Nuovo anno, nuovi progressi. Che cosa porterà il 2016 a Vitalia? Sicuramente ancora più tecnologia, numeri, analisi. Il futuro è studiare il movimento in modo sempre più preciso: nella nostra palestra è già presente. Ecco alcuni strumenti che abbiamo sperimentato negli scorsi mesi e siamo pronti ad usare con voi.
Si fissano i sensori al torace, alle cosce ed alle gambe, si inizia un movimento ed ecco che sullo schermo davanti a noi appare la nostra silhouette; adesso alziamo una gamba e vediamo che con lo spostamento del corpo facciamo passare un’oggetto attraverso un cerchio. Oppure saliamo su una tavoletta sensorizzata e facciamo uno slalom tra gli ostacoli del video spostando il peso da una gamba all’altra.
Prepariamoci a fare un salto da fermi, siamo in posizione, in mezzo a due barre sul pavimento che attraverso un fascio di luce a infrarossi calcolano quanto per quanto tempo ci stacchiamo da terra, due telecamere filmano il movimento e immediatamente è disponibile il video dell’esercizio pronto ad essere analizzato. Corriamo su un tapis roulant e lunghezza di ogni passo, durata dell’appoggio a terra, simmetria della falcata vengono calcolate e analizzate. Sono le nuove tecnologie, quelle che ci permettono di guardare il movimento, di misurare gli angoli delle articolazioni, di capire come vengono attivati i muscoli. Analizzare, correggere, migliorare.
Queste sono le direzioni verso cui stiamo andando e queste sono le nuove strade che ci piace percorrere per aumentare le capacità di curare e far tornare in attività i nostri pazienti. Il nostro obiettivo è cercare attrezzature innovative ma al contempo facili che, senza procedure complicate, permettano di aggiungere informazioni ad ogni seduta. Crediamo che la rieducazione al movimento debba inevitabilmente passare dalla ricostruzione di schemi motori che, partendo da movimenti semplici, arrivi all’esecuzione di esercizi sempre più complessi. Per raggiungere l’obiettivo, il biofeedback fornito da strumentazione e software fornisce un enorme aiuto al medico, al trainer ed al paziente.
Riablo, esercizi guidati e test
I cinque sensori inerziali di Riablo, ad esempio, si indossano con fasce elastiche e trasmettono i movimenti degli arti e del tronco ad un tablet o ad un PC via Bluetooth. Insieme alla pedana di pressione acquisiscono informazioni tridimensionali della persona che esegue l’esercizio. I dati vengono poi elaborati dal software e l’utente può vedere in tempo reale il proprio movimento sul video. Tutti i movimenti eseguiti dall’utente sono preparati e selezionati dal professionista: Riablo permette in modo semplice di guidare verso la perfetta esecuzione di ogni esercizio fornendo importanti elementi di valutazione del gesto.
Tra le varie funzioni disponibili, Riablo ne ha una particolarmente utile per il trattamento di pazienti infortunati al ginocchio. L’azienda produttrice, CoRehab, ha infatti rilasciato il software “Back in action”, una batteria innovativa di test composta da 7 esercizi (inventati assieme al FIFA Medical Center of Austria) per valutare la capacità di ritornare allo sport di un paziente che ha subito un intervento chirurgico di ricostruzione del LCA (legamento crociato anteriore). Tutti i risultati sono confrontati con dati normativi della stessa età e sesso del paziente e, se un solo test viene misurato al di sotto del valore di norma, l’indicazione fornita è che al paziente non è permesso tornare allo sport. Il test è anche ampiamente utilizzato come strumento di valutazione per gli arti inferiori dal momento che è in grado di misurare Equilibrio, Agilità, Forza e Velocità separatamente o insieme, fornendo una chiara indicazione su eventuali asimmetrie. Il test viene utilizzato da atleti e non in tutto il mondo, con particolare attenzione allo sci, al calcio, il basket e la pallavolo.
Lo usiamo anche noi di Vitalia: insieme a tanta altra tecnologia che ci permette di rendere il nostro servizio sempre più efficace e risolutivo.
Ultimi giorni di estate. Se qualcuno non si fosse ancora convinto ecco nuovi buoni motivi per rimettersi in forma. E qualche conto in tasca.
Star bene non significa solo non essere malati.
