri elementi che alterano il nostro orologio interno sono i turni di lavoro che ci obbligano a modificare continuamente la nostra routine, i viaggi in luoghi lontani (jet lag), … ma ci sono condizioni, più subdole e molto più comuni, come l’esposizione agli stimoli luminosi durante le ore notturne (schermi di PC o smartphone utilizzati a lungo prima di addormentarsi) e come già detto gli orari dei pasti irregolari.
Tutto ciò ci porta al dunque: concentrare la nostra attenzione su “cosa” mangiamo è fondamentale, ma lo è altrettanto definire precisamente “quando” è meglio mangiarlo.
La mancanza di regolarità e costanza finiscono infatti col generare una desincronizzazione dei nostri orologi biologici con conseguenti squilibri metabolici che favoriscono l’infiammazione cronica sistemica.
Non sorprende che in una ricerca su soggetti che seguivano una dieta per perdere peso, coloro che consumavano il pasto principale nella seconda parte della giornata (cena) perdevano significativamente meno peso rispetto a coloro che invece mangiavano di più a pranzo; la dieta era la stessa, solo la distribuzione delle calorie nelle 24 ore cambiava. Questi studi confermano quanto sia importante mangiare nelle ore in cui il metabolismo è più attivo! Perciò, anche in questo momento di forzata clausura, in cui tutti tendiamo ad essere più gufi, sforziamoci di mangiare nei momenti giusti: di consumare una buona colazione che ci dia un 15-20% delle calorie giornaliere, un pranzo che ne apporti un 30-35% ed un 25-30% con la cena; non dimentichiamo gli spuntini (5-10% delle calori giornaliere in ognuno di essi). Tutto questo contribuirà a prevenire la desincronizzazione circadiana e ridurrà il rischio metabolico!
Ecco cosa significa rispettare la cronobiologia: mangiare in maniera sana e intelligente, scegliendo gli alimenti e il momento giusto per farlo durante la giornata.
Dott. Ettore Pelosi
Medico Nutrizionista
Alcuni di voi, anche in questo periodo di quarantena, stanno continuando a svolgere la loro attività fisica, impostandola e adattandola ai nuovi spazi offerti dalle mura domestiche.
Così c’è chi fa i rulli, chi corre sui tappeti, chi usa il remoergometro; altri con tappetini, pesi ed elastici fanno sedute di potenziamento o semplicemente lavori a corpo libero.
Qualunque sia l’attività che avete deciso di fare, complimenti sinceri!
In vostro aiuto, ecco alcuni pratici consigli alimentari per svolgere queste attività al meglio delle vostre possibilità e per trarre dalle stesse tutti i benefici ed i vantaggi possibili.
Naturalmente ogni attività ha caratteristiche differenti che condizionano notevolmente le richieste energetiche e quelle idriche del nostro corpo; proviamo, semplificando molto, a ipotizzare alcuni scenari.
Le regole di base riguardano: il timing, la qualità e le quantità degli alimenti da scegliere, l’idratazione e l’integrazione.
Iniziamo con il timing (prima, durante e dopo la seduta di allenamento):
prima: è opportuno osservare un periodo di digiuno di almeno 2 ore (meglio 3);
dopo: entro una o al massimo due ore dalla fine della seduta è fondamentale reintegrare per ottimizzare il recupero e stimolare l’adattamento;
durante: pensiamo ad un’integrazione idro-salina e glucidica (solo se la seduta di allenamento prevista dura oltre 1 ora).
Una strategia che viene spesso utilizzata negli atleti di endurance e che potrebbe essere adottata in questo periodo è quella di svolgere un allenamento aerobico a intensità leggera o moderata appena svegli e a digiuno.
Lo scopo è quello di “forzare” i nostri muscoli a produrre energia bruciando grassi e allenare così la cosiddetta flessibilità metabolica e cioè la capacità di utilizzare zuccheri o grassi in funzione dell’intensità dello sforzo.
Gli adattamenti indotti dall’allenamento a digiuno sono anche molto utili per coloro che devono dimagrire in quanto abitua l’organismo ad attingere alle riserve adipose, diminuendo così la massa grassa.
In questo caso (e solo per questo tipo di allenamento) la cena della sera prima (sostanzialmente l’ultimo pasto prima dell’allenamento) deve essere su base proteica.
Si raccomanda comunque di seguire gli schemi alimentari presentati per quanto riguarda il dopo.
Vediamo adesso la qualità dei pasti:
quello che precede la seduta di allenamento dovrebbe essere costituito da alimenti facilmente digeribili e ricchi di carboidrati a basso/medio indice glicemico; per esempio un piatto di pasta o riso integrale con olio e grana;
il pasto che segue l’allenamento dovrebbe apportare invece carboidrati ad alto indice glicemico e proteine; per esempio pane, marmellata e ricotta, oppure un succo di frutta e un vasetto di yogurt greco.
