Che cos’è il lattato o acido lattico? E’ un catabolita prodotto dalla contrazione muscolare e cioè dalla conversione dell’energia chimica in energia meccanica. La produzione di lattato è in funzione dell’intensità del lavoro muscolare. Entro determinate intensità di esercizio, l’acido lattico prodotto viene rimesso in circolo e viene riutilizzato dai muscoli meno attivi durante l’esercizio dopo essere stato riconvertito dal fegato in glucosio mediante il ciclo di Cori.

Qualora il ritmo di esercizio sia troppo intenso, il lattato prodotto non riesce più ad essere metabolizzato e si accumula nel sangue provocando acidosi associata a dolore e bruciore e costringendo l’atleta ad interrompere lo sforzo o a ridurne l’intensità fintanto che il metabolita tossico non viene rimosso. Tale intensità di esercizio viene definita come soglia anaerobica.

Il termine soglia anaerobica fu introdotto negli anni ’60 partendo dal concetto che ad alta intensità di esercizio, il muscolo deve ricorrere alle vie glicolitiche anaerobiche per produrre l’energia richiesta. La misurazione del lattato mediante il prelievo di una goccia di sangue dal lobo dell’orecchio permetterebbe quindi di individuare la potenza meccanica e/o la frequenza cardiaca in cui si verifica questa condizione.

Da questa introduzione risulta evidente che determinare con precisione la soglia anaerobica permette di fornire un elemento fondamentale per la programmazione dell’allenamento degli sportivi che praticano discipline aerobiche. In effetti maratoneti, ciclisti, triathleti, nuotatori e fondisti si sottopongono regolarmente al test del lattato per verificare il proprio livello di allenamento e per impostare le sedute successive.

Come si misura il lattato – tipologie di test in laboratorio e sul campo

I test che permettono di calcolare la soglia anaerobica possono essere condotti in laboratorio o su campo: i primi vengono di solito svolti su treadmill o su cicloergometro e, in una minoranza di casi, con armoergometro e remoergometro. Il vantaggio del test in laboratorio consiste nella possibilità di annullare le variabili che possono influenzare la prestazione quali il vento, la temperatura e l’umidità.

Inoltre, l’uso degli ergometri, a patto che siano correttamente tarati, consente di definire con precisione il carico di lavoro, mentre sul campo l’atleta deve essere in grado di gestire la velocità in maniera autonoma. Se ciò è fattibile per la corsa e per il nuoto, ben più difficile sarà lo svolgimento di un test da campo per il ciclismo.

I criteri generali per una valutazione affidabile possono essere riassunti in tre punti principali:

  1. non effettuare allenamenti particolarmente intensi nella giornata precedente il test
  2. alimentarsi in maniera adeguata (come se si dovesse affrontare una gara)
  3. svolgere un riscaldamento di almeno 20 min. con delle fasi finali ad alta intensità

Dal momento che la produzione di acido lattico è condizionata dalla muscolatura impegnata nel gesto atletico, è fondamentale che la prova in laboratorio sia condotta utilizzando l’ergometro specifico in funzione dello sport praticato, quindi treadmill per podisti e cicloergometro per i ciclisti.

Nuoto, sci di fondo

Le variabili tecniche in gioco nei gesti atletici di questi sport rendono problematica la scelta del test da fare. Si consiglia quindi di evitare il test di laboratorio per il nuoto e, semmai di usare un armoergometro, visto che nel nuoto il 70% del lavoro viene svolto dalla parte superiore del corpo.

Per lo sci di fondo, abbiamo utilizzato un protocollo di test in cui si associava al treadmill un ergometro a ventola azionato dalle braccia per simulare il lavoro svolto con i bastoncini.

Come si interpreta il test in funzione del tipo di gara

Secondo Mader, la soglia anaerobica coincide con il valore delle 4 mmoli di lattato per ml. Tuttavia tecnici e medici che lavorano con sportivi di buon livello hanno verificato che il valore fisso proposto da Mader mal si adatta all’interpretazione di molti test.

Ciò che più si correla con la prestazione non è infatti il valore delle 4 mmoli quanto il punto di impennata della curva. Altri autori sostengono che la “prima soglia”, quella a cui per intendersi si svolge il lungo, dovrebbe corrispondere ad un valore di 0,5 mmoli più alto del basale, la “seconda soglia” coinciderebbe invece con un valore di 2 mmoli superiori al primo. Per fare un esempio: se al termine di riscaldamento l’atleta mostra un valore di 1,1 mmoli di LA, la prima soglia si collocherà a 1,6 mmoli e la soglia anaerobica coinciderà con le 3,6 mmoli/l.

fig 1

Ciò che inoltre deve essere considerato è l’andamento in generale della curva che dovrà essere molto “piatta” ed impennare solo verso la fine nel caso di triathleti e maratoneti (fig. sopra), mentre nel caso di ciclisti, fondisti e biker (fig. sotto), l’andamento sarà più graduale. Queste considerazioni guideranno il preparatore atletico a costruire il periodo di allenamento in modo da ottenere i miglioramenti ricercati.

fig 2

Costruzione della curva

Con l’utilizzo di un foglio di calcolo Excel debitamente organizzato sarà piuttosto semplice generare dei grafici come quello riportato in figura (sotto). La buona visualizzazione della curva e l‘esperienza aiuteranno a “interpretare” i dati del test. Si ricorda tuttavia che ogni test di laboratorio deve essere verificato con gli allenamenti sul campo in modo da confermare la validità dei dati su cui verrà impostato il programma di allenamento.

costruzione curva

 

Contattaci per avere informazioni sul nostro test del lattato.