Star bene significa poter godere di un livello di efficienza fisica tale da consentirci di camminare, nuotare, pedalare.
Significa apprezzare i piaceri del cibo senza eccedere nelle quantità.
Significa prendersi cura di sé con attenzione consapevole, senza eccessi ipocondriaci.
Significa muoversi con minimo spreco di energia, perché le impronte lievi sono anche quelle che fanno meglio al fisico.
Significa coinvolgere gli altri nella passione per il movimento.
Vitalia crede in tutto ciò e offre i suoi servizi a tutti quelli che vogliono percorrere, iniziare a percorrere o riprendere un cammino verso il benessere. La prevenzione non si basa solo su esami clinici ma anche sulla convinzione che il movimento sia la prima forma di cura. Del resto, Esculapio l’aveva capito 2500 anni fa che un’adeguata dose di esercizio e di cibo potevano curare molte patologie.
Ora ne sappiamo molto di più e l’aforisma “siamo quello che mangiamo” dovrebbe essere associato ad un altro che reciti “siamo per quello che ci muoviamo”.
In effetti, la carenza di esercizio è alla base di patologie metaboliche, cardiovascolari e oncologiche. La relazione è diretta nel caso di diabete di tipo II, sindrome metabolica, malattia coronarica, ictus, ipertensione, cancro della mammella e del colon.
L’associazione di moderato esercizio, circa 40 min. al giorno di camminata ad intensità moderata o vigorosa, e di alimentazione a basso contenuto di zuccheri raffinati e di grassi animali costituisce una solida base di prevenzione. Per facilitare ancora di più l’approccio a questo stile di vita è utile sapere che questi 40’ non devono essere svolti in un’unica sessione ma possono essere frammentati in 4-5 sessioni di una 10 di minuti l’una. Qualche esempio per capirci? Semplicissimo: scendere dal bus alla fermata prima dell’ufficio, e raggiungerlo a piedi; lasciare l’auto in garage e muoversi in bici; accompagnare i bambini a scuola a piedi o farsi una camminata nel week-end.
Quasi nessuno insomma può dire di “non avere tempo per muoversi”. Basterebbe limitare l’uso di auto e mezzi pubblici per allungare qualche passo e accumulare, minuto dopo minuto, dei “punti salute”.
E poi qualche considerazione sul portafoglio: curarsi costerà sempre di più. I tagli alla sanità sposteranno inevitabilmente l’onere della spesa per le cure sempre di più sui cittadini e quindi ecco un motivo in più per mantenersi sani.
Le aziende l’hanno capito e molte offrono già programmi wellness (ecco il nostro) ai propri dipendenti, soprattutto all’estero.
Star bene conviene a tutti. Al singolo, alla comunità, all’ambiente.
Qualche tempo fa la nostra Running Charlotte sollevava sul suo blog una questione spinosa e tutta femminile: che fare nei giorni del ciclo mestruale? E’ bene allenarsi oppure no? Proviamo a risponderle e dare qualche ulteriore indicazione alle nostre lettrici: il parere di un dott…
Premessa: non c’è una ricetta che vada bene per tutte le donne. La soglia del dolore, la motivazione allo sport, la risposta all’esercizio sono variabili soggettive che non è possibile prevedere a priori. Tuttavia, in linea di massima, la fase mestruale non abbassa la capacità prestativa e la storia dello sport cita molti esempi di medaglie olimpiche vinte durante i giorni “no”.
E’ vero anzi, come spiega Charlotte, che l’esercizio fisico stimola la produzione di endorfine, che diminuiscono il dolore addominale. Tradotto: se soffrite particolarmente durante le mestruazioni una corsetta leggera vi può far bene. Se non avete problemi i vostri risultati non dovrebbero risentire del calendario, ma attenzione ai particolari: imparate ad ascoltare il vostro corpo. E trovate il giusto equilibrio tra riposo e movimento. Un buon consiglio è non esagerare: chi ha un ciclo abbondante, infatti, rischia di andare incontro ad una forma di anemia da carenza di ferro.
Il segreto è trovare un equilibrio con il proprio corpo
Proviamo a spiegarci: l’instaurarsi di uno stato anemico vero e proprio, con bassi valori di emoglobina, comporta una riduzione della capacità di trasporto dell’ossigeno e quindi una ridotta capacità di lavoro.