Per quello che riguarda la quantità questa è naturalmente correlata col tipo e la durata di allenamento e naturalmente col soggetto che la svolge, ma genericamente:
1) per allenamenti di endurance della durata di circa 1 ora:
nel pasto che precede l’allenamento dovrebbero essere assunti circa 1,5 g/Kg di carboidrati; per esempio: se peso 70 Kg mi preparerò 150 g di pasta o riso integrali;
nel pasto che segue l’allenamento: 1 g/Kg di carboidrati (tornando al nostro soggetto di 70 Kg: 70-80 g di pane con marmellata o miele; 100 cc di succo di frutta) e 20 g di proteine (200 ml di yogurt greco);
durante l’allenamento: 500-600 cc di acqua e 30-40g di zuccheri semplici o maltodestrine per ora.
2) per allenamenti di forza della durata di circa 1 ora:
nel pasto precedente l’allenamento dovrebbero essere assunti circa 1,5 g/Kg di carboidrati con 20g di proteine (per esempio 150g di pasta con 100g di tonno);
nel pasto che segue l’allenamento 1 g/Kg di carboidrati e 20 g di proteine (questo pasto può essere ripetuto a distanza di un’ora se l’obiettivo è quello di stimolare ipertrofia muscolare);
durante l’allenamento: 500-600 cc di acqua e 30-40g di zuccheri semplici o maltodestrine per ora.
3) per allenamenti meno intensi e di durata 30-45 minuti:
nel pasto precedente l’allenamento dovrebbero essere assunti 1-1,5 g/Kg di carboidrati;
nel pasto che segue l’allenamento 1 g/Kg di carboidrati.
L’idratazione è fondamentale: allenarsi in casa porta la maggior parte di noi a sudare di più e dunque è importante porre ancora più attenzione a questo elemento.
Prima: utile assumere 300-400 ml nel pasto precedente; 200-300c un’ora prima;
Dopo: poiché per una volta sarà possibile pesarsi prima e dopo l’allenamento allora fatelo e reintegrate con una quantità di acqua pari alla differenza del peso (prima – dopo) moltiplicata per 1.3. Utilizzate acque ricche di sali (residuo fisso superiore almeno a 500mg / L) perché ne avrete persi sicuramente molti!
Durante l’allenamento prevedete l’assunzione di circa 500mL di acqua per ora.
Infine l’integrazione:
in questo periodo utile un multivitaminico al risveglio e la vitamina D3 durante un pasto (la sera per esempio): sono entrambi molto utili anche per il sistema immunitario.
La creatina, nella quantità di 3g, è un ottimo ergogenico e di solito è da assumere nel pasto che precede l’allenamento.
Le proteine: 20g dopo l’attività fisica (da fonti alimentari o in polvere).
Infine, in caso di crampi o in mancanza della possibilità di integrare con acque mineralizzate i Sali Alcalinizzanti, da prendere dopo cena.
E con questo è tutto 😊!
Buon allenamento!
Dott. Ettore Pelosi
Medico Nutrizionista
La maggior parte di noi in questo momento così particolare si starà interrogando sul se e sul come impostare il proprio regime alimentare…
A giudicare dalle immagini postate sui social e dai rumors , probabile che ai più sia venuta voglia di gettare la spugna e utilizzare il cibo, tanto e troppo, nella sua veste consolatoria.
Ma è davvero la scelta più opportuna?
Prima di rispondere, ritengo opportuno ricordare a tutti il concetto di infiammazione cronica sistemica di basso grado.
Detta anche l’assassino nascosto (o la madre di tutte le malattie) è una condizione patologica diffusa ed in continuo aumento nei paesi industrializzati, correlata allo stile di vita (pattern dietetico, sedentarietà, alterazione dei ritmi circadiani) e all’inquinamento ambientale. Promuove numerose patologie tra le quali obesità, diabete tipo 2, aterosclerosi, neoplasie maligne e malattie neurodegenerative.
I fattori più importanti collegati con la sua insorgenza / progressione sono:
1) l’eccessiva assunzione calorica, l’acidosi metabolica latente, l’eccessiva produzione di insulina, la disbiosi intestinale e la carenza di fibre, lo squilibrio omega 3 / omega 6, tra le cause dietetiche;
2) la ridotta / assente attività fisica;
3) lo stress e l’alterazione dei ritmi biologici.
Proprio in questo periodo questi fattori si combinano pericolosamente, sommando i loro effetti negativi; questo ci dovrebbe imporre una riflessione su come scegliere al meglio gli alimenti da includere nella nostra dieta e la loro preparazione.
Di seguito qualche consiglio utile iniziando dai carboidrati.