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Massimo Massarini è specialista in Medicina dello Sport. In qualità di responsabile medico ha partecipato alla  America’s Cup 1987 e 1992 e ha lavorato presso Technogym nella progettazione di attrezzature per la valutazione e l’allenamento. Nel 2005 ha aperto a Torino “Vitalia”, una società orientata al benessere ed alla prevenzione attraverso l’attività fisica.

basket

Dottor Massarini, qual è la condizione atletica dei giovani torinesi?

I miei pazienti sono quasi tutti agonisti quindi il mio giudizio riguarda solo uno spaccato dei cosiddetti “sportivi”. Registro una scarsa preparazione fisica generica: i ragazzi oggi si specializzano sin dall’infanzia in  una disciplina ma trascurano i gesti fondamentali (correre, saltare, strisciare, arrampicarsi, rotolare…), che si dovrebbero allenare in maniera naturale attraverso il moto spontaneo. Questa carenza è il risultato della sedentarietà a cui li abbiamo abituati, complici il contesto urbano in cui crescono e le ossessive apprensioni dei genitori. Per stare bene un adolescente deve condurre una vita il più possibile attiva e sana (camminare, giocare all’aperto, correre, sfogarsi ogni giorno, in più momenti e per più di mezz’ora in tutto), non bastano i tornei di tennis o le gare di sci.

Scuola e salute: prevenire o curare?

La scuola ha il compito di educare i ragazzi e quindi deve dare loro anche insegnamenti sulla salute. Servono innanzitutto misure concrete: più intervalli nella mattinata, distribuzione delle ore di educazione fisica in due giorni diversi (in modo da garantire a tutti un minimo di due occasioni per muoversi alla settimana), maggior insistenza sull’importanza di colazione e merenda (il cervello è una macchina e funziona a zuccheri, se non ne riceve il suo rendimento cala). Una volta presi questi accorgimenti, e solo allora, possiamo aggiungere le lezioni su droghe, alimentazione e tabagismo.

Qual è la ricetta per un buon corso di educazione fisica?

Gli studenti devono consolidare l’apprendimento della motricità di base: ai docenti il compito (arduo!) di seguire programmi adattabili ai diversi livelli atletici degli allievi. Quanto ai test, credo che la lezione vada intesa come un tempo per l’allenamento e che il professore dovrebbe valutare i progressi del singolo ragazzo durante l’anno (non giudicarne le prestazioni con una tabella di riferimento). Infine mi sembra necessario rivedere l’aspetto teorico della materia integrando lo studio delle scienze motorie con alcuni elementi di medicina di base. Penso ad una collaborazione stretta tra professori di educazione fisica  e di scienze, per rendere più interessanti e concrete entrambe le discipline: perché non utilizzare qualche ora di ginnastica per approfondire l’anatomia umana? La palestra è un luogo privilegiato per verificare con l’esperienza i meccanismi del nostro corpo.

Campioni in bilico tra libri e pallone: come trovare l’equilibrio giusto? 

Facciamo chiarezza: i potenziali “campioni” sono quegli atleti che gareggiano, in età scolare, a livello nazionale. Il discorso per loro è molto complesso (ci sono sport incompatibili con una frequenza regolare delle lezioni), ma rappresentano una minoranza. Per tutti gli altri agonisti l’impegno è massiccio e quotidiano ma può essere coniugato con uno studio serio e regolare. Non c’è antitesi: la competizione con i sacrifici che comporta è uno stimolo prezioso per la crescita di un adolescente ed è molto più formativa della pratica amatoriale (la gara è una fine metafora della vita). Quindi è grave che scompaiano i gruppi sportivi e si riempiano le palestre, come sta accadendo: la sala pesi fine a se stessa è una prediscoteca, dove ci si allena esclusivamente per essere più belli. Tocca alla scuola limitare i danni della civiltà dell’estetica: c’è differenza tra un sabato sera di sbronze e una sveglia all’alba per gareggiare. Almeno sul piano morale gli atleti diligenti vanno premiati, incoraggiati ed elogiati come esempio per i compagni.

 

Articolo tratto da Lucia Caretti, “Scienze motorie e salute” in “Il nostro tempo”, Domenica 25 dicembre 2011, Anno 66, num. 45, pg. 17.