Il primo segnale del depauperamento dei depositi di ferro è un abbassamento della ferritina nel sangue. Poiché il ferro è un costituente dell’emoglobina e della mioglobina, cioè delle molecole che si legano all’ossigeno portandolo ai muscoli ed ai tessuti in genere, un suo abbassamento riduce la capacità di portare ossigeno ai muscoli durante lo sforzo, compromettendo così la performance.
Per questo le runners con cicli abbondanti dovrebbero controllare più spesso la ferritina, per smascherare eventuali situazioni di pre-anemia che, se trascurata, potrebbe esitare in un quadro anemico sideropenico (da carenza di ferro) con evidente calo prestativo e con tempi di recupero lunghi: i depositi di ferro dell’organismo impiegano diversi mesi per ricostituirsi.
Buon allenamento a tutte le signore e attenzione ai consigli in rete: chiedete sempre al vostro medico!
La salute di ognuno di noi dipende in larga parte dal nostro stile di vita, ci piaccia o no, questa è la realtà delle cose. Errate abitudini alimentari, sedentarietà, stress, fumo, posture scorrette hanno un profondo impatto sul benessere e sulle probabilità di contrarre malattie cardiovascolari, metaboliche (diabete), ortopediche (lombalgia, cervicalgie, osteartrosi) e alcuni tipi di tumore.
E ci sono effetti collaterali anche in ufficio: un basso livello di forma fisica riduce la capacità lavorativa e fa aumentare il numero di ore di assenza per malattia. Per questo, sin dagli anni ’80, si è iniziato a parlare di prevenzione e “corporate Wellness” e si sono avviate iniziative finalizzate a procurare il benessere dei lavoratori e a contribuire al successo dell’azienda che li implementa. Sono infatti numerosi gli studi che analizzano il ritorno dell’investimento in progetti Wellness e che ne dimostrano la grande redditività.
Anche nei paesi come l’Italia, infatti, dove gran parte dei lavoratori sono assistiti dal sistema sanitario nazionale, il costo della malattia per l’azienda è ingente. Soprattutto il trascurare fattori di rischio conduce ad un’aumentata incidenza di patologie e alla perdita di giornate di lavoro.
Si calcola che un programma di corporate Wellness comporti un aumento di produttività giornaliera di circa 15 min./giorno e una riduzione di 21 ore annue dell’assenteismo da infortuni e malattie, per un risparmio totale di 1500 euro per ogni dipendente che costi 35.000 euro/anno.
Come immediata conseguenza si riduce il turn over del personale, con un risparmio – per riduzioni del 2% – di 160 euro. Inevitabile che migliori il clima aziendale e che aumentino le possibilità di attrarre i migliori talenti sul mercato.
Sulla base di queste evidenze Vitalia ha strutturato un apposito check-up per testare lo stato di salute delle aziende. L’obiettivo è la prevenzione delle patologie cardiovascolari, metaboliche ed ortopediche. I dipendenti vengono sottoposti ad una visita e un colloquio di 30-40 min. in cui vengono misurati i parametri clinici utili a definire il profilo di rischio. Ognuno riceve consigli personalizzati su come migliorare le abitudini quotidiane.
Stare bene è un’assunzione di responsabilità verso se stessi.
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Ospitiamo con piacere una riflessione sui Mondiali di Calcio dell’amico e collega Alberto Andorlini. Responsabile della rieducazione funzionale del Palermo Calcio, Andorlini ha lavorato per Siena e Chelsea, ha allenato Batistuta a Dubai e collabora con Technogym per il progetto di ricerca e formazione sull’Ability Training cui partecipiamo anche noi (qui puoi leggere il nostro speciale sulle Paralimpiadi: la migliore spiegazione del concetto di abilità). E’ un creativo del movimento e dell’allenamento.
Pochi sanno che i mondiali di calcio non si giocheranno in Brasile. I Mondiali quelli veri intendo.
Il Campionato del mondo del Brasile esiste. Questo sì. E il Brasile rappresenterà un palcoscenico mediatico assolutamente verosimile. Ideato, costruito, e assemblato, sulle impalcature virtuali di eventi paralleli, il Campionato Brasiliano si farà.