Sono il nostro tallone d’Achille, in questo momento più che mai; che si ami il dolce o il salato loro ne fanno sempre parte sotto forma di zuccheri o farine bianche per i dolci e di farine raffinate o cereali perlati per primi, pizze, pane e focacce. Bisognerebbe dunque ridurne l’indice e il carico glicemico limitandone le quantità e utilizzando al posto dello zucchero il miele, lo sciroppo d’agave o il succo d’acero; al posto delle farine raffinate quelle integrali macinate a pietra, così come i cerali integrali o quelli decorticati. Per la verdura e la frutta mai come in questo momento sono utili; sono fonte di vitamine e minerali, rinforzano le difese immunitarie proteggendo le vie respiratorie, consentono un’ottima idratazione (contendo in media oltre il 90% di acqua), sono ricche di fibre che aiutano il microbiota intestinale a mantenere il suo equilibrio e infine col loro volume aiutano a raggiungere più rapidamente il senso di sazietà. La verdura può essere assunta cruda a pranzo e cotta a cena; la frutta lontano dai pasti in quantità di uno/due pezzi al giorno.
Da non trascurare il ruolo dei grassi: utilizzate l’olio extravergine di oliva (meglio a crudo) e l’avocado ricchi di grassi mono-insaturi ma ricordate anche gli acidi grassi omega tre che sono presenti nel pesce (soprattutto quello azzurro) e in alcuni semi oleaginosi (semi di lino) e nella frutta secca (in particolare le noci).
Per le proteine infine 0.8/1 grammi pro/kilo è la quantità giornaliera raccomandabile; in assenza di controindicazioni particolari è importante che siano presenti in tutti i pasti (suddivise in circa ¼ a colazione, ¼ a pranzo e ½ a cena); assunte all’inizio dello stesso aumentano il senso di sazietà e riducono l’indice glicemico del pasto nel suo insieme. Indicato alternare in ogni pasto quelle animali (carne, pesce, uova latte/formaggi) con quelle vegetali (legumi come ceci, lenticchie, fagioli, piselli e soia).
Questo momento difficile ci sta offrendo la possibilità di dedicare più tempo, cura ed attenzione alla preparazione dei nostri pasti: proviamo ad utilizzarlo al meglio per preparare ricette gustose e salutari; saranno utili per fisico e mente, nostro e dei nostri cari!
Dott. Ettore Pelosi
Medico Nutrizionista
Buona la prima: nel ponte del 25 aprile si è conclusa la stagione di Filippo Barazzuol, scialpinista della Nazionale classe ’89 che quest’anno ha scelto di allenarsi con Vitalia. Il lavoro è cominciato in autunno (qui raccontiamo come) e proseguirà nell’estate: Barazzuol è anche un ottimo ciclista e con il caldo le sue salite continuano sulle due ruote. Prima però, un po’ di pausa e un bilancio sull’inverno.
Torinese, classe ’89, Il miglior risultato di “Pippo” Barazzuol, quest’anno, è il terzo posto agli Italiani Individuali
Fine della fatica. Bottino pieno?
Sì. Sono riuscito a replicare i risultati dello scorso anno e sono migliorato sul tecnico: ho reso di più. Con il terzo posto nei campionati italiani individuali ad Ahrntal mi sono tolto una bella soddisfazione.
Il clima ha reso tutto difficile.
Il calendario subiva continue modifiche ed era impossibile programmare la preparazione a lungo termine. Con Massarini abbiamo lavorato di settimana in settimana, anzi di giorno in giorno, modificando il piano in base al meteo e alle mie condizioni. Le valutiamo quotidianamente.
E per gli allenamenti?
Uso Strava e Massarini dal suo pc analizza la mia prestazione. Così ogni giorno capiamo come sto rendendo e adattiamo su misura le sedute successive. Il confronto con lui è prezioso: ragiona dal punto di vista fisiologico e conosce la disciplina. Nello scialpinismo non esiste la figura del preparatore…
Come facevi prima di appoggiarti a Vitalia?
Da solo. Ero seguito per la mountain bike: modulavo quella preparazione sullo sci alpinismo. Lavoravo su volume e intensità acquisiti in bici, per trasformare gli stimoli dalla Mtb allo scialpinismo. Invece con Massarini abbiamo deciso di concentrarci sull’intensità: il volume che faccio d’estate, sulle due ruote, va bene anche per l’attività sulla neve.
Sul fronte alimentazione?
Sono seguito da Ettore Pelosi, nutrizionista di Vitalia. Con lui effettuo periodicamente test bioimpedenziometrici, che rivelano peso e idratazione: più che i valori assoluti, studiamo i trend e l’andamento della stagione.
Sei anche tu del settore?
Sono un biologo. Sono cresciuto a Torre Pellice, ma da quest’anno lavoro e vivo a Mondovì: vicino alle montagne.
Sei in nazionale ma non sei un professionista?
La squadra conta 8 atleti, con un allenatore e i tecnici che ci aiutano per logistica e burocrazia. La maggior parte dei miei compagni appartiene ai gruppi militari. Io e un altro invece lavoriamo. Sono fortunato, però, ho orari flessibili.
Giornata tipo?
Mattina in ufficio, nel pomeriggio sempre almeno un’oretta di allenamento: bici, skiroll e se ci sono le condizioni due uscite alla settimana con gli sci.
Niente corsa?
Non la amo. Mi piace solo la salita: in discesa ho male alle ginocchia e non sento la velocità, la mia passione.
Sulla neve la discesa è il tuo forte.
Ho praticato lo sci alpino: ho smesso perché non mi piaceva rimanere in pista. Così ho iniziato a girare fuori, era il 2008, l’anno delle grandi nevicate: poi nel 2010 le prime gare. Il mio passato è un vantaggio importante: come nella Mtb, anche nello scialpinismo servono tecnica e motore. È difficilissimo guadagnare un minuto in salita: in discesa invece è un attimo…
Com’è il livello degli italiani nell’ambiente?
Altissimo. In media, in una gara di Coppa del Mondo, cinque dei primi dieci sono azzurri.
Perché non se ne parla?
È uno sport in crescita, ma difficile da seguire. Per coinvolgere più spettatori si sta puntando sui Vertical e le sprint. Non mi piacciono, però, perché snaturano lo ski alp, che nasce come l’evoluzione dell’andare in montagna.
Gli sponsor che sostengono Filippo sono Karpos, Movement, Scarpa, ATK, CAMP e Penta Power
Problema di cultura?
E tradizioni. Penso alla Pierra Menta: la manifestazione simbolo del movimento. Nel passaggio sul Grand Mont ci sono due ali di folla e 4 mila persone. Ma in quel paesino francese il calcio è meno importante dello scialpinismo…
Due gare che ti porti nel cuore?
Il Tris Rotondo in Svizzera: la più bella. E poi il Monterosa Ski Alp di due anni fa: la più emozionante. Tre ore di fatica giocate tutte su una salita di 30”.
Propositi per la prossima stagione?
Essere più costante in Coppa del Mondo. Mi focalizzerò su questo anche nella preparazione. Comincerò tra poco in bici!
La bioimpedenziometria è una metodica poco conosciuta, ma di grande importanza nella pratica nutrizionale. Da alcuni mesi il nostro nutrizionistaEttore Pelosi la propone agli atleti e ai pazienti di Vitalia: ci spiega perché e come funziona.
Filippo Barazzuol, skialper azzurro e atleta Vitalia, si sottopone al BIA test
Che cos’è la BIA
La bioimpedenziometria (BIA) fornisce dati quanti-qualitativi della composizione corporea, dell’idratazione e dello stato nutrizionale di un soggetto. Il suo uso negli ultimi anni è molto cresciuto, in quanto l’esame è effettuabile con una strumentazione portatile, non è invasivo né doloroso e i risultati sono rapidi da ottenere e riproducibili. Vari studi ne hanno dimostrato l’efficacia.
Come funziona il test
Prima della misurazione il paziente viene fatto sdraiare con gambe e braccia leggermente abdotte in modo che le braccia non tocchino il tronco e le cosce non si tocchino tra loro. Una volta posizionato il paziente e collegati gli elettrodi ai morsetti, si avvia lo strumento che fa passare una corrente impercettibile che, viaggiando lungo il corpo, incontrerà resistenze diverse a seconda della composizione dei vari distretti: il bioimpedenziometro ne registra le modificazioni. L’esame dura pochi secondi e non vi sono effetti avversi.
Per dimagrire non basta la dieta. Occorre una valutazione con il BIA test
Valutare acqua totale, massa grassa e massa magra
Sulla base dei dati registrati il software calcola la TBW (acqua totale corporea) che rappresenta circa il 60% del peso corporeo di un uomo adulto (ha un valore maggiore nei bambini e minore nelle donne e negli obesi). Dalla TBW si può calcolare la FFM (massa magra corporea) costituita da muscoli, ossa, minerali ed altri tessuti non grassi e a sua volta composta da BCM (Massa Tissutale Attiva) e ECM (Massa Extracellulare). La FM (massa grassa corporea) viene calcolata per sottrazione tra peso e FFM ed è costituita dai tessuti adiposi esterni, identificati come grasso sottocutaneo, e da quelli interni o grasso viscerale (per approfondire c’è questo articolo).