L’erba, sintetizzata e selezionata da menti altrettanto sintetiche, resisterà all’onda impazzita di jingles e mascottes. La pubblicità si impossesserà di ogni respiro. Il Pubblico si impossesserà della Pubblicità. L’Anonimo Privato si impossesserà del pubblico. E lui solo, l’anonimo privato, si ciberà delle onde azionarie irradiate dal Paese delle Meraviglie. Ogni esecrabile sospetto, ogni inudibile credo, ogni invisibile pensiero, ogni insondabile emozione, tutto, tutto, sarà vivisezionato, parcellizzato, frammentato, masticato, e digerito. E finalmente espulso, per le contorte vie dell’evidenza giornalistica.
E noi vibreremo, come mansueti ghirigori di fumo, attratti da dimenticate pulsioni maniacali e assuefatti al rullare ritmico di consonanze primordiali. Ci accasceremo disfatti nella catarsi della sconfitta, o salteremo, energici ed energetici come non mai, nell’esplosione di una vittoria insperata e dispettosa. Il dramma psicocinetico dell’epopea calcistica si consumerà lento, sulle braci di un’ara sacrificale, lunga 30 giorni e tangibile, come 50 pollici di altissima definizione.
Loro, i conturbanti eroi dell’era Twitter, indosseranno morbide scarpe infrangibili e calceranno l’eleganza dei gesti oltre i confini euclidei dei 90 minuti.
Tutto questo accadrà. E lascerà ricordi palpabili come la parabola eterna della vergine-palla il volo senza peso e senza sesso dell’angelo calciatore.
Detto questo. Concesso questo. Sopportato o supportato tutto questo, eccoci al dunque. Pochi sanno che i veri Mondiali non si giocheranno in Brasile. Questo lo sussurro all’orecchio di chi è attento ai segnali del Momento. Alle scie celesti dell’eterno e vero Movimento.
I veri Mondiali si stanno giocando da quattro anni, ai quattro canti del Mondo.
E i giocatori siamo noi.
La cosa buffa è che nessuno ci ha avvertito. E non c’è nessuno che ci abbia spiegato le regole.
Giochiamo tutti i giorni. Noi tutti, tutti noi: abbandonati e stanchi, irascibili e incompresi, deboli e incapaci. Tutti noi, poco artisti e poco atleti, molto poco allenati a trattenere un solo, unico, disperato pensiero.
Io sono stato eliminato qualche mese fa – peccato! – quando, una sera, mi sono attardato al computer, dimenticandomi di respirare il tramonto che mi stava aggredendo.
Pago ancora. Per quello che è stato.
Un errore senza prezzo.
Buongiorno dottore, vorrei perdere peso.” “Benissimo signora, quanta attività fisica fa ogni giorno?” “Mah, penso abbastanza. Cammino, vado in palestra qualche volta la settimana, forse 2 volte…”
Per far si che ci sia un dimagrimento, ossia una perdita di grasso corporeo è necessario che le calorie assunte con gli alimenti siano inferiori a quelle spese: per ottenere risultati bisogna quindi fare il calcolo esatto di quante ne vengono introdotte nei pasti e nei fuori pasto, e di quante ne vengono consumate.
Purtroppo ottenere dei dati attendibili è tutt’altro che facile perché le percezioni individuali sulla quantità di movimento sono spesso falsate. Eppure quando si deve intervenire sulla dieta di un individuo non si può prescindere dalla quantità di calorie utilizzate.
Solo la tecnologia può aiutarci a sostituire parole come “abbastanza, un po’, molto” con numeri inconfutabili cosicché la persona prenda coscienza del suo reale livello di attività fisica quotidiana.
Per fortuna c’è un piccolo strumento a rendere tutto più facile: si chiama Armband e assomiglia ad uno di quei porta Iphone per il running. È un concentrato di tecnologia “tascabile”: pesa solo 80g e si indossa dietro al tricipite del braccio destro, senza nessun fastidio o intralcio. Attraverso dei bio-sensori monitorizza una serie di dati: la temperatura del corpo, il calore dissipato, la conduttività della pelle, il movimento su più assi, il numero dei passi e la posizione del corpo.
L’elaborazione di questi dati permette di calcolare con assoluta precisione alcuni parametri fondamentali: il consumo energetico in calorie, il tempo ed il consumo calorico durante l’attività fisica, il tempo trascorso in posizione di riposo (sdraiati) ed i periodi di sonno.