Niente dieta senza Bia
Prima di intraprendere qualsiasi terapia dietetica è fondamentale eseguire un’analisi accurata della composizione corporea. Il BIA test consente di calcolare BCM, FM e TBW. Monitorando il loro andamento sarà possibile verificare l’adesione ed il successo della terapia/regime instaurato. Grazie all’analisi BIA è infatti possibile valutare se le variazioni del peso corporeo di un soggetto sono imputabili a perdita o aumento di acqua, oscillazioni di massa cellulare attiva o massa grassa. Ognuno di questi parametri si muove con tempi e modalità differenti: l’acqua può oscillare da un giorno all’altro anche di alcuni litri (ecco perché il nostro peso si modifica continuamente); la massa cellulare attiva può modificarsi di etti nell’arco delle 24 ore (diete mal pianificate causano rapide perdite di BCM con conseguente riduzione del metabolismo basale); la massa grassa, l’unica che davvero si vorrebbe modificare al ribasso, si riduce meno di 100 grammi al giorno (è impossibile monitorare con una bilancia una perdita o un aumento di massa grassa tra due giorni consecutivi!!).
Sportivi, un aiuto per allenarsi meglio
La BIA è indispensabile per gli atleti: permette di ottimizzare i programmi di allenamento, adattare il regime dietetico ai carichi di lavoro e mantenere lo stato di idratazione ideale per ottimizzare la performance sportiva. Per lo sportivo è importante controllare la BCM e le sue modificazioni durante l’allenamento, per evitare una loro diminuzione che si può avere in caso di sedute troppo intense o prolungate (overtraining), o di un regime alimentare inadatto al tipo di esercizio svolto (ne abbiamo parlato qui). Inoltre la BIA consente di valutare lo stato di idratazione, un parametro di grande rilevanza negli sport di resistenza dove una leggera disidratazione può provocare considerevoli cali della performance. Quando lo stato di idratazione pre-gara o pre-allenamento è ottimale esiste un rischio minore di disidratazione, di eventi traumatici muscolari e una maggiore velocità di recupero delle condizioni fisiche ottimali.
La BIA insomma è una strumento fondamentale per il nutrizionista: consente di verificare nei pazienti gli effetti di regimi alimentari e di tabelle sportive a livello di ogni compartimento, e di adattarli alle specifiche esigenze!
[message type=”info”]Contattaci per il tuo test [/message]
Primo articolo del dott. Ettore Pelosi,medico, nutrizionista e maratoneta, appena entrato nel team Vitalia. In attesa di conoscerlo potete assaggiare qui la sua “Omeodieta” e scoprire perché sono importanti i carboidrati nell’alimentazione di chi pratica sport di fatica.
Da sempre l’alimentazione è fondamentale nella preparazione atletica e non c’è sportivo di qualunque livello che non abbia maturato le proprie convinzioni sul tema. Ma, soprattutto, su una ideale supplementazione: termine con cui s’intende l’assunzione di elementi nutrizionali necessari a supportare il surplus di energia richiesto dal metabolismo dell’atleta. Insieme ad allenamento e recupero, l’alimentazione è oggi considerata la base per la preparazione dello sportivo professionista ed amatoriale. E non ci sono più dubbi sul ruolo preminente dei carboidrati per lo svolgimento dell’attività sportiva: sono la fonte energetica essenziale e limitante di qualsiasi disciplina.
Le riserve
Bisogna sapere infatti che durante i periodi di allenamento intenso i depositi muscolari di glicogeno vanno incontro ad ampie fluttuazioni giornaliere: le riserve corporee sono limitate e possono durare da un minimo di 90 minuti fino ad un massimo di 3 ore per allenamenti di moderata/elevata intensità (65-85% VO2max). La riduzione di tali riserve si associa ad esaurimento durante l’esecuzione di un esercizio intenso e prolungato, ma anche all’aumento degli infortuni muscolari ed alla depressione del sistema immunitario.
Per sostenere le migliori performance atletiche sono quindi indicate diete ad alto contenuto di carboidrati, basso contenuto di lipidi e moderato contenuto di proteine. Infatti, il principale obiettivo nutrizionale è quello di garantire il fabbisogno energetico per i muscoli e gli altri tessuti, onde ritardare la comparsa della fatica, promuovere gli adattamenti muscolari attivati con l’allenamento e consentire il ripristino delle riserve di glicogeno muscolare e la riparazione delle fibre danneggiate.
L’equilibrio energetico
Un’adeguata assunzione energetica è insomma condizione necessaria (purtroppo non sufficiente) per il raggiungimento di una prestazione atletica ottimale. Un regime equilibrato rispetto ai fabbisogni è il pilastro portante dei condizionamenti anatomo-funzionali promossi dall’allenamento e finalizzati al raggiungimento della migliore forma atletica. Un corretto bilancio energetico si ottiene quando l’assunzione calorica (risultante della somma dell’energia ricavata da alimenti, liquidi e supplementi) eguaglia la spesa energetica (risultante dalla somma del metabolismo basale, effetto termico degli alimenti e spesa energetica per lo svolgimento delle attività giornaliere e dell’allenamento).
È importante che durante i periodi di allenamento gli sportivi assumano quantità sufficienti di calorie per mantenere peso e composizione corporea appropriati. Livelli inadeguati di assunzione calorica determinano la compromissione delle prestazioni e dei benefici derivanti dall’allenamento: la perdita della massa magra determina perdita di forza e resistenza muscolare così come compromissione delle funzioni del sistema immunitario, endocrino e muscolo-scheletrico. Il perdurare di un basso introito calorico può anche determinare uno stato di malnutrizione con alterazioni metaboliche secondarie a deficienze di nutrienti e riduzione del metabolismo basale.
Per far fronte a tutto questo, il nutrizionista deve stimare correttamente le necessità caloriche dell’atleta, che variano in funzione del sesso, dell’età, dei principali valori antropometrici, della composizione corporea, del tipo di sport praticato e delle ore di allenamento. Dovrà inoltre impostare una supplementazione adeguata e personalizzata.
Qualche numero
La dieta di uno sportivo è equilibrata se i vari carboidrati (fonte energetica primaria e limitante per qualsiasi disciplina sportiva) coprono il 55-70% delle calorie totali giornaliere (idealmente 10-15% oligosaccaridi, 40-60% polisaccaridi). In realtà, più che di percentuale di apporto calorico è opportuno parlare di introiti in grammi per kilo di peso corporeo.
Si tenga inoltre presente che recenti raccomandazioni circa l’assunzione giornaliera di carboidrati riconoscono per i diversi gruppi di atleti quantità diverse in funzione della dimensione corporea e del carico di lavoro in allenamento. I target di 7-10 g/Kg (ma anche fino a 12) per carichi più intensi e 5-7 g/Kg per carichi più moderati rappresentano una raccomandazione generica che deve essere, tuttavia, adeguata agli obiettivi nutrizionali ed ai riscontri prestazionali di ogni singolo atleta. Infatti l’elemento più importante nella determinazione delle riserve di glicogeno muscolare è la quantità di carboidrati assunta; gli studi dedicati, sebbene estremamente eterogenei, suggeriscono che esista una relazione diretta e positiva tra quantità di carboidrati assunta e deposito intramuscolare di glicogeno, almeno fino a che non sia stata raggiunta la soglia di accumulo muscolare. Attenzione: a differenza dei depositi di lipidi, quelli di glicogeno sono molto limitati e, quando massimali, sufficienti per coprire dispendi energetici nell’ordine di 2000 kcal. Così con la riduzione del glicogeno muscolare si riducono sia l’intensità del lavoro muscolare che quella dell’esercizio fisico. La riduzione del glicogeno muscolare si associa anche ad infortuni muscolari e depressione del sistema immunitario.
L’importanza del recupero
Atleti di ogni disciplina devono pertanto essere in grado di ristabilire le riserve muscolari di glicogeno tra due sessioni di allenamento giornaliere e/o tra due allenamenti in giorni consecutivi. Assunzioni elevate di carboidrati migliorano la performance nella singola sessione di allenamento così come il recupero e la performance nella sessione successiva. Talvolta però, nonostante un’adeguata assunzione di carboidrati, le concentrazioni di glicogeno muscolare possono non essere completamente ristabilite nelle 24-48 h successive ad una gara/allenamento molto stressante (come per esempio nella maratona). In questo caso l’allenamento dovrebbe essere ridotto o i tempi di recupero tra due sessioni aumentati, onde evitare il rischio di infortuni. E’ chiaro che i benefici che si possono trarre favorendo un recupero rapido e completo tra due sessioni di allenamento si possono trasformare nel tempo in un migliore adattamento all’allenamento stesso e, di conseguenza, in un miglioramento delle performance in gara.
Arrivano le vacanze: è ora di riposarsi e coccolarsi. Curate lo stretching e allenatevi senza stress, concedetevi un po’ di sonno in più e pure qualche golosità… relax, sportivoni! Ne avete bisogno!
Movimento e natura. La ricetta per ricaricarsi a Pasqua
Che cosa troverete nell’uovo di Pasqua? Qualche giorno di riposo? Un viaggetto? Rimarrete in città? Che cosa avete programmato di bello?
Per molti, lo sappiamo già, sarà un’occasione per avere più tempo per fare dello sport: ciclisti, runners, sciatori, skialper, ognuno sfrutterà al meglio le giornate primaverili per dedicarsi alla propria attività preferita. La campagna è splendida nella sua prima fioritura, le montagne sono ancora ben innevate, il mare inizia ad esercitare il suo richiamo. Insomma non c’è posto che non sia ideale per muoversi all’aria aperta e per godersi le giornate che si allungano. Anche quelli che visiteranno le città avranno a disposizione alcune ore per inframmezzare le attività culturali con una corsetta o una camminata.