La rilevazione dura di solito 2-4 giorni e alla fine di essa i dati vengono elaborati da un software dedicato che fornisce un report molto dettagliato sui ritmi quotidiani del paziente. In base a questa analisi sarà più facile definire un corretto piano alimentare e dare consigli per il miglioramento delle proprie abitudini: il consumo calorico, il movimento e l’attività fisica di tutti i giorni sono degli indici preziosi nell’osservazione della qualità della vita e dell’allenamento e conoscerli può aiutarci a stare meglio.
[message type=”info”]Contattaci per provare l’Armband[/message]
[message type=”info”]Foto a cura di Marco Sala[/message]
Si sono appena concluse le Paralimpiadi di Sochi e abbiamo ancora negli occhi il miracolo umano (neanche da dire) e sportivo (questo ve lo possiamo spiegare) dei Giochi: solo un immenso bagaglio di “diverse Abilità” può farti gareggiare ai cento all’ora su una pista ghiacchiata con un arto o due occhi in meno. Guardando le gare russe ci si può davvero rendere conto di che cosa siano le abilità che il nostro corpo possiede (per esempio quella di reggersi su una gamba sola) e sviluppa (a diversi livelli, fino ai risultati superbi delle medaglie olimpiche). Il sistema di “ability training” che utilizziamo da Vitalia si fonda proprio su queste premesse.
Allenare le abilità è un concetto logico e allo stesso tempo rivoluzionario.
Grazie alle abilità possiamo infatti relazionarci quotidianamente con il mondo esterno: le usiamo per la vita quotidiana, per allenarci, per gareggiare, ma anche per recuperare una funzionalità perduta per un incidente o per un trauma.
Negli ultimi anni la modalità di allenamento è progressivamente cambiata ed è migrata da una metodologia strutturata su gruppi muscolari e percentuali di intensità applicate alla qualità di base ad un approccio più creativo, divertente e “funzionale”.
Tuttavia, ciò che l’allenatore professionista deve quotidianamente fare è costruire sedute di allenamento che rispettino per ogni individuo i concetti chiave di sicurezza ed efficacia.
Combinare questi due requisiti fondamentali nell’ambito dell’allenamento funzionale è quanto mai complesso e l’osservazione degli esercizi e degli attrezzi piccoli e grandi che appartengono alla famiglia del “functional training” proliferati negli ultimi anni non aggiunge di certo ordine.
Il nostro obiettivo è quello di comprendere a fondo il significato di functional training, di organizzarlo e di renderlo fruibile da ogni persona che si rivolga a noi, vuoi per migliorare la propria performance sportiva, vuoi per recuperare dopo un trauma.
Per riuscirci bisogna avere in mente un percorso che colleghi le capacità di base alle qualità specifiche, che permetta di comporre piani di allenamento seguendo una logica più articolata di quella finora utilizzata e che si basava su classificazioni in base ai muscoli.
L’Ability Training si pone lo scopo ambizioso di coniugare metodiche tradizionali finalizzate al miglioramento delle capacità di base – resistenza organica, forza, flessibilità – ad esercizi che rispondono ad una classificazione diversa ed innovativa fondata sui concetti di integrazione, coordinazione neuro-muscolare e funzionalità. Solo attraverso questa fusione e grazie a nuove regole della “sintassi” del movimento è possibile fornire un metodo nuovo ma rigoroso per l’allenamento.
Secondo la logica dell’ability training le qualità di base possono essere paragonate a degli accumulatori di resistenza (capacità aerobica), di forza (forza muscolare) e di mobilità (flessibiltà). Il loro allenamento porta ad un aumento della loro capacità che potrà essere messa sul campo, nell’esecuzione del gesto, attraverso un’ottimizzazione delle qualità condizionali e coordinative. L’allenamento delle abilità, quindi, si focalizza sul recupero delle capacità motorie e quindi sulla capacità di esprimere il movimento del corpo trasformando le qualità di base in gesto efficace e correttamente eseguito.
Per allenare le qualità di base è necessario ricorrere ai postulati tradizionali dell’allenamento che prendono in considerazione la finalità dell’obiettivo per definire l’intensità ed il volume dell’esercitazione. Ciò è molto chiaro sia nell’allenamento aerobico che nell’allenamento della forza soprattutto quando essi sono finalizzati a prestazioni sportive.