La stagione sciistica è agli sgoccioli, in pista… e fuori. Divertitevi!
Anche perché un po’ di movimento sarà l’antidoto migliore alle digressioni culinarie che inevitabilmente accompagnano questo lungo fine settimana. Il menu della tradizione Pasquale non è in effetti dei più leggeri ma, semel in anno… Non vogliamo quindi essere bacchettoni e darvi un menu dietetico, ci mancherebbe! Piuttosto, considerate come il movimento possa arricchire i piaceri della tavola e minimizzare gli “effetti collaterali” (e ricordatevi, come spieghiamo qui, che è meglio un chilo in più di un allenamento in meno).
Ad esempio, se fate sport durante la mattinata, a pranzo potrete concedervi un primo e un secondo meglio se accompagnato da molta verdura di stagione. Di agnello, se vi piace e non siete animalisti, mangiatene una porzione piccola, è buono, ma quanto colesterolo! Scegliendo le uova di cioccolata, prendete quelle di cioccolato amaro: il cacao è ricco di polifenoli, potenti antiossidanti, e povero di grassi. E coma si fa a dire no alla colomba? Allora che sia artigianale e senza conservanti.
Basta una camminata per limitare gli “effetti collaterali” del pranzo
E il riposo, ah come ne abbiamo bisogno. Lasciamo allora che sia il nostro corpo a dettare i ritmi di queste giornate: niente sveglia! Almeno nei tre giorni canonici, iniziamo la giornata lasciando che siano i meccanismi naturali a decidere quando è ora di alzarsi. E in vacanza prendiamo anche lo sport con un ritmo diverso: troviamo qualche minuto per fare dello stretching, regaliamoci un bel massaggio, terminiamo l’allenamento con un lungo defaticamento. Insomma regaliamoci tempo e attenzioni.
Il nostro fisico e la nostra mente ringrazieranno di cuore. Buona Pasqua!
Le aziende sane sono le aziende del futuro: i dipendenti costano meno, sono più efficienti e vivono meglio. Nell’ultimo mese abbiamo portato il nostro progetto di check-up in Technogym, gli inventori del Wellness. Un posto dove la salute non è solo parole, ma fatti. Vi raccontiamo com’è andata.
Il programma di wellness check-up, iniziato tre settimane fa in Technogym (lo avevamo presentato qui), sta per concludersi con oltre 400 collaboratori che si sono sottoposti alla visita. Una verifica a 360°: questionari per raccogliere informazioni sullo stile di vita, esami ematochimici, elettrocardiogramma a riposo, controllo posturale, misurazione della massa grassa e calcolo del peso ideale. Al termine della visita, per ognuno è stato redatto un report dettagliato sulle condizioni di salute con i suggerimenti per migliorarle ed un programma di esercizi personalizzati.
L’analisi dei dati raccolti permette di calcolare il rischio di sviluppare patologie correlate ad errate abitudini di vita come la sindrome metabolica che origina da sedentarietà ed alimentazione ricca di zuccheri e grassi saturi. In Technogym il rischio di contrarre questa patologia è nettamente inferiore alla media nazionale.
Perché parlare di salute in azienda
I numeri dimostrano che l’ambiente di lavoro può essere il luogo ideale in cui implementare iniziative improntate al benessere. In ufficio passiamo la maggior parte delle ore della giornata ed è quindi imprescindibile il ruolo delle imprese nel promuovere stili di vita sani. E la soluzione è a portata di tutti: incentivare la pratica regolare di esercizio fisico, organizzare mense aziendali che offrano menu intelligenti… basta poco per migliorare la salute dei lavoratori.
In Technogym, il numero delle persone che praticano esercizio ad intensità elevata è il 50% contro una media nazionale dell’1%, gli inattivi sono il 19% contro il 67% della popolazione. Quelli che consumano 1-2 porzioni di frutta e verdura al giorno sono il 60% contro il 50% della media, mentre quelli che ne consumano da 3 a 5 porzioni sono in percentuale inferiore rispetto alla popolazione.
La prevenzione paga
Sotto il profilo economico, i dati danno ragione alle aziende che investono in questa direzione e dimostrano che il ritorno vale 2-3 volte il denaro speso per l’implementazione di tali iniziative. Il vantaggio è rappresentato da una diminuzione di assenteismo e di spese sanitarie. In Technogym, si è evidenziato che i dipendenti con un indice di Wellness migliore avevano meno ore lavorative perse per motivi di salute e quindi pesavano meno sui costi aziendali. Inoltre, le aziende che offrono come benefits la possibilità di accedere ad una palestra ed ad una mensa con cibi sani esercitano una maggiore attrattiva nel mercato del lavoro e riducono il turnover dei dipendenti.