La finalità dell’allenamento delle abilità è tuttavia più ampia e deve offrire principi di allenamento adatti anche a soggetti fortemente decondizionati o addirittura in fase riabilitativa.
Ecco allora che l’allenamento integrato di accumulatori e trasformatori risulta la migliore forma di prevenzione e di prestazione allo stesso tempo.
Nel soggetto decondizionato o patologico, allenare le qualità di base rappresenta spesso il primo passo di un percorso teso a ristabilire o migliorare la funzionalità globale. Per fare ciò si dovrà obbligatoriamente tenere conto dell’intensità e del volume del carico coniugandoli a movimenti che dovranno essere adeguati alle capacità coordinative ed al controllo neuromuscolare.
Contattaci per avere informazioni sull’ability training da Vitalia.
Questa è la settimana della donna e a noi di Vitalia piace mettere l’accento sul come e perché l’esercizio faccia bene nella prevenzione e nella cura di alcune patologie femminili.
Tumore al seno
Questa patologia, purtroppo molto diffusa e, per fortuna, in molti casi curabilissima può essere efficacemente combattuta oltre che con terapie chirurgiche e farmacologiche, con l’esercizio fisico e la corretta alimentazione.
Il movimento è di dimostrata efficacia sia nella prevenzione primaria – evitare che la patologia insorga – sia in quella secondaria – evitare che la patologia ricompaia dopo essere stata trattata.
Per quanto riguarda la prevenzione, numerose ricerche scientifiche dimostrano che un programma di 30’ al giorno di camminata permetta di prevenire l’insorgenza della neoplasia specie se associato a una dieta povera di zuccheri raffinati e di carni rosse e ricca di fibra, proteine vegetali e frutta. In particolare, l’obiettivo dell’alimentazione è limitare i picchi di glicemia che sembrerebbero associati al rischio di sviluppare la patologia neoplastica.
E’ interessante sottolineare che durante il trattamento chemioterapico e radioterapico, le pazienti che continuano a svolgere attività aerobica e esercizi per il miglioramento della forza hanno dimostrato maggiore resistenza e capacità di ripresa rispetto alle pazienti inattive (articolo scientifico di riferimento). Ovviamente l’esercizio dovrà essere adattato alla capacità funzionale di ogni singola paziente.
Osteoporosi
Le donne che hanno fatto sport in età puberale e che continuano a farlo nella vita adulta hanno molte meno probabilità delle sedentarie di sviluppare osteoporosi nell’età post-menopausale. Ciò è dovuto al fatto che la forza muscolare e le tensioni sviluppate dal muscolo sull’osso ne aumentano la solidità attraverso una maggior attività delle cellule che depongono matrice ossea, gli osteoblasti.
Gli sport in cui c’è un ripetuto impattocon il terreno, come la corsa, il tennis, il basket, la pallavolo, la camminata, sono quelli più efficaci nello sviluppare il picco di massa ossea in età giovanile e nel prevenirne la perdita in età avanzata. Gli esercizi con i pesi sono indicati in quanto, rinforzando la muscolatura, contribuiscono ad incrementare la tensione che i tendini trasmettono alle ossa e ciò serve a mantenere la compattezza della struttura.
Una maggiore compattezza dell’osso previene inoltre il rischio di fratture che, nella donna anziana, rappresentano una complicanza molto frequente delle cadute (articolo scientifico di riferimento).
Infine, anche in questo caso bisogna parlare di alimentazione. Diete povere di vitamina D e calcio favoriscono l’instaurarsi della patologia e così pure l’assunzione di alcool ed il fumo di sigaretta.
Si può non diventare diabetici, si possono prevenire le complicanze del diabete.
Nel 2003 (poi sul Lancet nel 2006) veniva pubblicato uno degli studi scientifici più importanti nell’ambito della prevenzione del diabete di tipo II: il DPS (Finnish diabetes prevention study).
Il lavoro era basato sui dati di pazienti con rischio di sviluppare NIDDM (“Non insulin dependent diabetes mellitus” o Type II Diabetes), cioè di età 40-64, sovrappeso e con alterazioni della curva glicemica. I risultati dimostrarono che il gruppo che seguiva un programma basato sulla riduzione dell’apporto calorico (basso livello di grassi saturi) e sull’esercizio fisico aveva maggiori possibilità di NON sviluppare la patologia rispetto a coloro che invece assumevano farmaci antidiabetici.