Technogym è senz’altro una delle aziende che per vocazione e storia meglio rappresenta la cultura del wellness: la sua palestra ed il suo ristorante interno offrono quanto di meglio si possa immaginare per il benessere dei lavoratori. Ora, con il programma di check-up messo a punto da Vitalia e collaudato in altre realtà come Edison, si è completato un progetto in cui le indagini cliniche assumono un ruolo fondamentale per accrescere in ogni persona la consapevolezza della propria salute e garantendo ad ognuno gli strumenti per migliorarla. Infatti, lo scopo dell’iniziativa è anche quello di educare alla prevenzione fornendo informazioni e suggerimenti utili a rendere più attive le persone, a orientarle verso stili alimentari migliori ed ad aiutarle a gestire lo stress. Insomma a migliorare il loro Wellness.
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Si chiude oggi la riunione dei leader mondiali a Davos. Si è parlato anche di salute e lavoro: è ormai indispensabile trovare nuove formule per la prevenzione e il contenimento dei costi sanitari. Il commento del dott.
In questi giorni è in corso a Davos il World Economic Forum, un evento mondiale che si ripete periodicamente e che vede le migliori menti del pianeta riunite a discutere le politiche che possano avere un impatto globale. Uno dei principali temi in agenda quest’anno è, guarda caso, la salute di chi lavora.
La situazione è chiara: le economie degli stati non possono più sostenere il costo delle cure dei cittadini. La ricerca di nuovi farmaci e di nuove terapie curative deve essere affiancata a progetti per la prevenzione che siano efficaci ed accessibili ai più. Le soluzioni sembrano semplici ad una prima analisi: più movimento e alimentazione migliore.Eppure queste strategie lapalissiane sono molto difficili da implementare e richiedono una precisa visione che si realizzi attraverso una altrettanto precisa esecuzione. Invece, i lavoratori, soprattutto nelle grandi aree urbane, sono costretti a ritmi in cui è veramente problematico ritagliarsi i tempi per prendersi cura di sé.
D’inverno una ciaspolata è un ottimo esercizio
Pensiamo al caso di una madre di famiglia che abiti nella periferia di una grande città e che debba lavorare le canoniche otto ore. La sua sveglia suonerà alle sei della mattina e, dopo aver preparato la colazione per la famiglia, ci sarà il trasferimento sul luogo di lavoro con auto e treno o con altri mezzi di trasporto. La pausa caffè sarà consumata davanti ad una macchinetta che eroga bevande calde o soft drink e “merendine” impreziosite da zuccheri e conservanti di vario tipo. Seguiranno altre ore alla scrivania, che spesso non rispetta criteri di ergonomia, che si interromperanno per il pranzo consumato alla mensa aziendale o al bar d’angolo. Il pomeriggio ricalcherà il copione della mattinata fino all’uscita intorno alle 17.30-18. Un’altra ora di trasporto pubblico e si è a casa, pronti per preparare la cena e… stramazzare a letto.
Eppure tutte le ricerche mediche evidenziano i rischi legati a questo stile di vita. In primis, il sovrappeso che a sua volta conduce alle malattie metaboliche come il diabete di tipo II, a molti tumori ed alle malattie cardiovascolari. Il problema si combatte con due armi, come al solito: più movimento e alimentazione migliore. E allora come possiamo incidere nella vita della mamma appena descritta?
Una corsetta nel week-end è un buon inizio. Ma bisogna prendere abitudini sane in settimana
Pensiamo che piccole modifiche, concrete, possano fare una grande differenza. Immaginiamo che la signora possa camminare un kilometro prima di salire su un mezzo di trasporto oppure che possa utilizzare una bicicletta ed una pista ciclabile, che, invece della borsetta, usi uno zainetto in cui mettere due snack salutari ed una scatola con del cibo sano per il pranzo. Ciò le consentirebbe di risparmiare venti minuti di pausa mensa che potrebbero essere dedicati ad una camminata di 2 km.All’uscita, un altro km a piedi ed ecco che nella giornata lavorativa si riuscirebbe ad accumulare quella fatidica quantità di movimento necessaria a fare della vera prevenzione.
Il primo passo è continuare ad informare, perché l’informazione è educazione.
Il secondo potrebbe essere quello di incentivare. Offrire ad esempio dei bonus (buoni acquisto nei supermercati) a chi dimostra di prendersi cura di se stesso: tutti vantaggi che tornerebbero nelle “tasche” delle aziende e dello stato in termini di riduzione dell’assenteismo per malattia e spesa sanitaria. La strada c’è, basta aver la voglia di iniziare ad incamminarsi.