La portata scientifica di questa pubblicazione è stata grandissima ed ha innescato molti altri studi che negli ultimi dieci anni hanno reso inequivocabile l’importanza di uno stile di vita attivo per prevenire e curare il diabete tipo II con positivi impatti anche di tipo economico: curare attraverso l’educazione al movimento ed alla corretta alimentazione fa risparmiare molti soldi rispetto alle cure farmacologiche.
Nel 2005, il prof De Feo ha quantificato tali risparmi in un bellissimo lavoro scientifico pubblicato da Diabetes care concludendo che camminare per 4 km al giorno portava ad un risparmio di 550€ /anno di spesa sanitaria.
Le evidenze mediche sono quindi imponenti, eppure, ancora oggi, il percorso per avviare le persone con diabete ad un programma di esercizio fisico è affidato all’iniziativa personale dei medici e non è inserito nelle prestazioni mediche.
Cosa dovrebbe fare chi vuole migliorare la propria situazione? La risposta scientifica ci viene da un altro studio condotto tra il 2006 ed il 2007 in oltre 20 strutture dislocate sul territorio nazionale. Il protocollo della ricerca prevedeva che i pazienti svolgessero esercizio aerobico al 70% dell’intensità massima per 40-45 min. / 2 volte sett. in associazione ad esercizi di forza muscolare contro resistenza.
Ad un anno di distanza, i risultati hanno dimostrato che i parametri fisiologici dei partecipanti erano sensibilmente migliorati e che il livello medio della glicemia era anch’esso sceso, segno di un migliorato metabolismo delle cellule muscolari.
Ma proviamo a spiegare perché il movimento, sia quello aerobico che quello di forza, è così vantaggioso per il diabetico. In questa patologia, l’insulina -l’ormone che abbassa il livello di zucchero nel sangue – viene normalmente immessa in circolo. Il problema è che le cellule muscolari, dentro le quali dovrebbe essere immagazzinato lo zucchero del sangue, sono insensibili ad essa. Grazie all’esercizio invece, si aumenta la sensibilità della cellula muscolare verso l’insulina e questa può quindi far sì che lo zucchero entri nelle cellule stesse.
Gli effetti positivi dell’esercizio aerobico durano 48-72 h mentre quelli dell’esercizio di forza durano poche ore ma comunque la sommazione dei due meccanismi provoca miglioramenti stabili nel tempo.
L’anno scorso avevamo affrontato il tema dell’allenamento muscolare del podista. In questi dodici mesi ci siamo ulteriormente convinti dell’importanza di tale lavoro nell’ottica del miglioramento della performance, della prevenzione degli infortuni e del recupero dagli infortuni.
Il concetto su cui ci stiamo muovendo è quello dell’allenamento delle abilità motorie: un concetto semplice e rivoluzionario al tempo stesso. Si tratta infatti di spostare il paradigma dell’allenamento che finora aveva avuto il muscolo al suo centro e mettere invece il movimento o i movimenti in primo piano.
In pratica l’allenamento delle abilità motorie ripercorre lo sviluppo delle capacità motorie dall’età neonatale fino all’adolescenza. Si parte dalla posizione prona statica, si passa a quella dinamica (il gattonamento), ci si alza in piedi e, dalla posizione verticale, ci si comincia a muovere. Durante le varie fasi si ricerca costantemente il controllo del core (i muscoli intorno alla vita) e si modificano i punti di appoggio rendendo gli esercizi progressivamente più difficili.
Proseguendo nell’allenamento si introducono altre variabili come la tridimensionalità del movimento e l’uso dei sovraccarichi che aumentano il lavoro necessario a stabilizzare la postura.
Il programma si sviluppa passando da una fase all’altra con i tempi di progressione legati alle capacità di apprendimento individuali.
Qual è lo scopo di tutto ciò? Quello di allenare la muscolatura ed il sistema nervoso che ne comanda le azioni a lavorare in modo sinergico mantenendo stabile il baricentro corporeo e controllando i movimenti di torsione-flessione-estensione del tronco che si succedono ad ogni appoggio.
Qui di seguito un blocco di esercizi specifici per il podista.